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SVIZZERA«Chiusure su larga scala sono ormai necessarie»

15.12.20 - 14:13
Da Berna il punto della situazione degli esperti sull'emergenza sanitaria, ma anche economica, in Svizzera.
Keystone
Martin Ackermann (a sinistra) e Patrick Mathys
Martin Ackermann (a sinistra) e Patrick Mathys
«Chiusure su larga scala sono ormai necessarie»
Da Berna il punto della situazione degli esperti sull'emergenza sanitaria, ma anche economica, in Svizzera.
«La Svizzera non è un buon esempio», ha detto Patrick Mathys. Andreas Stettbacher: «In dieci cantoni - fra cui il Ticino - terapie intensive piene». Martin Ackermann: «Misure insufficienti, chiudiamo ristoranti, negozi e sospendiamo l'insegnamento in presenza»

BERNA - Per il direttore dell'Ospedale universitario di Zurigo Gregor Zünd, la Svizzera non può evitare un secondo lockdown. Il motivo è il numero di infezioni che continua ad aumentare nonostante le misure adottate. Nella conferenza stampa indetta per questo pomeriggio, gli esperti della Confederazione reagiscono all'appello di Zünd e affrontano vari argomenti legati all'attuale situazione sanitaria (ma anche economica) nel nostro Paese.

Il primo a prendere la parola è stato il capo della Sezione gestione delle crisi e collaborazione internazionale dell’UFSP Patrick Mathys, che dopo aver presentato qualche dato riguardante l'evoluzione epidemiologica degli ultimi giorni, ha sottolineato come al momento la Svizzera romanda sia la regione in cui l'incidenza del virus è più bassa. Ma in tutto il Paese l'aumento dei casi è percepibile. Specie nella Svizzera centrale. 

«Non siamo un buon esempio» - «Mi sarebbe piaciuto venire qui con notizie migliori. La situazione non è come vorremmo che fosse», ha spiegato Mathys, precisando che «dobbiamo aspettarci che il numero di casi aumenti in modo significativo». Mathys chiede quindi nuove misure che portino a un miglioramento: «Le richieste di aiuto dagli ospedali devono essere prese sul serio». «Rispetto ad altri paesi che hanno già adottato misure forti, la Svizzera non è un buon esempio», ha sottolineato ancora Mathys. «Se la Svizzera non reagisce, continuerà a distinguersi in senso negativo».

In Ticino letti esauriti - Andreas Stettbacher (delegato del Consiglio federale per il Servizio sanitario coordinato dell'esercito) ha illustrato l'attuale occupazione dei letti in Svizzera. Per quanto riguarda i letti di terapia intensiva, il tasso di occupazione è attualmente del 78%. Nel caso dei pazienti Covid - che rappresentano circa il 57% degli ospedalizzati nelle terapie intensive - si sta procedendo a un aumento dei letti acuti del 6%. Dieci cantoni hanno riferito al Servizio sanitario che i loro posti (certificati) di terapia intensiva sono esauriti. I Cantoni sono: Zugo, Friburgo, Soletta, Ginevra, Glarona, Grigioni, Turgovia, Ticino, Vaud e Vallese.

Misure insufficienti - Le parole del presidente della task force scientifica Covid-19 Martin Ackermann non lasciano dubbi: «Le misure decise non sono sufficienti, ne servono altre e abbiamo informato il Consiglio federale della nostra conclusione». «Ogni giorno conta. Non abbiamo né il tempo, né il margine di manovra per introdurre misure che non sappiamo se funzioneranno», ha aggiunto Ackermann, facendo chiaro riferimento alla necessità di un nuovo lockdown, almeno parziale. «Anche dal punto di vista economico ha senso intervenire immediatamente per ridurre il numero dei casi», ha detto.

«Gli ospedali funzionano ancora» - Il medico cantonale di Zugo (e presidente dell'Associazione dei medici cantonali) Rudolf Hauri ha sottoscritto le parole degli altri interlocutori. Il suo intervento si è focalizzato sul tema del vaccino e della sua distribuzione «impegnativa a livello logistico per i Cantoni». L'obiettivo è però quello d'iniziare con le vaccinazioni non appena il preparato sarà disponibile. Hauri ha poi sottolineato come stia diventando sempre più difficile collocare pazienti con lesioni gravi negli ospedali. Tuttavia rassicura la popolazione: «Gli ospedali funzionano ancora».

Scenari economici - Sul piano economico, il capo della Direzione politica economica della SECO Eric Scheidegger ha sottolineato come ci vorrà tempo per tornare alla normalità. «Non si può prevedere come andranno le cose, dipende dallo sviluppo della pandemia, dal successo delle vaccinazioni e dall'efficacia delle misure. In uno scenario positivo, l'economia sarà sicuramente gravata fino alla primavera del 2021. In uno scenario negativo, il prodotto interno lordo non si riprenderà fino alla fine del 2022».

«Sarebbe il caso di chiudere le scuole» - Dopo i vari interventi, è stato il momento delle domande poste dai giornalisti presenti in sala. A chi ha chiesto se sia necessario un lockdown, Martin Ackermann ha risposto: «A nostro avviso, sono necessarie chiusure su larga scala. Prima vengono impostate, meglio è. Temiamo molta la mobilità tra le regioni durante le vacanze». Secondo Ackermann sarebbe anche il caso di sospendere l'insegnamento in presenza: «Ma si tratta di una proposta da un punto di vista scientifico».

«Se potessi chiuderei quasi tutto» - «Se potessi prendere una decisione per il Paese, suggerirei di adottare misure di vasta portata il prima possibile: chiusura di ristoranti, chiusura di negozi non essenziali e implementazione del telelavoro», ha spiegato Ackermann rispondendo a chi gli chiedeva come agirebbe in qualità di politico. Ackermann ha sottolineato pure come la protezione degli anziani sia anch'essa molto importante.

Gli esperti - A Berna sono presenti Patrick Mathys (capo della Sezione gestione delle crisi e collaborazione internazionale dell’UFSP), Martin Ackermann (presidente della task force scientifica Covid-19), Rudolf Hauri (medico cantonale di Zugo e presidente dell'Associazione dei medici cantonali), Eric Scheidegger (capo della Direzione politica economica della SECO) e Andreas Stettbacher (delegato del Consiglio federale per il Servizio sanitario coordinato dell'esercito).

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