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IL SORPASSO A… DUE RUOTE«Vedo facce rilassate, nessuno che si incazza»

01.06.23 - 19:04
Pigrizia, limiti e cultura: il Giappone affonda
Imago
«Vedo facce rilassate, nessuno che si incazza»
Pigrizia, limiti e cultura: il Giappone affonda
C’era una volta il dominio delle nipponiche.
SPORT: Risultati e classifiche

SCARPERIA E SAN PIERO - Il mondo delle moto si è rovesciato, la volpe è diventata il cane che la inseguiva, solo che, per quello che si sta vedendo, la distanza tra cacciato e cacciatore, anziché diminuire si sta allungando sempre di più. La nuova volpe è, sono, anzi, le Case europee, Ducati su tutte, quindi KTM e Aprilia, mentre nei panni del segugio c’è quel che resta del Giappone, dopo l’addio della Suzuki. Ovvero Honda e Yamaha, le Case che hanno fatto la storia del motomondiale, visto che dal 1973, quando a imporsi era stato il binomio Phil Read-MV Agusta, l’albo d’oro è sempre stato cosa delle moto costruite nel Paese del Sol Levante. Con l’eccezione del magico 2007 di Casey Stoner e della Ducati che, gettando un occhio all’albo d’oro, rappresentavano un po’ la mosca bianca nella storia delle corse.

Ma adesso il vento è cambiato. Da tre stagioni il Mondiale costruttori ha preso casa in quel di Borgo Panigale, con la Ducati che lo scorso anno ha chiuso il cerchio mettendo le mani anche sul titolo piloti con Francesco Bagnaia. Storia che sembrerebbe ripetersi anche in questo primo quarto di campionato, con la Rossa a dominare (4 vittorie su 5) e la KTM lì in agguato. Le giapponesi, invece, continuano a faticare, affidandosi a qualche acuto: la grande vittoria di Alex Rins, con la Honda satellite di Lucio Cecchinello ad Austin, un lampo di Fabio Quartararo, il podio di Austin ma grazie alle cadute di chi gli stava davanti, i guizzi del solito Marc Marquez che al rientro ha fatto vedere di esserci sempre. Lui. La Honda no. Come non c’è la Yamaha. I piloti si lamentano e alzano la voce («Vedo facce rilassate, nessuno che si incazza», ha tuonato Quartararo a Jerez), gli ingegneri abbassano la testa facendo di sì (che poi nella loro cultura è un no), ma di cambiamenti radicali non se ne vedono.

È sempre più una lotta tra mentalità europea e nipponica, qui da noi si studia, prova, pensa e sperimenta a ritmo quasi continuo, la Ducati che ha aperto in questi anni la strada dell’aerodinamica spinta, è stata raggiunta per inventiva e soluzioni da Aprilia e KTM, con quest’ultima che ha anche approfittato della collaborazione con Red Bull F.1 per fare ulteriori passi avanti. In Honda hanno cambiato il direttore tecnico, Takeo Yokohama, per andare a cercare una soluzione in casa Suzuki con Ken Kawauchi, ma, soprattutto, e fa ridere se pensiamo che stiamo parlando della Honda, il colosso più colosso che ci sia nel mondo della moto, si è andati a chiedere aiuto a livello di telaio alla Kalex, azienda tedesca che non è lontanamente paragonabile a quella di Tokyo. In Yamaha, invece, per ora sembra che si brancoli nel buio, tra mille faremo e no, non ce ne andremo, come i vertici di Iwata ormai ripetono come un refrain. Servirebbe un cambio di passo notevole e deciso, servirebbe cambiare mentalità. Servirebbero tecnici europei nei ruoli chiave. Ma in Giappone, questa, suona come una bestemmia.

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