Per i comunisti la decisione di mettere i tamponi a pagamento colpirà «uno strumento utile ad arginare il virus».
Il partito ritiene pure che questa misura sia «prettamente politica» e che voglia «spingere la popolazione a farsi vaccinare».
BERNA - La decisione del Consiglio Federale di non garantire più la gratuità dei test rapidi per il Covid-19 a partire dal primo ottobre - confermata ieri in conferenza stampa - non piace al Partito comunista. «È una misura che va a colpire uno strumento utile ad arginare la trasmissibilità del virus», si lamentano i comunisti che giudicano questa scelta come «prettamente politica».
«Non si tratta di una misura medica», fa notare il PC, precisando che in questo modo il Governo voglia «spingere surrettiziamente la popolazione, desiderosa di partecipare a vari aspetti della vita sociale, a farsi vaccinare», nonostante nel nostro Paese non viga un obbligo in tal senso. «È una misura profondamente che dividerà ulteriormente la popolazione tra chi potrà permettersi i test e chi non potrà».
Un approccio, questo, che secondo i comunisti è un autogol: «Rischia di compromettere il successo della campagna vaccinale in quanto si potrebbero alimentare dubbi e diffidenze in quella parte della popolazione che ancora esita a vaccinarsi: il pericolo è dunque quello di un minor ricorso ai trattamenti sanitari (come vaccini e test) che dovrebbero ridurre la diffusione del virus».
Il PC contesta pure la scelta della Confederazione di siglare contratti solo con le multinazionali - proprio ieri Berna ha annunciato di aver concluso un contratto con Pfizer, ndr - escludendo i vaccini a tecnologia non mRNA cubani, russi e cinesi. «Troviamo inaccettabile - concludono i comunisti - che i cittadini svizzeri recatisi a San Marino o in Serbia e regolarmente vaccinati con Sputnik o Sinopharm vengano discriminati alla stregua dei “No-Vax”».