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AvanTII primi sensori per veicoli satellitari stampati in 3D

07.09.22 - 08:00
I sensori al plasma per satelliti stampati in 3D del MIT funzionano bene come quelli più costosi a semiconduttore
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I primi sensori per veicoli satellitari stampati in 3D
I sensori al plasma per satelliti stampati in 3D del MIT funzionano bene come quelli più costosi a semiconduttore

I ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno realizzato per la prima volta completamente in digitale dei sensori al plasma per veicoli satellitari. Questi dispositivi, conosciuti anche come analizzatori di potenziale ritardante (RPA), vengono utilizzati dai satelliti per determinare la composizione chimica e la distribuzione dell’energia ionica nell’atmosfera. La ricerca è stata pubblicata su Additive Manufacturing.
I nuovi sensori, costruiti a partire dalla vetroceramica come materia prima ma sfruttando il processo della stampa 3D di materiali plastici, hanno mostrato le stesse prestazioni rispetto ai sensori a semiconduttore di ultima generazione che vengono prodotti in camera bianca, cioè il laboratorio ad atmosfera controllata per salvaguardare dalla polvere le tecnologie satellitari durante la fase di realizzazione. Questo metodo è costoso e richiede settimane di fabbricazione. Al contrario, i sensori al plasma realizzati in 3D possono essere prodotti in pochi giorni e a basso prezzo, il che li rende ideali per i nanosatelliti usati nelle comunicazioni e nel monitoraggio ambientale in alta atmosfera.
I sensori contengono una serie di maglie caricate elettricamente punteggiate da minuscoli fori.
Quando il plasma passa attraverso i fori, gli elettroni e altre particelle vengono eliminati fino a quando rimangono solo gli ioni. Questi ioni creano una corrente elettrica che il sensore misura e analizza. La chiave del successo dei sensori al plasma, pertanto, sta nella perfezione della struttura abitativa che allinea le maglie, che devono resistere agli improvvisi e drastici sbalzi di temperatura in atmosfera ed essere elettricamente isolanti. Gli scienziati hanno quindi adoperato un materiale in vetroceramica stampabile che mostra queste proprietà, noto come Vitrolite.
La vetroceramica è più resistente del silicio e dei rivestimenti a film sottile comunemente usati per costruire i sensori al plasma. Il processo di stampa 3D per la ceramica, tuttavia, si basa sulla fusione della polvere di ceramica attraverso un laser, una tecnica che lascia molte imperfezioni e non è quindi adatta alla realizzazione di precise griglie di maglie isolanti. Per risolvere il problema, i ricercatori del MIT hanno utilizzato la polimerizzazione in vasca e la produzione additiva, una particolare strategia di stampa 3D utilizzata per la resina. Questa tecnica prevede che l’oggetto finale venga costruito uno strato alla volta immergendolo ripetutamente in una vasca di materiale liquido, in questo caso la Vitrolite. Ogni volta che uno strato viene immerso in vasca, sopra a quelli precedenti già messi insieme, avviene la polimerizzazione del materiale.
In questo modo, grazie alla Vitrolite e a strati dallo spessore di soli 100 micron, cioè circa il diametro di un capello umano, gli scienziati del MIT sono riusciti a realizzare digitalmente i sensori al plasma senza alcuna imperfezione. Hanno così costruito sensori dalle forme molto complesse con maglie isolanti fabbricate con una precisione unica. Queste maglie, tagliate al laser in forme perfette, garantiscono un loro allineamento in modo assoluto, una caratteristica che rende i sensori 3D del MIT in grado di misurare i valori dell’energia atmosferica con una risoluzione molto più elevata.

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