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BASILEAA processo la 76enne che ha accoltellato un bimbo per strada

10.08.20 - 11:28
In aula anche i genitori del bambino. La donna: «Mi pento ogni giorno di quello che ho fatto»
20 Minuten
Fonte ATS
A processo la 76enne che ha accoltellato un bimbo per strada
In aula anche i genitori del bambino. La donna: «Mi pento ogni giorno di quello che ho fatto»

BASILEA - Al Tribunale penale di Basilea, è iniziato stamane il processo contro una 76enne che nel marzo del 2019 ha ucciso a coltellate un bimbo di sette anni che tornava da scuola, a lei sconosciuto. La donna è stata dichiarata incapace di intendere. L'accusa ha chiesto l'internamento. I dibattimenti dureranno verosimilmente tre giorni.

L'aggressione è avvenuta il 21 marzo verso le 12.45 a poche centinaia di metri di distanza dalla scuola, sul St. Galler-Ring, nel quartiere Gotthelf. Lo scolaro stava rientrando a casa ed era solo sul marciapiede quando è stato accoltellato e gravemente ferito alla gola. La sua insegnante, che stava pure rientrando in bicicletta dopo le lezioni, lo ha trovato a terra e ha immediatamente avvertito i soccorsi. Il bambino è stato sottoposto ha un intervento chirurgico d'emergenza, ma è morto. Poco dopo i fatti l'anziana si è presentata in procura e ha confessato il delitto.

Secondo l'atto d'accusa, l'imputata soffre di disturbo delirante in forma grave e cronica, in particolare di querulomania (o paranoia querulante). Il soggetto si sente continuamente vittima di soprusi ed ingiustizie e pertanto ricorre ripetutamente a varie autorità per ottenere giustizia, spesso con rivendicazioni infondate.

In base a tre perizie, il disturbo si è sviluppato progressivamente dal 1977. Per oltre 42 anni la donna ha scritto lettere sempre più numerose e virulente a diverse autorità. La sue missive riempirebbero almeno dieci scatole di banane. La situazione si aggravata nel 1992 con lo sfratto forzato dall'appartamento di Allschwil (BL) dove viveva con il suo compagno, morto nel 1999, e con la conseguente serie di controversie di diritto civile che l'hanno vista coinvolta.

Dal 2002 in poi, le lettere della donna facevano spesso riferimento all'assassinio. Dal 2016 sono diventate più frequenti le minacce di un non specificato atto di violenza che ci si poteva aspettare in qualsiasi momento se le sue richieste non fossero state soddisfatte e i suoi beni non le fossero stati restituiti. Nell'ultima lettera al Tribunale federale - del 15 marzo 2019, sei giorni prima del delitto - l'anziana scriveva che la Corte suprema voleva che l'atto di violenza richiesto fosse soddisfatto e comprovato.

Oggi in aula la settantaseienne ha ammesso l'uccisione, ma non ha potuto dire perché proprio un bambino dovesse morire. Parlando delle sue decennali controversie con le autorità ha affermato che queste ultime "avrebbero dovuto smettere di darci fastidio e sedersi con noi" per discutere e risolvere il problema.

Ha poi aggiunto che darebbe qualsiasi cosa per poter annullare ciò che ha fatto. E che non ha mai pensato di essere capace di un atto del genere. Era "disperata, sull'orlo di un abisso" e ha agito nella foga del momento. Sono state le autorità a portarla a questo punto, che l'hanno trattata come "selvaggina indifesa". "Me ne pento ogni giorno. Mi dispiace per la famiglia", ha concluso.

Nell'udienza odierna è anche venuto alla luce che la donna aveva già commesso altri reati in passato. Ad esempio, decenni fa era stata condannata per piccoli furti e appropriazione indebita di 80'000 franchi svizzeri - sua madre l'aveva portata davanti al tribunale civile.

Anche i genitori del piccolo ucciso erano presenti in aula. Il loro legale ha chiesto una riparazione morale di 180'000 franchi e un risarcimento di circa 18'700 franchi per le spese di funerale.

Il pubblico ministero di Basilea ha accusato la donna di assassinio e ne ha richiesto l'internamento. L'uccisione del ragazzo è avvenuta per "motivi del tutto egoistici", e l'imputata ha agito con una freddezza quasi insopportabile, ha detto il primo procuratore di Basilea, Alberto Fabbri.

La difesa ha chiesto di respingere le richieste dei genitori e si è pronunciata per una misura di ricovero stazionaria invece dell'internamento. L'imputata rifiuta però il trattamento con i farmaci. "Questo è il mio corpo" e decido io, ha detto. E quando la giudice ha osservato che anche il ragazzo ucciso non ha potuto decidere in merito al proprio corpo, la settantaseienne si è scusata ancora una volta per quanto compiuto, aggiungendo: "Quello che ho fatto è sbagliato, e su questo non dobbiamo discutere".

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