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SENZA TRUCCO SENZA ING…ARNO«Pronto a uccidere mentalmente il mio avversario»

28.12.22 - 07:00
«Gattuso? Un finto duro»
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«Pronto a uccidere mentalmente il mio avversario»
«Gattuso? Un finto duro»
Arno Rossini: «Non si deve per forza essere dei sergenti di ferro per ottenere il massimo da un gruppo».
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VALENCIA - «Non avevo una grande tecnica ma correvo tanto e tatticamente ero fortissimo». «Durante la mia carriera mi sono preparato a uccidere mentalmente il mio avversario». «Quando ho deciso di fare l’allenatore ho chiamato Carlo Ancelotti e gli ho chiesto: “come si fa?”». Parole e musica sono di Ivan Gennaro Gattuso che, messi da parte (da un po’) divisa e scarpini e sedutosi in panchina, in un’intervista concessa alla stampa spagnola ha parlato in lungo e in largo delle sue vite pallonare. 

«Io ne conosco anche altre - è intervenuto Arno Rossini - una me la ripeteva sempre quando eravamo insieme a Sion. Mi diceva: “Sono arrivato al Milan e c’erano Shevchenko, Boban, Leonardo e Maldini e poi ho giocato con Pirlo, Kaká, Ronaldinho, Seedorf e molti altri. Quando entravo nello spogliatoio mi chiedevo sempre: ‘che c**zo faccio qui?’”. Rino, giocatore capace di vincere tutto ma soprattutto uomo perbene. Uno che non ha mai perso l’umiltà».

Calciatore super, almeno stando ai trofei alzati e all’importanza sempre avuta nelle squadre delle quali faceva parte, allenatore così così. Almeno per il momento.
«Ma è ancora giovane, ha tutto il tempo per levarsi belle soddisfazioni».

La panchina è come il campo? Puoi lavorare tanto ma per essere un campione devi avere classe?
«Serve avere grande passione, voglia di lavorare, credibilità. A Rino non manca nulla di tutto ciò». 

Il “nuovo” mestiere lo ha cominciato a Sion. Poi è andato a Palermo, all’Ofi Creta, a Pisa, al Milan, al Napoli e ora al Valencia. Ha vinto una Coppa Italia (con i partenopei) e ottenuto risultati nella media.
«Bacheca e numeri non raccontano tutto. Non dicono per esempio che ha lavorato in società e piazze calde, al servizio di presidenti vulcanici, come Constantin, Zamparini e De Laurentiis. Non specificano che in alcuni casi il club era in crisi economica, come accaduto in Grecia o con i nerazzurri toscani. Non sottolineano neppure come il Diavolo, quando è toccato a lui, non era più quello che ambiva a vincere in Italia e in Europa. Ora è in Spagna, in un campionato dove può continuare a imparare. Ecco, credo che fino a questo punto abbia fatto questo: abbia studiato - e lavorato - in vista di nuove opportunità. Io lo vedo come uno dei tecnici più preparati e promettenti della sua generazione».

«La mia giornata al campo comincia alle 8.30 di mattina e torno a casa alle 7 di sera. Se sono in bagno a fare pipì e mi viene in mente qualcosa, la scrivo su un pezzo di carta igienica». Gattuso ha ammesso anche questo…
«Il calcio è tutto il suo mondo, è tutta la sua vita. Già quando eravamo a Sion era così. Andavamo a cena e si parlava di pallone una volta sì e quella dopo… pure. Per questo sono convinto che alla lunga sfonderà. Ha conoscenze e amore per il gioco: ora poi che sta maturando esperienze…».

Finora gli è, allora, mancata la capacità di far rendere un gruppo più del suo effettivo valore. Forse il carattere che aveva in campo è troppo per la panchina.
«Ma no, i giocatori gli vogliono un gran bene. Lui in fondo è un finto duro: ha un cuore grande». 

Quindi è la mancanza di polso che lo ha finora frenato?
«Non si deve per forza essere dei sergenti di ferro per ottenere il massimo da uno spogliatoio. Non mi pare per esempio che Ancelotti sia conosciuto per i suoi modi bruschi e gli strilli. Anzi è probabilmente il contrario. E Rino, che ha preso Carlo a modello, prova a fare allo stesso modo. Io credo che sia solo una questione di tempo: un conto è se il tuo capo, disponibilissimo, ha solo una decina d’anni più di te, un conto è se è di un’altra generazione. Nel secondo caso distanza e rispetto sono quasi “fisiologici”. Ancelotti, torno a lui, ha fatto giocare bene le sue squadre e ottenuto buoni risultati fin da inizio carriera. Per le vittorie, però, ha dovuto pazientare. Ha fatto la gavetta, ha seminato, e poi dal 2003 in avanti, da 44 anni in avanti, ha cominciato a raccogliere. Vedrete che pure per Gattuso sarà così. Raccoglierà. Magari in Premier League, campionato che ha sempre guardato con grande ammirazione e interesse».

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