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CANTONE«A Memphis la gente ci fermava per strada»

24.06.22 - 06:30
A tu per tu con il bluesman bellinzonese Federico Albertoni che pubblica in questi giorni "Two sides of the Same Coin”
Freddie & The Cannonballs
«A Memphis la gente ci fermava per strada»
A tu per tu con il bluesman bellinzonese Federico Albertoni che pubblica in questi giorni "Two sides of the Same Coin”

BELLINZONA - Andare suonare il blues negli Stati Uniti, per chi è nato e cresciuto (pure musicalmente) nel piccolo Ticino, può essere un di quei grandi sogni nel cassetto che lì rischia proprio di rimanerci. Non è il caso di Federico Albertoni, bassista bellinzonese, e attivo sulla scena sin dall'adolescenza (vi dicono nulla i The Flag?) che con la sua ultima invenzione, una band con tanto di fiati in cui suona il basso e canta, un biglietto per Memphis è riuscito a staccarlo.

Ma andiamo con ordine, se stiamo parlando di Freddie & The Cannonballs è perché da poco è uscito il loro ultimo disco (doppio) una parte registrata in studio e l'altra... anche, ma in modalità live come se fosse un concerto: «Detta così sembra facile, ma la verità è che non avevo idea di quanto potesse essere difficile», ride Albertoni, «volevo fare qualcosa di analogo a quello che hanno fatto tanti artisti della tradizione ma al termine delle registrazioni ero esausto, è stata una delle giornate più lunghe della mia vita!».

"Two sides of the Same Coin”, questo il nome dell'album, nasce a ridosso della partenza della band per Memphis, dove si è cimentata nelle finali dell'International Blues Challenge e dopo una raccolta fondi andata benissimo per sostenere le spese di trasferta: «L'energia in circolo era quella, da una parte c'era la voglia di suonare nella città capitale del Blues dall'altra la gratitudine e il calore di quelli che ci hanno sostenuto». Ed è andata davvero bene: «A Memphis capitava che ci riconoscessero e ci fermassero per strada, è stato davvero incredibile!», ricorda Albertoni.

Tornando al disco nuovo, le influenze musicali sono tante e disparate: «Con questo disco ci siamo un po' allargati, diciamo, dal blues alla musica nera in generale con anche un po' di funk e di R&B», spiega Albertoni che ha lanciato il suo progetto solista nel 2019, pre Covid e quando non poteva immaginare che avrebbe avuto così fortuna, «un po', ti dirò, sospettavo potesse funzionare, gli appassionati di questa musica tendenzialmente anni '50 sono parecchi, e non solo in Ticino. La verità però è che io volevo soprattutto esprimermi, tutto quello che è arrivato in più lo accolgo a braccia aperte».

In un periodo di forte attenzione per quanto riguarda il rispetto dei patrimoni culturali, come ci si sente a essere un gruppo di bianchi che suona musica tradizionalmente nera? «È una bella domanda, non ti nascondo che è una tematica che mi è molto cara. Penso che il modo giusto di farlo sia con consapevolezza e il giusto rispetto. In questo senso l'esperienza di Memphis ci ha dato davvero tanto. Abbiamo visitato il museo dei diritti civili, e abbiamo parlato con diverse persone. Un signore, in particolare, ha voluto chiacchierare con noi dopo un concerto. Era afroamericano e ha parlato della nostra musica, e soprattutto di un pezzo "Rivers" che tratta proprio la questione razziale. Quello che ci ha detto è che, se c'è empatia, è giusto che il messaggio circoli, al di là del colore della pelle di chi suona».

Quella in corso, per i Cannonballs è un'estate davvero calda e ricca di concerti in tutta la Svizzera: «In questo senso vincere lo Swiss Blues Challenge ci ha aperto le porte dei festival confederati e a settembre sconfineremo in Francia, è davvero un momento magico e spero che possa durare. Detto questo, restiamo una realtà di nicchia che deve lavorare un sacco per trovare delle date. Non siamo i Vad Vuc (ride)! Il che, in realtà, per certi versi è anche un bene».

Freddie & the Cannonballs sono Federico Albertoni (basso e voce), Mattia "Mad" Mantello (chitarra), Roberto Panzeri (batteria), Andi Appignani (organo), Nigel Casey (sax) e Olmo Antezana (sax).

 

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