“Norman Fucking Rockwell” è un malinconico e strepitoso disco fuori dal tempo nel quale la californiana si supera ancora una volta
LOS ANGELES - Da sempre altra faccia della medaglia del pop-statunitense è Lana Del Rey che esce proprio in questi giorni con “Norman Fucking Rockwell”, seguito del fortunato e abbastanza clamoroso “Lust for life” e (pure questo) prodotto da Jack Antonoff.
La sirena delle spiagge impasticcate californiane, pur cambiando parecchio, resta fedele a sé stessa. Diversi i suoni, meno sintetici e più puliti (le atmosfere rarefatte e gli echi a catinelle piuttosto sembra averglieli scippati Taylor Swift nel suo "Lover") ma resta inalterato l’approccio ai brani.
Storie maledette di amori bruciacchiati e personaggi ai limiti estremi raccontati con suoni vintage e scelte decisamente fuori dai canoni. Dimenticatevi le atmosfere e i singoloni del passato: qui la parte del leone la fa la semplicità con ballate piano e voce, folk spartano e – in un paio di casi – pure qualche batteria elettronica un po' trip-hop.
Insomma, è un po’ diversa, ma è sempre lei. Ed è un gran bel disco.