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Sabrina Salerno e il bikini di "Siamo donne": «Era proprio brutto»

ITALIASabrina Salerno e il bikini di "Siamo donne": «Era proprio brutto»

01.02.22 - 20:15
La cantante sconfessa quella scelta sanremese: «Non ero convinta di quel progetto». Poi ha parlato della sua famiglia
IMAGO / Leemage
Sabrina Salerno e Jo Squillo a Sanremo con "Siamo donne".
Sabrina Salerno e Jo Squillo a Sanremo con "Siamo donne".
Sabrina Salerno e il bikini di "Siamo donne": «Era proprio brutto»
La cantante sconfessa quella scelta sanremese: «Non ero convinta di quel progetto». Poi ha parlato della sua famiglia

MOGLIANO VENETO - "Siamo donne" è un brano che ha fatto epoca. Era il 1991 quando Jo Squillo e Sabrina Salerno lo presentarono al Festival di Sanremo e ora, a distanza di 30 anni, una delle due interpreti dice ciò che pensa su quella performance. «Non ero felice per niente!» confessa Salerno al Corriere della Sera. Ero tormentatissima, non ero convinta di quel progetto. Per me cantare “oltre le gambe c’è di più” era una sconfitta, mi sembrava un’ammissione di colpa. Io non sono una leggera, sono pesantissima...».

C'è poi il discorso outfit, il celebre bikini argentato sotto la giacca scura. «Lì ho fatto una c...a. Quel bikini era proprio brutto e mi stava malissimo. Quando lo guardo non so che cavolo mi abbia preso. Mi pento e mi dolgo di averlo indossato».

Sempre sorridente e affascinante, Sabrina Salerno nasconde un passato difficile e soprattutto un’infanzia complicata: è cresciuta praticamente senza genitori, allevata da una zia e poi dai nonni. «Ho un po' cancellato la mia infanzia. Ricordo forse un albero di Natale, a Genova, da zia Lina, con cui sono cresciuta. Se n'è andata quando avevo cinque anni, poi mi sono trasferita a Sanremo dai nonni materni. Mia mamma, Feliciana, mi ha avuta a 18 anni e faceva l'infermiera. Da lei sono tornata a vivere per un breve periodo dai 15 ai 17 anni, poi ho cominciato a lavorare».

Turbolento, in particolare, il rapporto con il padre, che conobbe quando aveva già 12 anni. «Ero una ragazzina inquieta, ribelle, anticonformista. Avevo solo un'amica importante, in quegli anni: Natasha, olandese, faceva il linguistico con me. La mia adolescenza è stata brevissima. Ho conosciuto mio padre a 12 anni, avevo scoperto nome e cognome e lo avevo cercato sull'elenco telefonico: volevo dare un'immagine all'uomo che, seppur involontariamente, mi aveva messa al mondo». Il primo incontro con il padre non fu felice. «Ho sempre rispettato la sua volontà, quando venne a prendermi a Genova pensai: ‘Mamma mia com'è giovane’. Ci rimasi male, mi aspettavo una figura matura, invece mi sono ritrovata davanti questo belloccio che sembrava un ventenne, è stato uno choc. Quando avevo 45 anni mi disse: ‘Ti riconosco, ma non avrai mai il mio affetto’».

Alla fine, però, è arrivata la riconciliazione tra i due. «Con lui però ho fatto pace, prima che morisse ho sistemato tutto. Ho una sorella fantastica, Manuela, che ha 44 anni. Fu lei a cercarmi nove anni fa, la considero una delle cose più belle e intense della mia vita: non potevo fare io il primo passo, fu lei a volermi incontrare anche se nostro padre non fu contento».  

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