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L'OSPITEA mani nude

01.06.16 - 12:22
Michela Delcò Petralli
Tipress
A mani nude
Michela Delcò Petralli

Con una iniziativa parlamentare elaborata dell’ottobre 2011 i Verdi chiedevano la creazione di un registro delle imprese, che riportasse una serie di informazioni anonimizzate relative al numero delle persone occupate, al tipo di posti di lavoro e ai salari corrisposti. Con la medesima iniziativa si chiedeva anche l’inserimento nella legge di un obbligo per le aziende di notificare i posti vacanti alla Sezione del lavoro.
Attualmente le autorità non hanno un controllo puntuale sulle imprese che si insediano sul nostro territorio, né tanto meno sul tipo di impieghi offerti. Questa mancanza di informazioni è spesso oggetto di lamentele da parte di chi deve allestire degli studi in ambito socio-economico o semplicemente delle statistiche. Un registro delle imprese avrebbe permesso non solo di creare trasparenza nel diversi settori economici ma anche di avere una fonte certa di dati statistici, senza i quali non è possibile costruire una politica economica e fiscale.
L’obbligo di annunciare i posti vacanti alla Sezione del lavoro permetterebbe di circuire le agenzie di collocamento, che, come tutti sanno, e come sottolineato dallo stesso Rico Maggi dell’IRE, sono il principale vettore di manodopera frontaliera a buon mercato.
La Commissione della gestione ha bocciato ambedue le proposte. Per la maggioranza della commissione le soluzioni indicate nell’iniziativa sarebbero contrarie alla libertà economica e arrecherebbero troppo lavoro agli Uffici regionali di collocamento (URC), a cui peraltro, l’iniziativa non chiedeva null’altro che di ricevere la notifica dei posti vacanti.
Quel che è assurdo è che nel rapporto si dice chiaramente che è possibile obbligare le aziende a segnalare gli impieghi agli URC, come avviene già nei Grigioni, ma la Commissione ha ritenuto che il Ticino non ne ha bisogno di questo strumento.
Ora, nel 2013 (ultimi dati disponibili) i posti vacanti annunciati agli URC sono stati 2'475, circa uno per 10 disoccupati iscritti. Lo stesso anno sono stati rilasciati 8'240 nuovi permessi G (esclusi i rinnovi di permessi esistenti) e le ore di lavoro fornite dalle agenzie interinali hanno superato i 6,5 milioni, pari a circa 3400 posti di lavoro a tempo pieno. È evidente quindi che la stragrande maggioranza dei posti vacanti non viene segnalata e che le imprese preferiscono assumere attraverso altri canali. I pochi posti vacanti annunciati agli URC non bastano certo a riassorbire la disoccupazione. Quanto dovremo soffrire, in termini di disoccupazione, per attivare anche in Ticino una solidarietà delle imprese che ci aiuti a superare la crisi del lavoro? Ci sono già 12'000 disoccupati ILO e 13'500 sottoccupati in questo Cantone, non bastano queste cifre?
E come pensiamo di affrontare l’aumento della spesa sociale per le varie prestazioni assistenziali, in gran parte dovute alla mancanza di lavoro o a lavori precari, quando, fra non molto, anche le imprese, con la riforma III della fiscalità, pagheranno ancora meno imposte? Si parla di una perdita erariale di 100'000 franchi per il Ticino a fronte di un aumento costante e inarrestabile dei costi sociali.
E come pensiamo di calcolare i costi del frontalierato richiesti recentemente dalla Confederazione se non sappiamo esattamente come calcolarli e su quali
dati statistici? Come affronteremo il futuro se il Parlamento si rifiuta di prevedere quegli strumenti atti a contenere l’esplosione dei costi sociali? Spero che lunedi prossimo, il Parlamento cantonale, a cui verrà sottoposto il rapporto di maggioranza, ribalti la decisione commissionale.
Combattere a mani nude si può, ma è difficile vincere!

 

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