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ZURIGOSessanta ore a settimana per 1'900 franchi al mese

11.11.22 - 08:45
Lavorano 6 giorni su 7. Spesso abitano tutti insieme in una stanza. Benvenuti nei saloni svizzeri di bellezza.
Screenshot Video 20Min
Sessanta ore a settimana per 1'900 franchi al mese
Lavorano 6 giorni su 7. Spesso abitano tutti insieme in una stanza. Benvenuti nei saloni svizzeri di bellezza.

ZURIGO - Manicure a 25 franchi o gel per le unghie a 60 franchi: molte associazioni professionali europee sanno che dietro a prezzi così bassi si celano spesso condizioni di lavoro di sfruttamento e traffico di esseri umani.  Ora, una ricerca dimostra che questi casi esistono anche in Svizzera.

Il quotidiano d'oltralpe 20 Minuten ha infatti effettuato un'indagine a riguardo, visitando un totale di dieci saloni per unghie nella Svizzera tedesca. Ne è emerso un quadro desolante di sfruttamento, che conferma l'allarme che tempo fa aveva lanciato una ricerca del Servizio specializzato in materia di tratta di esserei umani e migrazione delle donne della città di Zurigo, ovvero che anche nella ricca Svizzera ci sono persone che vengono sfruttate per lavoro.

Dal reportage realizzato dai colleghi d'oltre Gottardo si evince che la maggior parte dei dipendenti proviene dal Vietnam, ma anche dalla Polonia e dalla Repubblica Ceca. Tutti hanno parlato di condizioni di lavoro precarie. Spesso sono giovanissime. Una delle ragazze intervistate sotto anonimato ha 24 anni, ha lasciato il Vietnam che ne aveva 18, e ora da sei mesi vive in Svizzera. «Lavoro dieci ore al giorno, dal lunedì al sabato, per 1'900 franchi al mese. L'unico giorno di libertà è la domenica», racconta una donna.

Un altro dipendente, un uomo che prima viveva nella Repubblica Ceca, dice: «Lavoro dieci ore al giorno dal lunedì al sabato. È un lavoro duro. Di sera crollo dalla stanchezza. Dormo in un appartamento con sei colleghi di lavoro». Non sa a quanto ammonta l'affitto, lo paga il suo datore di lavoro che detrae la spesa direttamente dallo stipendio del dipendente.

Non è stato facile parlare con i lavoratori. Quasi tutti hanno rifiutato di raccontare la propria esperienza per paura di essere licenziati, anche perché quasi tutti lavorano illegalmente in Svizzera. Visitando i dieci istituti di bellezza, i giornalisti hanno riscontrato che tutti i dipendenti lavorano senza un contratto di lavoro, e abitano insieme nello stesso appartamento.

Come detto la maggior parte di loro arriva dal Vietnam. Viveva nel proprio paese in una situazione di totale disperazione, per cui è inevitabile che il sogno è quello di arrivare in Europa con l'obiettivo di avere un lavoro. Un obiettivo che li porta ad indebitarsi per affrontare il lungo viaggio e per avere tutti i documenti necessari.  Secondo il servizio specializzato in materia di tratta e migrazione delle donne (FIZ), questi sono chiari segnali di sfruttamento.

«Non hanno il coraggio di segnalare»
Thomas Roth, che gestisce un rifugio per le vittime di tratta degli esseri umani a Berna, conosce numerose storie come queste.

Per lui, non si tratta di casi singoli, ma di un sistema internazionale: «Presumo che centinaia di persone di origine vietnamita siano sfruttate nei saloni di bellezza svizzeri». Una di loro è al momento ospitata presso il suo rifugio. Aveva lasciato il suo Paese d'origine per sfamare la sua famiglia: «Era impiegato illegalmente in Svizzera e sfruttato in un salone per unghie». Sfruttato come? Ad esempio, l'uomo non riceveva lo stipendio e veniva minacciato. Ma non solo: ha subito anche violenze, e in generale è gravemente traumatizzato.

La maggior parte di queste persone non vuole sporgere denuncia, spiega Roth: «Non osano andare alla polizia perché spesso sono nel Paese illegalmente». 

«Chi ci va, sostiene questo sistema»
Lo sfruttamento e la tratta di esseri umani sono un problema anche per la polizia, per cui è difficile perseguire questi crimini. Ad esempio, da tempo la polizia degli stranieri della città di Berna fa irruzione nei saloni per unghie, alla ricerca di casi di traffico di esseri umani.

Il capo della polizia, Alexander Ott, conferma che il lavoro è difficile. «Le persone interessate non rilasciano dichiarazioni per paura dei datori di lavoro». Per scoprire i colpevoli, gli agenti controllano quindi i permessi di soggiorno negli studi e verificano le condizioni di lavoro. Per Ott è chiaro: «Si tratta di un sistema fraudolento e di sfruttamento che colpisce persone deboli, che spesso non conoscono nemmeno la lingua e per questo facilmente ricattabili. Persone che non si aprono nemmeno con noi e non denunciano la loro situazione». L'appello del capo della polizia è chiaro: «Evitate di andare in questi saloni di bellezza, chi ci va finanzia e approva questo sistema di sfruttamento».

Secondo lui è difficile stimare il numero di persone colpite, tuttavia, «penso che in generale le condizioni di lavoro siano molto difficili». Sconsiglia inoltre alle giovani donne di frequentare studi a basso costo: «Chi ci va, sostiene questo sistema».

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