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CANTONEVallemaggia Magic Blues, è stata un'edizione da record

10.09.19 - 18:11
Un 2019 che resterà negli annali per qualità degli artisti e risposta dei fan
RÉMY STEINEGGER
La John Jorgenson Electric Band a Giumaglio.
La John Jorgenson Electric Band a Giumaglio.
Vallemaggia Magic Blues, è stata un'edizione da record
Un 2019 che resterà negli annali per qualità degli artisti e risposta dei fan

MAGGIA - Consegnata ormai agli archivi, l’edizione numero 18 del Vallemaggia Magic Blues è stata all'insegna della grande qualità, grazie alle ottime esibizioni dei big, la John Jorgenson Electric Band, la Miller Anderson Band (due superbi concerti), i Ten Years After, Philip Fankhauser, Ian Paice & Forever Deep, la Michael Dotson Mo’ Folk Blues Band ed Eric Gales, senza dimenticare che altri gruppi hanno sorpreso per la loro bravura, in primis i Delta Moon (concerto indimenticabile), i More Experience e la band dell’astro nascente Marc Amacher.

Il piccolo villaggio di Brontallo nella valle Lavizzara, tradizionale apertura della kermesse valmaggese, ci ha regalato uno spettacolo emozionante e di notevole livello: due artisti di sicuro valore, accompagnati da due solide band, per una “calda” notte all’insegna del Chicago Blues e non solo. Puntuale la risposta del pubblico, con record d’affluenza, se escludiamo il concerto di Eric Sardinas nel 2013. Come d’incanto lo spirito della musica del diavolo si è risvegliato. Ad aprire ufficialmente il Vallemaggia Magic Blues ci ha pensato la chitarra di Al Jones, musicista di colore, nato e cresciuto in Germania, ma con il blues nelle vene. L’inizio del concerto è stato piuttosto soft, complice un omaggio (“All my lovin’”) al grande Otis Rush. Con il sorgere della luna dietro le alte montagne della valle la musica ha preso d’incanto corpo e la band ha sciorinato con bella energia tutta una serie di brani, molti pescati nella tradizione invero, ma con una forte spruzzata di funky e swing, a renderli, all’ascolto, molto “attuali”. Non poteva mancare un omaggio all’amico Louisiana Red (due volte ospite del Vallemaggia Magic Blues). Partenza a razzo invece (e che classe!) per Michael Dotson, supportato alla perfezione dall’ottimo secondo chitarrista Frank Foglmann e da una solida sezione ritmica made in Italy. Per molti “aficionados” uno dei migliori concerti sentiti a Brontallo. Non un attimo di tregua. Oltre alla grande abilità e creatività alla sei corde, Dotson è un ispirato compositore e solo nel finale si è concesso qualche cover, spaziando dal “Good old Chicago Blues” alla Muddy Waters ad altri territori vicini ai suoi grandi maestri Magic Slim e Big Jack Johnson. Da ricordare le splendide “Cold day in Chicago” e “Grandpa Blues”, con Dotson ispirato alla slide a “duellare” con Foglmann. Pubblico e musicisti entusiasti, e concerto ben oltre la mezzanotte. Non poteva dunque esserci partenza migliore. 

