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L'OSPITEUn autogol per la Svizzera

19.11.20 - 09:04
Diego Baratti, Presidente Giovani UDC, Ponte Capriasca
Diego Baratti
Un autogol per la Svizzera
Diego Baratti, Presidente Giovani UDC, Ponte Capriasca

Il prossimo 29 novembre saremo chiamati a votare sull’iniziativa per le multinazionali responsabili, o come è più giusto chiamarla, per le imprese responsabili, dal momento che non riguarda solo le grandi aziende, ma ha delle conseguenze anche per le piccole e medie imprese.

Questa iniziativa, lanciata da 130 organizzazioni di sinistra, chiede la protezione dei diritti umani e dell'ambiente. A tal fine, vuole rendere responsabili le aziende in Svizzera, compresi i loro fornitori, e renderle responsabili in tutto il mondo. Beh, questo obiettivo suona bene di per sé. Chi è contro i diritti umani e la protezione dell'ambiente? Ma in realtà l’approvazione dell’iniziativa sarebbe un devastante autogol per tutta l’economia del nostro paese.

Infatti, con l’approvazione dell’iniziativa, le aziende dovrebbero rispondere legalmente secondo il diritto svizzero di qualsiasi problema o errore che le loro filiali e i loro fornitori commettano in qualsiasi parte del mondo, dovendo esse stesse dimostrare di non essere colpevoli. Questo causerebbe, oltre a dei costi burocratici immensi per lo Stato e per le aziende, una vera e propria ondata di cause legali contro le nostre imprese. E verrebbe pure introdotto un sistema di inversione dell'onere della prova. Ciò significa che non è il querelante che deve provare la cattiva condotta di una società, ma l'imputato che deve provare la sua innocenza.

Proviamo a spiegare questo concetto con un esempio: il nostro vicino potrebbe accusarci di aver rubato delle mele dal suo albero. Siamo noi a dover dimostrare che non le abbiamo rubate, portando prove e fatti a nostra discolpa. Lui ci accusa, e non deve fare nient’altro. Gli basta solo il dubbio che siamo stati noi. E poiché il nostro vicino è del Cile, il processo si svolgerà in Sud America. Assurdo vero? Ma questo è il principio che sta alla base di questa iniziativa.

Gli iniziativisi si comportano come dei colonialisti: vogliono far valere il diritto svizzero in tutto il mondo, facendo diventare di fatto i tribunali svizzeri i tribunali morali del mondo: ad esempio, il tribunale di Lugano potrebbe dover sentenziare su eventi che si sono verificati nelle Filippine o in Congo! Insomma, i tribunali delle Filippine o del Congo, e lo stato di diritto di quelle nazioni, non contano niente, e saremo noi a fare giurisprudenza per loro.

Ma cosa significa tutto questo per la nostra economia e per il nostro benessere? Molte aziende, visto il carico di lavoro richiesto, la vulnerabilità (possono di fatto essere accusate per ogni cosa, anche per cose che non hanno commesso), e l’incertezza giuridica, sceglieranno di delocalizzare e chiudere le loro sedi in Svizzera, con una conseguente perdita di posti di lavoro. Le PMI, oberate dalla burocrazia e meno competitive rispetto a delle aziende straniere che non sottostanno a questa assurda legge, si vedranno costrette a chiudere i battenti, mettendo in difficoltà migliaia di famiglie e di aziende che ad esse si affidavano.

Nessuno è perfetto, ed è giusto intervenire là dove si riscontra un effettivo comportamento scorretto da parte delle nostre imprese. E per questo che il parlamento ha elaborato un controprogetto indiretto, che non colpisce in maniera così diretta le nostre PMI e che entrerebbe in vigore nel caso l’iniziativa dovesse venir respinta. Il suo contenuto? Le aziende devono riferire regolarmente sui rischi delle loro attività all'estero per quanto riguarda le persone e l'ambiente e sulle misure adottate per evitarle. Un compromesso, che non fa della Svizzera la polizia del mondo, e che allo stesso tempo non causa perdite di posti di lavoro.

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