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L'OSPITECambiare passo con un sì

13.11.20 - 13:05
Morena Ferrari Gamba, Consigliere Comunale PLR, Lugano
Ti Press
Cambiare passo con un sì
Morena Ferrari Gamba, Consigliere Comunale PLR, Lugano

Il controprogetto sull’iniziativa per imprese responsabili pur “condividendo” il contenuto della stessa, purtroppo se ne allontana nella sostanza e tende, con i suoi sostenitori, a gettare paure infondate. Sorge spontaneo il sospetto che si voglia proteggere qualcuno e non la vera e rispettosa maggioranza delle imprese. Tra i quesiti posti: perché fare qualcosa per pochi che delinquono? Le leggi sono fatte per proteggere la maggioranza da quei pochi che la infrangono ed evitare che altri lo facciano, mi pare elementare. Spesso poi “i pochi” sono colossi e i danni sono immensi. Il mio un invito è di leggere attentamente iniziativa e controprogetto e fare una propria riflessione seria anche su basi etiche e umane, su cui dovremmo fondare ogni nostra azione.
Parliamo di responsabilità sociale d'impresa quasi alla nausea e da diversi anni. Eppure, appena vi è una richiesta per un’azione concreta e presa a carico di tale responsabilità, si alzano i muri. Lo vediamo bene con questa iniziativa per imprese responsabili che ha il pregio di voler chiedere alle aziende svizzere, con attività all’estero, di mettere in atto tutte quelle misure di controllo affinché si evitino violazioni sistematiche dei diritti umani e di assumersene la responsabilità. Pratiche criminali che sappiamo esistere e che calpestano ogni forma di diritto, guarda caso nei paesi più poveri del mondo dove il diritto non sta di casa. Su questo, sembra che siamo tutti d’accordo. Ma…. qui si dividono le strade tra ipocrisia e stare dalla parte giusta della Storia, come sempre! Sono paroloni? Sì, forse. Quel che accade nel mondo ci sta dimostrando che siamo a un cambiamento epocale, a una linea di demarcazione tra passato e futuro. Proprio i tempi difficili come quelli che stiamo vivendo ci inducono a ripensare al nostro vivere, la nostra relazione con gli altri, con la terra che ci ospita, ma soprattutto su noi stessi e su come vogliamo essere. C’è quindi bisogno di un cambio di paradigma profondo.

Tempi difficili dicevamo, dove rimbalzano messaggi come le scuse ai giovani per il mondo che gli stiamo consegnando o sulla “corsa all’oro” che ci ha fatto perdere ogni rispetto ed equilibrio o, ancora, fiumi di parole come sostenibilità, responsabilità, così cariche di valori e umanità che sembrano rimanere un semplice eco per camuffare la cattiva coscienza. Non è più tempo di maschere impregnate di retorica spesso per indolenza, o peggio, per ingordigia e chiedere che tutto cambi purché nulla cambi. Non è più tempo per lasciare che prima ci pensino gli altri e poi, forse, ci pensiamo anche noi. No, non è così che si può concepire il nostro spirito svizzero che tanto vantiamo e sbandieriamo. Quello spirito visionario da Henry Dunant in poi, fino a farci riconoscere agli occhi del mondo come i più alti difensori dei Diritti Umani. Diritti che non possono essere di un singolo paese, ma appartengono a tutti gli esseri umani e non importa dove viviamo, chi siamo e cosa facciamo. Abbiamo tutti compreso quanto sia profonda l’interrelazione tra un paese e l’altro, tra un’attività e l’altra, tra le dinamiche ambientali, sociali e la crescita economica e culturale. L’iniziativa va in questa direzione per proteggere le persone, noi stessi, la nostra terra e le generazioni future le cui vite dipenderanno dalle scelte che facciamo oggi.

Noi, cittadini, abbiamo la possibilità di riaffermare con forza questa volontà e chiedere un cambiamento di passo. Le giovani generazioni, e non solo, lo stanno chiedendo da qualche tempo. Ricordiamoci che le sollecitazioni che partono dal basso sono quelle riescono a imporre il vero cambiamento, quasi sempre duraturo. Negli ultimi anni questa spinta ha indotto la politica a prenderne atto e a inserire i concetti di ambiente e diritti umani nei suoi programmi. La stessa finanza, che non è un ente di beneficenza, spinge sempre più su investimenti sostenibili, così come le catene alimentari, le aziende di moda e molte realtà economiche hanno fatto della sostenibilità sociale e ambientale una missione, un contrassegno di reputazione, guadagnandoci! Alla fine della catena ci siamo noi, noi consumatori di servizi e prodotti ed esigiamo sempre di più di sapere quale è la loro provenienza, vogliamo conoscerne l'impatto ambientale e sociale perché ora sono valori a cui non vogliamo più rinunciare.

Per questo, non voltiamo la faccia e non facciamo esercizi alibi, ma votiamo in modo convinto SI all’iniziativa.

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