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SVIZZERA«Ma è la Svizzera o la Svezia?»

11.12.20 - 06:00
Misure blande e contagi che non scendono: l'epidemia rossocrociata preoccupa gli osservatori internazionali
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Alain Berset prima di una conferenza stampa, a Palazzo Federale
Alain Berset prima di una conferenza stampa, a Palazzo Federale
«Ma è la Svizzera o la Svezia?»
Misure blande e contagi che non scendono: l'epidemia rossocrociata preoccupa gli osservatori internazionali
Walter Ricciardi, rappresentate dell'Italia all'Oms, stronca il Consiglio federale. «Un cambio di rotta è necessario».

LUGANO/GINEVRA - I nomi si somigliano, e la confusione tra i due paesi - specie oltre Atlantico - è molto comune. Ma anche nell'Oms c'è chi vede sempre meno differenze tra Svizzera e Svezia. «Il governo federale ha adottato un atteggiamento rischioso che sta creando problemi con i paesi vicini». Walter Ricciardi, delegato dell'Italia presso l'organizzazione mondiale della sanità, conferma il duro verdetto. «Berna deve avere la forza di cambiare rotta». 

Già a fine novembre l'Oms ha lanciato un avvertimento. Sembra che le previsioni si siano avverate.
«Il virus non bada ai confini amministrativi o alle ideologie. È lo stesso ovunque. Quello che cambia è l'atteggiamento dei governi, e la Svizzera ha dimostrato alcune debolezze». 

A cosa si riferisce?
«Il sistema federalista e decentrato può determinare delle asimmetrie, che nei momenti di crisi sono degli svantaggi. A livello locale subentrano fattori economici, culturali. Su questi dovrebbero prevalere gli interessi collettivi, non solo nazionali, ma mondiali». 

Si spieghi meglio. 
«Se il virus continua a covare, anche nell'angolo più remoto di un piccolo cantone, è un problema per tutti. La Svizzera in questo momento costituisce un fattore di rischio, non solo per sé stessa. È un paese centrale, di passaggio, e rischia di finire isolata come è accaduto alla Svezia». 

Il paragone è giustificato?
«La Svezia ha adottato misure blande per tutelare l'economia. Il risultato è un numero di morti molto più alto dei paesi confinanti, e un'economia ugualmente sofferente. La stessa miopia che vediamo ora sulle piste da sci dei Grigioni».

Anche in Italia, durante l'estate...
«Certo. In Italia c'è stato un problema in alcune regioni, in particolare la Sardegna, che hanno tenuto aperte le discoteche d'estate. È stato un errore dell'amministrazione locale, che ha ceduto a delle pressioni. Ma dagli errori bisogna imparare, non imitarli». 

Il turismo invernale è cruciale per alcuni Cantoni. 
«Lo è anche per diverse province italiane, ci sono intere economie locali che vivono di questo. Ma evitare ogni tipo di assembramento è assolutamente fondamentale in questa fase».

L'Ufsp si è limitato a invitare gli sciatori alla prudenza, per evitare incidenti sulle piste che toglierebbero posti letto negli ospedali. 
«Anche questo è un tema. Ma non il principale. Nelle funivie si ha una concentrazione di persone in uno spazio limitato, senza circolazione d'aria, per diversi minuti. Ci sono assembramenti nella coda per gli impianti. Ed è dimostrato che gli assembramenti si ripercuotono numericamente sull'occupazione degli ospedali».  

Da gennaio Berna ha promesso 70mila vaccinazioni al giorno. Sei milioni entro l'estate. Così sarebbe tutto risolto?
«Il vaccino è uno strumento importantissimo, indispensabile, ma ha bisogno di tempo per agire. E proprio ora, che abbiamo una prospettiva seria di vaccinazione a breve termine, sarebbe drammatico perdere delle vite per impazienza».

Gli appelli di medici e virologi, in questo senso, non sono mancati. Ma servono a qualcosa?
«È un dovere della comunità medica e scientifica, farsi sentire e allertare la politica. In Svizzera ci sono ottime scuole di epidemiologia e sanità pubblica, che in questo frangente devono dire la loro, non possono lasciare correre indisturbate delle decisioni che nuocciono alla salute pubblica. In democrazia però l'ultima parola spetta alla politica, ci mancherebbe»

 E così anche la voce dell'Oms, da Ginevra a Berna, sembra non arrivare. 
«È un po' un paradosso, in effetti. La Svizzera ospita la sede dell'Oms, quindi ne riconosce la funzione e l'autorità, ma non lo ascolta. È da settimane nella "lista nera" per numero di contagi, ma tuttora le restrizioni incontrano resistenze. A farne le spese sono purtroppo i cittadini, e saranno loro a dover giudicare poi le scelte della politica».

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