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Matteo NegriQuando negare l’evidenza nutre la felicità di pochi e, nel medio termine, l’infelicità di tutti

20.01.23 - 15:51
Matteo Negri, presidente dell’Associazione Fontanieri Ticinesi
TiPress
Quando negare l’evidenza nutre la felicità di pochi e, nel medio termine, l’infelicità di tutti
Matteo Negri, presidente dell’Associazione Fontanieri Ticinesi

Ci risiamo con il circo di Davos, con il nostro esercito a difendere banchieri, politici e “intrallazzatori” miliardari che decidono il bello e il brutto delle risorse naturali all’interno del loro club privato esclusivo.

Oltre agli albergatori che coprono la mancanza di neve e le “accompagnatrici” che gioiscono per gli ingaggi, chi effettivamente ci guadagna a ospitare il WEF (“World Economic Forum”) nei Grigioni? A leggere i commenti sui blog sembrerebbe che la Svizzera in questi caldi giorni di gennaio brilli più del solito, sostenuta da un servilismo mediatico che supera quello ipocrita a cui siamo oramai assuefatti. Ma cosa porta a noi questo costosissimo “baraccone”?

Parliamo di acqua, risorsa liquida indispensabile anche per i bevitori incalliti di vino e affini. Lo scorso anno abbiamo chiuso con uno spaventoso deficit idrico, di poco cambiato, a seguito di ridicole precipitazioni autunnali e patetiche nevicate di questo caldo, atipico, inverno.

Il nostro futuro sarà sempre più secco e caldo; poco importa se la colpa sarà attribuita ai cicli solari, all'antropizzazione, all'industria o quant'altro. A dispetto dei pareri di molti politici, condivisi da una fetta (cieca) della nostra società, saremo confrontati con la scarsità di una materia prima indispensabile alla vita: l'acqua. E, parallelamente, saremo condizionati da chi vorrà sfruttare questa situazione a suo vantaggio: quelli di Davos per essere chiari.

La privatizzazione dell'acqua sarà il prossimo passo, o comunque un ulteriore passo, dopo i brevetti vari riguardanti mais e frumento, tanto per fare un esempio. L'ipotesi non è poi così peregrina. L'Italia, nonostante lo schiacciante esito popolare del 2011 che chiedeva l'accesso pubblico ad un bene ovviamente di tutti, di recente ha aperto la strada alla privatizzazione dell'oro blu, adducendo la sua sempre maggiore scarsità e il cattivo stato degli acquedotti. L'Europa, sotto la spinta dell'opinione pubblica ha fortunatamente sancito il principio dell'accesso illimitato all'acqua, peraltro pure (solo) consigliato dall'ONU tramite una sua risoluzione.

In Svizzera si è tentato, con modalità e argomenti diversi, di "privatizzare" le aziende dell'acqua potabile di alcuni cantoni, ma senza successo. Evidente segno di una società che è sensibile a questo argomento.

Negare questa pericolosa situazione, ridicolizzandola, o minimizzandola, significa mettere a repentaglio il prossimo futuro, nostro e dei nostri figli. Indipendentemente dagli interessi privati in gioco, la scarsità di questa materia prima potrebbe portare, a medio-lungo termine, l’insorgere di conflitti, non solo sociali e non solo nelle nazioni in via di sviluppo.

Per il momento, la felicità di suddette circostanze è relegata nelle figure di albergatori e “accompagnatrici”. Nel frattempo, noi aspettiamo e neghiamo ancora l'evidenza.

 

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COMMENTI
 

Al4black 1 anno fa su tio
Si, Matteo, a tratti sei iperbolico' ma credo che il tuo cinismo, sia anche dovuto a considerazioni realistiche basate su dati oggettivi… Beh, condivido pienamente la posizione e riporto una sintesi (dal web) di un tentativo di privatizzazione dell’ h20 “Il caso della cosiddetta “guerra dell’acqua” scoppiata a Cochabamba, in Bolivia, nel 2000 mette in luce tutte le contraddizioni rispetto alla questione della gestione delle acque, sia nella prospettiva internazionale che in quella interna ai singoli paesi, rilanciando il problema del riconoscimento di un diritto all’acqua, individuale e collettivo, e di come sia possibile garantire tale principio all’interno di una dimensione di mercato di tale risorsa. La rivolta scoppiò dopo che il governo boliviano decise di privatizzare integralmente il sistema idrico e i servizi igienico-sanitari di Cochabamba, la terza città del paese, vendendolo a un consorzio internazionale. In seguito a tale decisione, i prezzi di questa risorsa aumentarono del 200%. A ciò si aggiunse una nuova legislazione che determinò l’ulteriore erosione dei diritti della comunità locale nei confronti delle proprie risorse idriche, spingendo la popolazione di Cochabamba alla rivolta. L’acqua e l’accesso a questa risorsa in condizioni di scarsità non sono solo fattori di tensione inter-statale, ma anche di conflitti sociali e politici nei singoli paesi.”
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