Negli anni Giumaglio ha ospitato grandi chitarristi, basti pensare a Robben Ford o ad Alvin Youngblood Hart, ma questa edizione elegge di diritto il piccolo villaggio valmaggese a capitale della sei corde. Sul palco, una sera dopo l’altra, due tra i migliori a livello mondiale. Quello che John Jorgenson (soprattutto) ed Eric Gales hanno offerto ad un pubblico, giustamente in visibilio, resterà impresso a lungo nella memoria di chi ha avuto la fortuna di esserci! Vinta anche la scommessa di presentare, mercoledì sera, un “double main act” con la stessa sezione ritmica, dimostratasi eccellente, capace di supportare due musicisti dagli stili totalmente differenti. Al Brown ha offerto il suo set di Blues classico, che si rifà agli stilemi dei fifties, impreziosito da una pregevole venatura Jazz (“Is it true” “Early in the morning”), che ha permesso anche al tastierista Franz Bazzani di sciorinare assoli di gran spessore. Alan Thomson e Cesare Valbusa hanno avuto invece più spazio con l’inarrivabile John Jorgenson, autore di un concerto che farà bella mostra di sé nell’ideale bacheca della rassegna valmaggese. Difficile esprimere a parole ciò che abbiamo sentito, ma capiamo come grandi star quali Bob Dylan o Elton John l’abbiano voluto al loro fianco. Grande versatilità e riffs “straripanti” fanno di Jorgenson una sorta di enciclopedia della chitarra, capace, con irrisoria naturalezza, di passare da uno stile all’altro, dal Rock (anche hard nel bis, omaggio agli Who) al Country, dal Progressive del brano di apertura “All about” al Folk, al George Harrison di “All things must pass” allo stile Jingle-jangle dei Kings di “Caffè amaro”, con mirabili assolo, da pelle d’oca, capaci di trasportare lo spettatore in voli pindarici verso luoghi di rara bellezza sonora. Classe pura! Giovedì sera, dopo la convincente esibizione della band (quasi tutti brani originali) del duttile e bravo chitarrista Fabio Marza dal Blues-rock intriso di sapori Southern e rimandi a J.J. Cale, è toccato ad Eric Gales inondare la piazza di note, sparate, nel vero senso della parola, dalla sua curiosa chitarra. Suona da mancino, pur non essendolo, solo perché in tenera età ha imbracciato così la sua prima chitarra. Con alle spalle una band granitica e molti fans venuti apposta per lui, il “derviscio” ha offerto un Blues Funk molto moderno con qualche incursione “rap”, disegnando sulla chitarra ghirigori a velocità stratosferica. Gales ha pescato a piene mani dai suoi ultimi lavori “The bookends” e “Middle of the road”, accolti molto bene anche dalla critica specializzata. Curioso comunque il fatto che con ben 18 album alle spalle il nostro abbia raggiunto solo negli ultimi tempi quella fama che può arrogarsi di diritto nel mondo del Blues del XXI secolo.

Il 50° del Festival di Woodstock era un’occasione d’oro per il Producing Team per festeggiare un’epoca (la fine degli anni sessanta), nella quale la musica veicolava messaggi ben più forti e degni rispetto ad oggi. Non è una commemorazione quella voluta dal Vallemaggia Magic Blues, bensì la volontà di mostrare alle “nuove generazioni” il significato di stare assieme e di mirare a migliorare la nostra qualità di vita. Allora le tematiche erano la lotta contro le guerre, per l’emancipazione femminile e contro la discriminazione razziale. Oggi se ne aggiunta una ancora più vitale, la salvaguardia del pianeta stesso, in pericolo come non mai, soprattutto per l’ottusità di certi potenti e gli interessi legati all’economia delle multinazionali. Scorrendo la scaletta della tre giorni del 1969 non è stato facile scovare gruppi o artisti ancora in attività. Chi per motivi tecnici (Canned Heat: tour previsto solo ad ottobre), chi perché non più in attività; alla fine fari puntati sui Ten Years After e sulla Miller Anderson Band, reduci di Woodstock, almeno in parte. A completare i set le migliori tribute band di Jimi Hendrix, dei Creedence Clearwater Revival e una scatenata Arianna Antinori, novella Janis Joplin. Programma stuzzicante che ha riempito di fans la piazza di Cevio sia mercoledì che giovedì. La scelta dei gruppi si è rivelata azzeccata. Tutti concerti memorabili. Alla sorprendente band di Arianna Antinori è toccato l’onere di aprire il festival. Che grinta e che voce, ragazzi! Alle spalle un quartetto di tutto rispetto la cantante ha subito dimostrato di avere la propria personalità ed è la classe cristallina ad avvicinarla a Janis Joplin, di cui ha presentato diversi brani, anche se il concerto era soprattutto un omaggio alla musica dei sixties. Apertura e chiusura con due brani simbolo del miglior gruppo hard rock (e non solo) di sempre, una “Whole lotta love” e una “Rock’n’roll” degna dei Led Zeppelin. La Miller Anderson Band ha riproposto il set della Keef Hartley Band, condendolo con brani sixties, il tutto ben imbastito con un sound pulito e lunghe e spettacolari “cavalcate” di violino, sax, chitarra e tastiere. Un concerto, il migliore della tre giorni per chi vi scrive, di grande spessore, grazie ad una band coesa ed un Miller Anderson in gran forma. Chiusura con il leggendario “Bayou rock” di John Fogerty, grazie alla Creedence Clearwater Revived, che ha saputo infiammare (alle 23.30!) una piazza mai sazia di ottima musica. Allora via a tutta una serie di hits, dall’iniziale “Proud Mary”, passando per molti dei capolavori di Fogerty. Finale con “Hey tonight” e con tutto il pubblico a cantare con la band il ritornello di “Have you ever seen the rain”. Una prima serata che non poteva essere migliore. Chi si aspettava una seconda serata meno densa, beh, si è sbagliato di brutto! La More Experience di Marcel Aeby ha confermato di essere una delle tribute band di Jimi Hendrix migliori al mondo. Show tesissimo, più di un’ora di grande musica a ripercorrere, fedeli all’originale, molti cavalli di battaglia del mancino di Seattle presentati a Woodstock, con Aeby e la sua chitarra “a spasso” tra il pubblico. Anche i Ten Years After si sono presentati in gran spolvero ed hanno proposto con i nuovi Bonfanti e Hodgkinson, musicisti di classe, una carrellata tra nuovi e vecchi brani, dedicando la parte finale alla scaletta completa di Woodstock con il gran finale di “I’m going home”.

