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SVIZZERAIl certificato per andare al lavoro? «Non è discriminazione»

21.07.21 - 10:21
L'idea piace all'Unione svizzera degli imprenditori, e a qualche virologo. Più cauta la Camera di commercio ticinese
foto 20 Minuten
Fonte 20 Minuten/Claudia Blumer, Daniel Graf
Il certificato per andare al lavoro? «Non è discriminazione»
L'idea piace all'Unione svizzera degli imprenditori, e a qualche virologo. Più cauta la Camera di commercio ticinese

ZURIGO - Dopo l'obbligo di telelavoro, l'obbligo di certificato in ufficio? A differenza di discoteche e grandi eventi (dove l'obbligo esiste già) o dei ristoranti (come in Francia), la faccenda è un po' più complicata. Ma qualcuno ci sta pensando, anche in Svizzera.

L'ipotesi è stata lanciata nei giorni scorsi da ambienti economici e scientifici, per contenere l'aumento di contagi dovuto alla variante Delta. «Se un gran numero di persone che non sono state vaccinate viene infettato, il numero di malati, ricoverati e morti potrebbe essere più alto in futuro rispetto a quanto abbiamo visto nelle scorse ondate» ha detto la vicepresidente della task force Samira Hurst durante la conferenza stampa di ieri. 

Per Valentin Vogt, presidente dell'Unione svizzera degli imprenditori, in caso di un nuovo picco le aziende dovrebbero essere autorizzate a chiedere un certificato ai dipendenti. I vaccinati riceverebbero un trattamento preferenziale, potrebbero essere ad esempio esentati dall'indossare la mascherina. I non vaccinati, invece, dovrebbero mangiare in una stanza separata. 

L'epidemiologo Marcel Tanner è d'accordo. L'introduzione delle misure sarebbe a discrezione dei datori di lavoro, in base alla situazione lavorativa e alla copertura vaccinale. Una separazione tra persone vaccinate e non vaccinate non ha nulla a che fare con la discriminazione, afferma Tanner. Ma con la responsabilità. «Le misure prescritte dallo stato vengono ora gradualmente smantellate dopo che lo stato ha reso disponibili vaccinazioni e test. Allo stesso tempo, la responsabilità viene trasferita ai privati ​​e alle aziende».

Jürg Utzinger, direttore dello Swiss Tropical and Public Health Institute, è più critico. A differenza di discoteche e ristoranti - preclusi ai non vaccinati in Francia, da agosto - il luogo di lavoro non è una scelta, e in molte professioni «la presenza fisica in ufficio o in cantiere è imprescindibile» sottolinea Utzinger. «Applicare l'obbligo di certificato sarebbe una faccenda complessa dal profilo giuridico. Inoltre, i dispositivi di protezione già utilizzati hanno dimostrato di funzionare, parlo delle distanze obbligatorie e delle norme igieniche, il porto della mascherina e una regolare ventilazione». 

Anche Luca Albertoni, direttore della Camera di Commercio ticinese, è prudente. «Si tratta di un passo da ponderare con attenzione. Dobbiamo chiederci se la misura sia davvero necessaria e proporzionata. Le nostre aziende hanno dimostrato nei mesi scorsi di poter introdurre misure efficaci, e i contagi sul luogo di lavoro sono stati minimi rispetto a quelli nel tempo libero o in famiglia». 

 

 

 

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