Jack Lawrence-Brown (batteria) narra la genesi di “Five” (Pias, 1. febbraio 2019), il quinto album dei White Lies
di Marco Sestito
LONDRA - «Il processo di lavorazione di questo disco ci ha liberato da certi meccanismi dettati dall’industria discografica», mi spiega Jack, che con Harry McVeigh (voce, chitarra) e Charles Cave (basso) condivide la line-up del combo britannico.
Un album, “Five”, co-prodotto con Ed Buller (Suede, Pulp), che «chiude la nostra prima fase di esistenza, proiettandoci all’interno della seconda». «”To Lose My Life” (Fiction, 2009 - l’album di esordio, ndr) è il miglior disco che avremmo potuto realizzare a diciannove anni, mentre “Five” è il miglior progetto che avremmo potuto dare alla luce a trenta».
Non si tratta di retorica e nemmeno di affermazioni orchestrate a priori in vista della promozione “di un nuovo prodotto”. È così. Così, come Jack Lawrence-Brown ha sintentizzato, pochi istanti dopo l’inizio della nostra telefonata.
“Five” documenta - in nove tracce ammalianti, tra cui una, l’apertura, di oltre sette minuti, “Time To Give” -, la maturazione personale e artistica del gruppo. Riverberi new wave/post punk tornano a correre lungo i microsolchi, questa volta all’interno di strutture meno cupe e più melodiche rispetto al passato, costruite in una zona di penombra, synth-pop oriented.
«Nel 2016, sul finire del tour in supporto a “Friends” (Infectious Music, 2016), non eravamo più in possesso di un contratto discografico», prosegue Jack. «Per cui, per la prima volta, abbiamo incominciato a muoverci senza pressioni, lavorando al nuovo materiale servendoci di tutto il tempo necessario. Il nuovo accordo con Pias ha preso forma soltanto una volta portato a termine l’intero lavoro».
«Charles da qualche tempo vive in California, per cui gli embrioni delle nuove canzoni si sono sviluppati sull’asse San Francisco-Londra», continua. «Embrioni che, successivamente, in sede di pre-produzione, abbiamo rielaborato con Ed (Buller) a Los Angeles». «Terminata anche quella fase, dopo il rientro a Londra, abbiamo dato avvio alle sessioni di registrazione, affidandole a Flood e ad Alan Moulder, tra le mura degli Assault & Battery Studios».
Un disco, per di più, “Five”, le cui influenze si collocano su più fronti: «Credo che New Order e Joy Division giochino un ruolo importante all’interno di un brano come “Never Alone”, così come i Black Sabbath in “Fire and Wings”; mentre “Finish Line” e “Kick Me”, intanto, si cibano di sonorità puramente floydiane», conclude Jack Lawrence-Brown.
Info: whitelies.com