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AvanTINuova plastica simile al PET dalla biomassa di scarto

12.08.22 - 08:00
I ricercatori dell’EPFL hanno sviluppato una plastica facilmente ricavabile dalle parti non commestibili delle piante
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Nuova plastica simile al PET dalla biomassa di scarto
I ricercatori dell’EPFL hanno sviluppato una plastica facilmente ricavabile dalle parti non commestibili delle piante

Gli scienziati dell’Università politecnica federale di Losanna (EPFL) hanno sviluppato una nuova plastica simile al PET che è facilmente ricavabile dalle parti non commestibili delle piante. La plastica è dura, resistente al calore e costituisce una buona barriera ai gas come l’ossigeno, il che la rende un ottimo candidato per l’imballaggio alimentare. Grazie alla sua struttura, la nuova plastica può anche essere riciclata chimicamente e degradarsi in zuccheri innocui nell’ambiente.
Inoltre, utilizzata nella stampa 3D, potrebbe fornire un’alternativa valida e più forte al PLA, adoperato per applicazioni come imballaggi e bottiglie.
Lo sviluppo di polimeri degradabili o riciclabili a base di materiale vegetale non commestibile denominato “biomassa lignocellulosica” rientra negli sforzi per affrontare i problemi derivanti sia dall’uso di combustibili fossili che dall’accumulo di plastica nell’ambiente. Tuttavia, produrre plastica competitiva a base di biomassa non è semplice. La ragione per cui le plastiche convenzionali sono così diffuse sta nel fatto che combinano basso costo, stabilità al calore, resistenza meccanica, lavorabilità e compatibilità, caratteristiche che qualsiasi sostituto alternativo della plastica deve eguagliare o superare.
Oggi, i ricercatori dell’EPFL guidati dal professor Jeremy Luterbacher della School of Basic Sciences hanno creato con successo una plastica, simile al PET, che soddisfa i criteri per sostituire diverse plastiche attuali ed è anche più rispettosa dell’ambiente. «In sostanza, ‘cuociamo’ semplicemente legno o altro materiale vegetale non commestibile, come i rifiuti agricoli, in prodotti chimici economici per produrre il precursore della plastica in un solo passaggio», ha affermato Luterbacher. «Mantenendo intatta la struttura dello zucchero all’interno della struttura molecolare della plastica, la chimica è molto più semplice delle alternative attuali».
La tecnica si basa su una scoperta pubblicata da Luterbacher e colleghi nel 2016, in cui l’aggiunta di un’aldeide riesce a stabilizzare alcune frazioni di materiale vegetale, evitandone così la distruzione durante l’estrazione. Partendo da questa reazione, i ricercatori dell’EPFL sono riusciti a ricostruire una nuova sostanza chimica bio-based per produrre plastiche a base di poliestere.
«Usando un’aldeide diversa, l’acido gliossilico invece della formaldeide, possiamo semplicemente agganciare gruppi ‘appiccicosi’ su entrambi i lati delle molecole di zucchero, il che consente loro di agire come mattoni di plastica. Utilizzando questa semplice tecnica, siamo in grado di convertire fino al 25% del peso dei rifiuti agricoli, o il 95% dello zucchero purificato, in plastica», ha spiegato Lorenz Manker, il primo autore dello studio.
Grazie alle loro proprietà, queste materie plastiche potrebbero essere utilizzate in applicazioni che vanno dall’imballaggio al tessile, dalla medicina all’elettronica. I ricercatori hanno già realizzato pellicole per l’imballaggio, fibre che potrebbero essere filate per creare abiti o altri tessuti e filamenti per la stampa 3D. «La plastica ha proprietà molto interessanti, in particolare per applicazioni come l’imballaggio alimentare. E ciò che rende la plastica unica è la presenza di una struttura zuccherina intatta. Questo la rende incredibilmente facile da produrre, perché non è necessario modificare ciò che la natura ci offre, e semplice da degradare, perché può tornare a una molecola che è già abbondante in natura», ha dichiarato Luterbacher.

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