La settimana di Cevio prevedeva oltre all’omaggio a Woodstock la serata denominata “Special Rock Night”. Quest’anno grande invitato Ian Paice, il mitico batterista dei Deep Purple, che non ha deluso le attese, fornendo assieme ai veronesi Forever Deep un concerto al fulmicotone. Impressionante la classe e soprattutto l’energia con la quale Paice (71 anni) suona per quasi due ore la “sua” batteria. Molto bravi anche i membri dei Forever Deep, che assieme al batterista hanno riproposto tutta una serie di classici dei Deep Purple, dalla iniziale “Hush”, passando per “Highway star”, “Child in time”, “Burn” fino all’immancabile finale di “Smoke on the water”, di nuovo “fatto proprio” dalla piazza. Prima di loro ci hanno pensato i Those Furious Flames e Andrea Bignasca a scaldare la piazza. I primi, uno dei gruppi più longevi del Ticino, hanno proposto il loro personale sound, intriso di suoni che rimandano ai grandi gruppi hard degli anni settanta (echi di Deep Purple, Led Zeppelin e anche, a tratti, Black Sabbath). In scaletta molti brani dalla loro ultima fatica, un lavoro interessante, anche a livello di testi, disponibile a breve. Andrea Bignasca, stavolta con la sua band, ha confermato alla grande la sua evoluzione verso suoni più rock, fornendo, come sa fare lui, un concerto teso e vibrante, emotivamente coinvolgente, molto apprezzato dal numeroso pubblico presente. Perfetta la band con musicisti ormai più che rodati quali Gianandrea Costa (basso) e Oliver Illi (tastiere). Al termine di questa lunga maratona restano impresse nella mente tutta una serie di istantanee da incorniciare per una tre giorni indimenticabile (e forse irripetibile) di Vallemaggia Magic Blues.

