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SVIZZERACanone televisivo a 200 franchi, al via l'iniziativa

01.03.22 - 14:12
La proposta, che arriva da un comitato apartitico, mira a ridurre drasticamente il costo del canone attuale.
Tipress
Canone televisivo a 200 franchi, al via l'iniziativa
La proposta, che arriva da un comitato apartitico, mira a ridurre drasticamente il costo del canone attuale.
L'idea è anche quella di esentare aziende e imprese commerciali dal pagamento. «Si tratta del canone più elevato del mondo», sottolineano gli iniziativisti.

BERNA - Taglio netto al canone radiotelevisivo.  Da 335 franchi per economia domestica a 200. È quanto propone l'iniziativa popolare lanciata oggi da un comitato apartitico, ma principalmente composto da rappresentanti dell'UDC. «200 franchi bastano»! sostengono gli iniziativisti, che esigono inoltre che le aziende vengano esentate dal pagare la tassa. Attualmente il nostro canone «è il più elevato al mondo», evidenzia il consigliere nazionale UDC Thomas Matter, «e non è un segreto che il canone obbligatorio non rispecchi più da tempo la realtà del consumo dei media del nostro Paese». 

Il comitato, viene specificato nel comunicato odierno, ha presentato il testo dell'iniziativa alla Cancelleria federale per la verifica. Una volta che questa sarà completata e il testo pubblicato nel Foglio Federale, inizierà la raccolta delle firme.

Nel mirino degli iniziativisti c'è soprattutto la SRF, sottolinea il presidente dell'UDC Marco Chiesa. «Vogliamo, tramite una perequazione finanziaria, permettere alle minoranze linguistiche di continuare a ricevere programmi di valore uguale a quelli della radio e della televisione svizzero-tedesca SRF». Poiché la concorrenza nella Svizzera tedesca «è di gran lunga maggiore che, per esempio, in Ticino, la SRF di lingua tedesca può e deve essere sensibilmente ridotta». Per quanto concerne invece le stazioni radiofoniche e televisive private, che ora percepiscono una quota del canone, l'iniziativa non propone cambiamenti.

Oggi la diversità dei media è più grande che mai, con una moltitudine di offerte su internet, sottolinea dal canto suo Matthias Müller, presidente dei Giovani liberali a livello svizzero. «Noi giovani utilizziamo da tempo molti canali e ci informiamo ampiamente sulla vita sociale e politica in qualsiasi momento e ovunque. Un servizio statale di base nel settore online non è quindi più necessario».

«Attualmente le ditte e le imprese pagano una tassa SSR che dipende dalla loro cifra d’affari. È irrilevante che utilizzino o no questi servizi», commenta invece Hans-Ulrich Bigler, direttore dell’Unione svizzera delle arti e mestieri, sottolineando che le imprese rappresentate dall’USAM si erano opposte fin dall'inizio «a questo prelievo insensato». 

La SSR si sarebbe inoltre estesa ben oltre il mandato di servizio pubblico, sostiene il consigliere nazionale UDC Gregor Rutz. «La SSR gestisce stazioni radiofoniche che rappresentano una concorrenza diretta alle offerte private esistenti; produce programmi televisivi che non fanno parte del «servizio pubblico» e che sono prodotti in forma simile o identica anche da emittenti private e sta espandendo sempre più le sue offerte online».

Parola alla SSR

Non si è fatta attendere la reazione della SSR, che si è detta «pronta a dimostrare ancora una volta il proprio contributo alla società». L'iniziativa, se accettata, comporterebbe una massiccia riduzione del budget della SSR, scrive l'azienda in una nota odierna, e non sarebbe più possibile mantenere l'attuale modello decentralizzato. «La conseguenza sarebbe una vasta centralizzazione, probabilmente in un unico sito di produzione, a scapito soprattutto della copertura regionale, delle minoranze linguistiche e di tutte le regioni del nostro Paese». Queste le parole di Jean-Michel Cina, presidente del Consiglio d'amministrazione della SSR: «La SSR fornisce un contributo essenziale allo scambio culturale e alla comprensione tra le regioni linguistiche svizzere, e quindi alla coesione della nostra società. Questo contributo è possibile solo con un forte radicamento regionale, che una tale iniziativa mette in pericolo». E l'impatto sarebbe considerevole anche per quanto riguarda il personale, interno e esterno. «Se, nel contesto di una "No Billag 2", saremo nuovamente chiamati a dare prova del contributo che apportiamo alla società, lo faremo con tutte le nostre forze», sottolinea infine il direttore generale della SSR Gilles Marchand, che evidenzia come l'azienda abbia già fortemente ridotto il suo budget negli ultimi anni. 

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