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L'OSPITERiflessione attorno al voto ai sedicenni

23.02.21 - 13:10
Aurelio Sargenti, membro PS Lugano
tipress
Riflessione attorno al voto ai sedicenni
Aurelio Sargenti, membro PS Lugano

È da tempo che si parla della concessione del diritto di voto ai sedicenni. Il tema è ora tornato d’attualità in quanto la Commissione delle Istituzioni politiche del Consiglio degli Stati ha dato via libera ad un progetto che, se approvato dal parlamento, sarà messo in votazione popolare. Da alcune parti si paragona l’abbassamento dell’età minima di voto a 16 anni al diritto di voto conquistato dalle donne 50 anni fa. È un confronto improprio. Quella delle donne era un’esclusione permanente dall’esercizio dei diritti politici, fondata su un pregiudizio sessista. Quella di chi si trova al di sotto di una certa età è un’esclusione provvisoria, basata su ovvie ragioni. In questione è solo quale soglia stabilire.

In un prossimo futuro, dunque, i sedicenni potrebbero eleggere, ma non saranno eleggibili fino ai 18 anni. E questa differenza è davvero curiosa: si ritengono i sedicenni capaci di esprimersi su temi anche complessi, ma non ancora idonei a ricoprire cariche politiche.

Sia chiaro: con l’abbassamento dell’età minima di voto non sono in gioco gli equilibri politici attuali, che non erano cambiati neppure quando, anni fa, si era abbassata la soglia dai 20 ai 18 anni.

Secondo un sondaggio dell’ epoca i giovani avevano votato in gran parte seguendo la tradizione familiare. E non è nemmeno una questione di destra o di sinistra. I motivi di dubbio sono altri.

In quarant’ anni di insegnamento al liceo, di cui gli ultimi otto come direttore, ho seguito migliaia di studenti tra i 15 ed i 19 anni. Li ho visti passare dalla fanciullezza alla maturità, vale a dire dalla ricerca dell’accettazione e dell’omologazione con il gruppo ad una coscienza individuale; dalla vaghezza su se stessi ed il proprio futuro all’entrata nella fase delle scelte decisive per definire il proprio posto nella vita. Un percorso che si completa generalmente tra i 18 ed i 19 anni, secondo molti psicologi. Insomma: i nostri ragazzi entravano al liceo quindicenni, ancora adolescenti, per uscirne giovani adulti. L’evoluzione interiore è collegata anche a una trasformazione fisica, al confronto costante con gli altri, alla riflessione su se stessi. La curiosità, la voglia di partecipare quelle sì – come sottolinea il direttore di questo quotidiano, Paride Pelli, nell’editoriale apparso il 10 febbraio – possono essere già presenti a 16 anni, ma l’equilibrio e la maturità sono conquiste che avvengono più lentamente, attraverso l’educazione civica, alla cittadinanza e alla democrazia, e attraverso anche progetti come La gioventù dibatte. Educare allo studio, come educare al lavoro, porta alla capacità di comprendere e giudicare.

Se il progetto venisse approvato potrebbero presentarsi nuovi problemi: se giudicassimo i sedicenni capaci di esprimere un giudizio politico su problemi anche complessi perché dovremmo continuare considerarli minorenni in sede giuridica?

Il tema della riduzione dell’età di voto è senz’altro interessante, ma per me secondario rispetto all’altro tema, spesso dimenticato, relativo alla concessione del diritto di voto (almeno in materia comunale e cantonale) agli stranieri che da dieci e più anni sono domiciliati in un comune ticinese e pagano le tasse senza poter eccepire su chi debba amministrare i loro soldi e come.

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