Per la piazzetta di Avegno sin dagli albori del Vallemaggia Magic Blues è tradizione una serata spensierata, allegra, che di solito, chiude la rassegna valmaggese. Il Producing Team non ha voluto venir meno nemmeno per questa edizione, pur mancando ancora una settimana alla chiusura della kermesse, prevista per questa edizione a Maggia. Largo allora martedì agli scatenati Band goes Wild con il loro sound intriso di Rock’n’Roll e Boogie Woogie. Il gruppo svizzero si è fatto apprezzare per la carica del proprio show, coinvolgente e apprezzato dal pubblico. In particolare evidenza il sound bluesy del chitarrista Larry Schmucki e il boogie del tastierista “Hamp” Ruosch. Non sono stati da meno Slick Steve & The Gangsters, che finalmente hanno potuto suonare al Vallemaggia Magic Blues dopo l’acquazzone dello scorso anno che ne impedì l’esibizione. La loro musica, fatta di molteplici contaminazioni vintage, che pescano nei vari generi, dagli anni ’20 agli anni ’60, hanno contribuito a creare il tipico sound di molti gruppi. A chiudere gli occhi certi passaggi del bravo chitarrista Allen B. Goode oltre al canonico Rock’n’Roll, rimandavano alle colonne sonore di certi film di Jim Jarmusch e al Quentin Tarantino di "Pulp Fiction", al sound inizio anni ’60 del Surf Rock di Dick Dale & Del-Tones. Il tutto impreziosito dalle “folli” esibizioni on stage di Steve Slick, cantante, giocoliere e clown, che ha immancabilmente finito per coinvolgere tutto il pubblico in una sfrenata e divertente festa danzante. Un concerto pazzoide insomma, diverso da tutti gli altri, molto divertente! Ogni edizione del Vallemaggia Magic Blues presenta puntualmente il gruppo “sorpresa”, quello che non ti aspetti. Giovedì sera entusiasmo a mille (a ragion veduta) per i Delta Moon, gruppo di Atlanta, poco conosciuto alle nostre latitudini, ma che ha dimostrato classe da vendere, presentando due ore di musica magistralmente eseguita. Ma andiamo con ordine. Dovendo valutare la salute del Blues di casa nostra, possiamo ritenerci più che soddisfatti. La Delta Groove Band è un'altra bella realtà del “Blues made in Ticino”. Il pubblico ha giustamente apprezzato. La loro interpretazione, in chiave moderna, della musica dell’immortale Robert Johnson è notevole, eseguita con vera dedizione. Le varie “Walkin Blues” “Terraplane Blues” sono state l’ideale trampolino di lancio per il concerto dei Delta Moon, quartetto con doppia chitarra slide, che dal primo accenno, ci ha trasportati, sull’onda delle sinuose note di Mark Johnson e Tom Grey, nei territori rurali e paludosi del sud. Musica suonata con l’anima, un amalgama perfetto di Mississippi Blues, Americana Roots Music, Southern e Swamp Rock, che dalle origini (e qui parliamo di nuovo di Robert Johnson) ci porta verso un sound moderno di cui la band è senza ombra di dubbio esponente di primissimo ordine. Tra i musicisti e gli spettatori si è creato un feeling eccezionale, come capita raramente, solo con grandi interpreti e i molti brani tratti dall’ottimo “Babylon is falling” hanno una forza magnetica da pelle d’oca. Splendide anche le cover “Skinny woman” e “Nobody’s fault but mine” (Blind Willie Johnson) che ci rimandano alla Allman Brothers Band e al County Hill Blues dei North Mississippi Allstars, due capisaldi della musica “sudista”. Davvero un concerto indimenticabile, con la speranza di rivederli presto di nuovi alle nostre latitudini. Grazie a gruppi come i Delta Moon la musica continuerà a regalare emozioni al popolo del Blues.

