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L'OSPITELa cultura: uno strumento necessario al benessere di tutte le persone

14.10.19 - 10:30
Martina Malacrida Nembrini, candidata al Consiglio nazionale PS
La cultura: uno strumento necessario al benessere di tutte le persone
Martina Malacrida Nembrini, candidata al Consiglio nazionale PS

Per tutti. Non per pochi. Come cittadina e candidata mi identifico nel “per tutti”. Un “tutti” che include tutte le cittadine e tutti i cittadini del mondo, anche al di fuori del nostro paese. Il motto mi sta a cuore anche perché sono appena rientrata dal Burkina Faso, paese in cui mi reco spesso nel quadro di un progetto culturale legato al cinema. Fare cultura non è sempre facile, né in Burkina Faso né in Svizzera. La cultura fatica a trovare i riconoscimenti che merita nella nostra società. Non è considerata un bene primario su cui investire, ma piuttosto un bene accessorio, che può essere complementare, ma non necessario, al benessere dei cittadini.

La cultura è un bene che è difficile da misurare e quindi da preventivare: i risultati spesso non sono immediati ma si fanno attendere, un po’ come succede per le misure a favore della salvaguardia dell’ambiente. E come nel caso delle misure ambientali, sarebbe un grande errore non considerarla una priorità per la costruzione di una società migliore, più giusta, per tutti.

Ma a cosa serve la cultura? Lo spiega bene la grande scrittrice nigeriana Chimamanda Adichie nel suo libro “Dovremmo essere tutti femministi”:… fondamentalmente , lo scopo della cultura è assicurare la protezione e la continuità di un popolo. La cultura non fa le persone. Sono le persone che fanno la cultura…”. La cultura va dunque intesa come continuità di un popolo, dei diversi popoli con le loro diverse culture. La cultura è infatti di per sé inclusiva anche quando parla di specificità.

Il progetto culturale di cui mi occupo dal 2016 ha, fin dall’inizio, beneficiato dell’aiuto finanziario della Direzione dello sviluppo e della cooperazione svizzera (DSC). La cultura in generale fa tuttavia molta fatica a trovare il riconoscimento adeguato nel contesto della cooperazione internazionale, nonostante il fatto che non sia più possibile negare che la promozione culturale abbia un influsso positivo sull'evoluzione economica e sociale nei paesi in via di sviluppo. La qualità di vita non è determinata unicamente dalla quantità di cibo a disposizione e dalle condizioni di alloggio.

Nel progetto di messaggio concernente la cooperazione internazionale della Svizzera (2021-2024) messo in consultazione nel maggio scorso, non viene purtroppo fatto nessun accenno alla cooperazione culturale. Le priorità tematiche sono la creazione di posti di lavoro, la lotta ai cambiamenti climatici, la migliore gestione della migrazione e l’impegno in favore della pace e dello stato di diritto. Non entrerò nel merito delle perplessità già espresse da alcune associazioni mantello (per esempio la Federazione delle ONG della Svizzera Italiana) legate all’aiuto allo sviluppo, ma ci tengo a ricordare che nel messaggio, il budget previsto da destinare all’aiuto allo sviluppo è pari allo 0,45% circa (11,37 miliardi di franchi nell’arco di 4 anni) del prodotto interno lordo, una quota inferiore all’obiettivo dello 0,5 % definito e approvato dalle Camere federali nel 2011 e ciò nonostante gli avanzi miliardari registrati anno dopo anno dalla Confederazione. A termine di paragone, la DSC sostiene i progetti culturali con un importo annuale che oscilla tra i 4 e i 6 milioni di franchi: una cifra irrisoria nel budget della cooperazione internazionale.

Il documento presenta altri problemi. Si consideri ad esempio l’estratto seguente: “l’orientamento della cooperazione internazionale e le sue priorità geografiche vengono definiti in funzione dei bisogni delle popolazioni interessate, degli interessi della Svizzera (economia, migrazione, sicurezza, buongoverno, clima e ambiente) e dei vantaggi che la Svizzera può offrire nel confronto internazionale (valore aggiunto, competenze, innovazioni).”

È la parte relativa agli interessi della Svizzera che pone dei quesiti sul piano etico: un’autentica politica di aiuto allo sviluppo deve porre prioritariamente l’accento alle necessità dei paesi che richiedono sostegno, senza essere condizionatamente subordinata al tornaconto politico-economico della Svizzera stessa.

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