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L'OSPITE«Essere svizzero dentro è cosa diversa da un fucile»

14.05.19 - 18:00
Guido Tognola, presidente Sezione PLR di Lugano
«Essere svizzero dentro è cosa diversa da un fucile»
Guido Tognola, presidente Sezione PLR di Lugano

Nel capolavoro di Michael Cimino “Il Cacciatore” (The Deer Hunter), Mike (Robert De Niro) si imponeva di abbattere il Cervo con un solo proiettile, senza farlo soffrire, per dargli un’opportunità di fuga, di vita. Nel tamburo della pistola di Nick (Christopher Walken), sempre nello stesso film, durante il Gioco della roulette russa, una sola pallottola nella speranza recondita non di vivere, bensì di morire.

Nei duelli dei tempi che furono, un solo tiro per riscattarsi dall’onta di un onore offeso (solo negli Stati Uniti ci si sparava tutto quello che si aveva a disposizione, attitudine non del tutto svanita). Un solo colpo distingue il cecchino. Una sola possibilità nella vita o nella morte, come nel mito di Tell o di Leontica, distingueva l’atto eroico.

Ora, l’iniziativa sulle armi in votazione il 19.05.19 (curioso come sommando le singole cifre otteniamo il numero 25, che nella smorfia rappresenta “il Natale”, non esattamente simbolo di sparatorie) limita la possibilità di un caricatore a 20 proiettili, l’obbligo di contrassegnare tutte le parti essenziali delle armi in oggetto e soprattutto l’obbligo, per i commercianti, di segnalarne all’autorità cantonale competente tutte le vendite, rispettivamente acquisti, effettuati.

Beninteso: stiamo parlando di armi semiautomatiche, armi da guerra, quelle alle quali ultimatamente ci siamo abituati vedere imbracciate da brutte persone vestite di nero, per intenderci: non scacciacani.

Pur non dubitando di chi sostiene che tale iniziativa sarà ininfluente per combattere il terrorismo (cosa ancora tutta da dimostrare), sicuramente mi permetto di dissentire per quanto attiene il controllo del commercio di un settore ad alto rischio e fra i più prediletti da lobby ed altre organizzazioni varie non sempre promulgatrici di messaggi positivi e pacifici.

Al contrario, l’accordo Schengen – Dublino risulta fondamentale ai fini di contrastare il terrorismo ed il crimine in generale. Le collaborazioni fra polizia Svizzera e Stati UE, lo scambio informativo sistematico, hanno già prodotto risultati tangibili, metterlo a rischio sarebbe veramente incosciente, se non irresponsabile. Non si tratta di un ricatto: ogni azione (anche una non azione è azione) implica una reazione ed in questo caso, non collaborando, la razione naturale è l’isolamento, od almeno il rischio di venire isolati.

È altresì vero che avremo novanta giorni a disposizione per convincere tutti gli Stati UE ad accettare un nostro eventuale rifiuto, ma mettendosi in questa situazione chi sarà veramente libero nella propria decisione? Noi? Loro?

In un mondo come quello di oggi, il non vedere oltre, l’isolarsi, l’autarchia, alla lunga, sarà sinonimo di prigionia esattamente come nell’Albania di Hoxha o in quei resort esclusivi per pochi, sicuramente non per chi ci lavora, o quartieri di certe città, cintati da filo spinato e guardie armate. Spontaneo chiedersi: “Chi è il vero prigioniero?”.

Senza dimenticare quando vorremo viaggiare e non solo per piacere: personalmente ricordo ancora le lunghe fila sotto il cartello “Altri passaporti” vissute prima degli accordi di libera circolazione.

Il 19 maggio non si tratterà di mettere a repentaglio parte della nostra identità: il tiro sportivo o storico come ribadito dall’iniziativa è salvaguardato e non credo che il vero Svizzero abbia mai tenuto in casa un fucile semiautomatico, dicasi “fucile d’assalto”, a mo’ di deterrente contro la criminalità (come asserito dai contrari all’iniziativa), bensì per un’eventuale mobilitazione contro un eventuale invasore, ad oggi storicamente solo nazi-fascista, a meno che, chi contrasta l’iniziativa, non sogni un domani “salviniano”, né molto elvetico, né grande esempio di democrazia liberale.

Sperando nella mobilitazione del mondo di Venere ed in un ritrovato buonsenso di Marte, mi chiedo semplicemente se non abbiamo veramente dimenticato che l’essere Svizzero dentro è cosa diversa da un fucile.

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