Il sigillo alla 18a edizione del Vallemaggia Magic Blues ha una firma d’eccezione. È toccato all’astro nascente Marc Amacher e al miglior bluesman svizzero Philip Fankhauser chiudere la rassegna. Lo hanno fatto a loro modo, chi con un Blues-rock molto energico, chi coinvolgendo la piazza stipata di fans soprattutto grazie alla magia di calde ballads soul. Mercoledì sera pubblico meno numeroso del solito per via della pioggia che durante tutto il giorno ha creato non pochi problemi allo staff tecnico. Come d’incanto niente pioggia la sera e possibilità per i fans più coraggiosi di gustarsi tre esibizioni di spessore. Se dobbiamo valutare la salute del Blues europeo, dopo aver ammirato i tre gruppi proposti dal Producing Team, possiamo stare tranquilli. I croati Two Blue hanno subito catturato l’audience, grazie alla bella voce di Marjia Gasparic, validamente supportata dal chitarrista che ha dovuto, in tutta fretta, sostituire il titolare ammalato. Molti brani originali, testi di vita quotidiana e una “curiosa” cover di “Stormy Monday” il piatto forte della performance. La band dell’ottimo chitarrista tedesco Richie Arndt si è rivelato un trio di buon livello, che ha impressionato per compattezza e precisione: un Blues-rock di altri tempi. Notevoli i solo di Arndt, cimentatosi con successo pure nella difficile cover del grande Rory Gallagher “Laundromat”, che assieme all’intensa interpretazione di “Walking in Memphis” di Marc Cohn hanno dato grande lustro all’esibizione della band. Chiusura con il quartetto norvegese di Eric “Slim” Zahl. Musica muscolosa, che spazia dal Blues canonico anni ’50, intriso di Jump e Rockabilly fino a sentori di Jazz. Oltre al leader, dotato di una gran voce e abile chitarrista, si è segnalato l’ottimo tastierista Daniel T. Røssing, già nel gruppo di Chuck Berry! Apoteosi finale di un’edizione forse irripetibile del "Vallemaggia Magic Blues" giovedì con una piazza straripante, una serata perfetta sotto ogni punto di vista. A scaldare il numeroso pubblico ci ha pensato la Marc Amacher Band. L’astro nascente del Blues made in Switzerland, dotato di una voce roca (vagamente ricorda il primo Rod Stewart, quello dei Faces), che ti penetra sotto la pelle, ha offerto un set di Rock-blues, condito con Boogie e Rock’n’Roll, senza compromessi, mantenendo alta la tensione per tutto lo show, fino al gran finale di “Early in the morning”, ben supportato dal granitico chitarrista Philipp Gerber e da una solidissima sezione ritmica, con pochi fronzoli. Gran finale con il ticinese di adozione Philipp Fankhauser, confermatosi in tutto e per tutto il numero uno del Blues svizzero. Con la sua eccezionale band ha iniziato incantando la piazza con brani dal sapore Soul, impreziositi dalla sua suadente voce (definita da Downbeat “caramel-and-charcoal voice”, poi è passato via via al Blues (Chicago Trade Mark), con passeggiata finale (chitarra a tracolla) in mezzo al pubblico. Un concerto insomma perfetto, dominato dalla classe e dalla grande presenza sul palco di Fankhauser, pronto a più riprese a scherzare con il pubblico o a stuzzicarlo per poi ripartire alla grande, pescando dalla sua lunga discografia, giunta al 16° album. Due ore di grande musica e gran finale con Marco Jencarelli (chitarra) e Hendrix Ackle (keyboards) in gran spolvero e ospite a sorpresa, il promettente cantante-chitarrista alsaziano Flo Bauer.

Questa edizione del "Vallemaggia Magic Blues" passa agli annali come una delle migliori in assoluto, dieci serate di grande musica. Ora il Producing Team, che da due anni, dopo la dipartita del grande Hannes "The producer" Anrig si occupa della programmazione, è già al lavoro per preparare la prossima edizione (con l’improbo compito di proporne una altrettanto valida) e quella, piena di sorprese, del giubileo del 2021, nella quale la rassegna festeggerà il 20°. Allora attenti alle date: dal 10 luglio 2020 a Brontallo fino al 6 agosto a Maggia.

Vallemaggia Magic Blues è promosso dall’omonima Associazione con il sostegno dell'Organizzazione turistica Lago Maggiore e Valli, del Cantone con Swisslos, dei Comuni della Valle e dei numerosi sponsor, che hanno creduto e continuano a credere in “The smallest big blues festival in Switzerland”; lo sponsor principale Heineken, il co-sponsor principale Raiffeisen, affiancati da Hans e Vivian Borter, Delea Vini & Distillati, Rapelli SA, Henniez, Interroll, Azienda Forestale di Cevio, Matthias Tüngler, Azienda Forestale di Avegno, Elektroplan AG, Caffé Carlito, HolAp, Pro Brontallo, Diamond, Clear Channel, L-Sound e Protectas. Sostengono la manifestazione pure la Fondazione Cultura nel Locarnese, Policentro, Società Elettrica Sopracenerina, Bibite Romerio, Macelleria Valmaggese, Tipografia Bonetti, Freidesign e Ticketcorner. I media partner sono laRegione, Radio Ticino, Rete Uno, TicinoBy Night and Day e Tio/20minuti.

 

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