Più che un semplice attore: per molti è un vero e proprio personaggio di culto
LOS ANGELES - Bill Murray è uno di quegli individui che da tempo hanno smesso di essere considerati dei semplici attori e hanno acquisito uno status di leggenda vivente.
L'oggi 70enne (è nato il 21 settembre 1950 a Evanston, Illinois) è uno dei pochissimi a essere sia un riferimento del cinema indipendente che il protagonista di film dagli incassi astronomici come "Ghostbusters". Quell'aria un po' così, quella simpatia irresistibile e le storie che si raccontano da anni sul suo conto lo hanno reso un vero e proprio personaggio di culto (non a caso il quotidiano online italiano Il Post lo considera il suo "santo patrono").
Un esempio degli aneddoti su Murray? Questo è stato lui stesso a raccontarlo, durante un incontro con il pubblico al Toronto Film Festival di qualche anno fa. Salito su un taxi a Oakland e diretto a Sausalito (in California, a una trentina di chilometri di distanza), seppe che l'uomo alla guida non poteva esercitarsi come voleva con il sassofono a causa del tempo troppo lungo che passava lavorando. Così fermo l'auto, si mise lui al volante, fece prendere al tassista lo strumento che teneva nel bagagliaio e gli consentì di suonare fino a destinazione. Non solo: i due si fermarono a mangiare in un boccone e l'uomo poté esibirsi davanti a un pubblico, meravigliato ma anche piuttosto entusiasta.
Murray è un divo sia del cinema che della tv. Ha fatto parte di una generazione leggendaria del Saturday Night Life (che comprendeva John Belushi, Dan Aykroyd e altre stelle della comicità) e ogni volta che è ospite di uno show è garanzia di successo e risate. Debutta sul grande schermo nel 1979 con "Polpette" e si fa notare sempre più grazie a "Palla da golf", "Stripes - Un plotone di svitati" e "Tootsie". Con il già citato "Ghostbusters" diventa una star planetaria ma negli anni successivi apparirà in pochi film. Ritorna in auge negli anni Novanta grazie al celeberrimo "Ricomincio da capo" ed è qui che Murray abbraccerà sempre di più la via dell'indie, diventando una scelta assidua di registi del calibro di Wes Anderson e Jim Jarmusch.
Nel 2003 sfiora l'Oscar con "Lost in Translation" di Sofia Coppola. Negli ultimi dieci anni ha lavorato con pochi, selezionati cineasti - anche perché, avendo una segreteria telefonica al posto di un agente, è notoriamente la star di Hollywood più difficile da rintracciare. Eccentrico, a volte spigoloso (basti chiedere alle sue ex mogli), non è sempre facile andare d'accordo con lui - dicono a Hollywood. Ma anche questo fa parte del suo personaggio, e della sua leggenda.