La riconoscenza dell’equivalenza della Borsa svizzera da parte dell’Ue limitata a un anno è stata giudicata «inaccettabile» da Doris Leuthard. Un ex diplomatico spiega le motivazioni di Bruxelles
BERNA - Signor Paul Widmer, l’Unione europea ha deciso giovedì il riconoscimento dell’equivalenza della Borsa svizzera, ma per una durata limitata a un anno. Una scelta aspramente criticata dalla consigliera federale Doris Leuthard. Cosa pensa della sua reazione?
«Nella politica estera, non capita spesso di esprimersi in maniera così chiara su un contenzioso».
Perché la Svizzera ha reagito così aspramente?
«Sicuramente perché la decisione presa dall’Ue l’ha delusa. Il clima sembrava tornato sereno, un mese fa, con la visita del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Da un punto di vista esterno, si aveva l’impressione che ci fosse intesa fra le due parti. Doris Leuthard ha senza dubbio reagito così violentemente anche perché si è sentita presa in giro. La Svizzera non si aspettava una discriminazione della propria piazza finanziaria, specie dopo che quest’ultima ha deciso di non applicare (o di applicarla in modo molto limitato) l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, proprio come desiderava l’Ue».
Perché l’Unione europea ha deciso di discriminare la Borsa elvetica? Quali sono i motivi?
«La Commissione europea ha spiegato che un’equivalenza delle Borse limitata costituisce un mezzo di pressione supplementare nei negoziati sull’accordo quadro istituzionale fra Svizzera e Ue. La limitazione è il risultato di una mancanza di progressi sostanziali sull’accordo quadro istituzionale, come spiegato ieri dal vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis». (vedi articolo correlato)
Perché l’Unione europea ci tiene così tanto a regolare la questione dell’accordo quadro?
«L’accordo quadro le garantisce più sicurezza. L’Unione europea desidera rafforzare il proprio mercato interno affinché sia unificato. L’Europa non vuole dunque avere a che fare con dei Paesi “anarchici”. Cerca semplicemente di rafforzare la propria omogeneità».
La grande Ue mette pressione alla piccola Svizzera. Il nostro Paese ha i mezzi per tenerle testa?
«Non si possono mai escludere delle misure di ritorsione, ma il Consiglio federale non dovrebbe cominciare a proferire delle minacce. Deve invece essere lucido e far avanzare il progetto di riforma dell’imposizione alle imprese per limitare le possibilità d’attacco».
Un'ultima domanda, Ignazio Cassis si è dunque già fatto notare a Bruxelles?
«Il suo predecessore Didier Burkhalter ha fallito con la sua strategia negoziale. Nel ticinese si possono invece certamente riconoscere nuove posizioni».