Il caso dei flexitariani di Lumino ha dato coraggio ad altri nella stessa situazione. Le mense scolastiche in alcuni casi cercano un approccio, che si rivela però difficile
LUGANO - Il caso della famiglia flexitariana che da mesi lotta per ottenere la dispensa del figlio dalle refezione della scuola d’infanzia, ha scoperchiato il proverbiale vaso di Pandora.
Lungi dall’essere isolato il problema della famiglia di Lumino è invece comune a numerosi ticinesi. Che sostanzialmente chiedono una mensa più etica, ma anche più attenta ai crescenti disturbi alimentari e a una cultura, quella dell’alimentazione, che sta radicalmente cambiando negli ultimi anni. In tanti, soprattutto dalla comunità vegana (probabilmente tra i più distanti dalla cucina onnivora “tradizionale”), ci hanno contattato per condividere crucci e avversità.
«Mio figlio è malato, ma non ci credono» - Una di queste è S., mamma di tre bambini, del Mendrisiotto. Il più piccolo attualmente frequenta la scuola dell'infanzia. Oltre ad essere vegano, secondo la mamma il piccolo è intollerante al frumento, al lattosio, alle proteine del latte, e “sensivity gluten” (non è celiaco, ma il suo corpo mal accetta i cereali). Tra tutte le patologie citate, però, solo una risulta dai test: l’intolleranza del lattosio. «Il fatto che lui beva o consumi prodotti senza lattosio, ma abbia comunque problemi intestinali e molto altro, per il medico scolastico non è sufficiente a dimostrare che sia la proteina del latte a dargli fastidio. Malgrado lo sia per il medico curante. E la stessa cosa per il frumento». S., come la famiglia flexitariana, non riesce ad avere un rapporto “ottimale” con la mensa scolastica. Nello specifico quella di Pedrinate che non riesce, per un motivo o per un altro, a soddisfare le richieste di S.
Problemi anche alle medie - I figli di G. sono più grandi. «La maggiore è vegetariana - spiega -. frequenta il Liceo Lugano 2, ma non usa tanto la mensa». Il motivo è semplice: «Scarseggia un’offerta puramente vegetale». E il rimedio non è dei migliori: «È costretta ad uscire e andare alla Coop. Questo significa che ha meno tempo per la pausa, spende di più e la sua alimentazione è meno varia». G. non è sorpreso, il problema lo conosce da tempo. «Alle medie andavano a Gravesano, ottima scuola. Ma l’offerta per vegetariani e vegani alla mensa era inesistente. Erano troppo piccoli per uscire e quindi costretti a un’alimentazione onnivora. Controvoglia. All’epoca provai a chiamare per vedere se erano possibili delle modifiche al menù, ma alla fine non volli iniziare una battaglia che era persa in partenza».
Le due storie in realtà sono più complesse, ma questa sintesi serve solo a dimostrare, senza prendere le parti di famiglie o delle scuole, che qualcosa sta cambiando dal punto di vista della cultura alimentare. E non sempre le istituzioni sono al passo con questi cambiamenti.
«Situazione nota nella comunità vegana» - Lo conferma Annamaria Lorefice, fondatrice del Club Ticino Vegano, che conta centinaia di iscritti. «Abbiamo trattato questo argomento circa un anno fa durante una riunione. Ed è emerso che sono molte le famiglie che soffrono la privazione della libertà di poter fare specifiche scelte alimentari». Per Lorefice il passo può essere fatto con gradualità. «Per iniziare basterebbe dividere gli ingredienti di natura animale da quelli vegetali. Il bambino o ragazzo può comporre il piatto scegliendo cosa mangiare e cosa non mangiare». Difficile è, chiaramente, riuscire in questo modo a costruire piatti con tutti i nutrienti necessari. «Bisognerebbe imparare a non demonizzare i piazzi vegetali. I vegani hanno i loro “formaggi”, le loro proteine vegetali. Con il tempo si potrebbe proporre un approvvigionamento di questi prodotti. Che vanno bene per tutti. Lorefice è ottimista: «Oggi i genitori soffrono. Vedono i loro figli trattati alla stregua di alieni. ma credo che il tempo ci darà ragione. Si andrà gradualmente incontro alle famiglie che per convinzione salutistica o scelta etica fanno crescere i propri figli con un’alimentazione vegetariana o vegana. Le nuove idee, come sempre, prima vengono derise, osteggiate e poi condivise».
«Manca la massa critica» - Per Isabella Lischetti, consulente per la refezione nelle scuole dell’infanzia e elementari e vicepresidente di Fourchette verte Ticino, il limite principale è l’assenza di una massa critica, almeno tra i più piccoli. «Ogni giorno vengono serviti 8200 pasti. I bambini vegetariani e vegani sono solo una decina. La richiesta, di conseguenza, non giustifica la variazione del menù cantonale». Lischetti, in ogni caso, di questa standardizzazione del menù ne fa una questione anche didattica: «La refezione è anche un momento educativo. Non si può fare un doppio menù. Si tratta di pasti definiti che fanno parte della giornata scolastica; che vengono stabiliti già una settimana prima e che sono approvati dalla società svizzera di nutrizione, dei pediatri e delle dietiste. Ci sono esperti che danno indicazioni precise su come un bambino deve mangiare in modo equilibrato».
La proposta di Lorefice secondo Lischetti ha delle falle: «La parte proteica non può essere tolta per non rendere disequilibrato un menù prestabilito e che prevede metà verdure, un terzo di proteine animali e un terzo di carboidrati». E nemmeno l’idea che i genitori provvedano autonomamente, portando i pasti da casa viene vista di buon grado: «In certi casi è successo che la famiglia abbia portato il pasto al bambino vegano. Ma questo comporta tanti limiti, anche sotto il profilo igienico. Pensiamo se tutti i genitori facessero così. La cuoca si troverebbe a riscaldare decine di pasti pronti da altri. Sarebbe un momento anche diseducativo, che sottolinea le differenze di un bambino rispetto ad un altro. Per non parlare del fatto che le cucine vengono controllate dal laboratorio di igiene. Le cuoche devono dar conto di cosa hanno cucinato, e il cibo è tracciabile lungo tutta la filiera. Cosa impensabile se ognuno portasse il suo menù».
Cambia (poco) dalle elementari in avanti - Cambia, anche se poco, la situazione per i bambini più grandi. «Dalle elementari in su non c’è più la refezione, ma mense organizzate dal Municipio o su mandato», spiega Alma Pedretti, aggiunta dell’Ufficio Scuole Comunali. I menù, però, restano quelli stabiliti a livello cantonale. «Ci sono possibilità più che altro vegetariane. Ma per i bambini vegani si cerca un compromesso con la singola mensa. Alcuni portano i pasti da casa. Si valutano le diverse richieste. Solitamente i genitori vedono il menù e provvedono di conseguenza. I bambini d’altra parte sono più grandi e in grado di gestirsi autonomamente».