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ATEDL’Officina delle idee tra innovazione e sostenibilità

12.08.22 - 08:45
Al via la nona edizione del ciclo di conferenze “Un'officina delle idee”.
Ated Ticino
L’Officina delle idee tra innovazione e sostenibilità

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Al via la nona edizione del ciclo di conferenze “Un'officina delle idee”.
Incontri per l'innovazione nella formazione professionale con al centro lavoro, produzione e formazione.

Si sviluppa a partire dal 29 settembre la nona edizione del ciclo di conferenze “Un'officina delle idee”, organizzata dalla Scuola universitaria federale per la formazione professionale (SUFFP), in collaborazione con la Conferenza della Svizzera italiana per la formazione continua degli adulti (CFC), la Divisione per la formazione professionale (DFP) e Swiss Leaders.

Si tratta di una sere di sette incontri sull’innovazione nella formazione professionale, in cui si affrontano le diverse dimensioni che possono rendere il lavoro sostenibile e fonte di realizzazione, guardando ad una esperienza di punta del passato, che mantiene una grande attualità. Infatti, l’idea alla base è di muoversi: “sulle orme di Adriano Olivetti. Lavoro, produzione, formazione: la riscoperta della responsabilità solidale verso persone, cose e risorse “. E proprio per avere un’idea più precisa dell’iniziativa abbiamo raggiunto Furio Bednarz, collaboratore Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale SUPSI e moderatore del secondo appuntamento della rassegna in calendario per il 10 novembre. Un incontro che si tiene presso l'Aula Magna della SUFFP dal titolo: “Responsabilità e lavoro che cambia nell'ottica di genere”, con relatrici Ornella Larenza (SUPSI) e Cristina Giotto (ated-ICT Ticino).

Signor Bednarz, al centro della tavola rotonda da lei moderata si rifletterà di equità di genere come componente essenziale della responsabilità sociale e della sostenibilità. In che modo, secondo lei, la valorizzazione delle risorse e delle competenze delle donne, può aiutarci a affrontare e vincere le sfide del mondo che cambia?

«Di fatto, le statistiche ci dicono già che in Svizzera l’equilibrio del mercato del lavoro è stato garantito, negli ultimi trent’anni, dall’apporto crescente degli stranieri, ma in generale soprattutto dall’accresciuta partecipazione delle donne alla vita professionale, anche se in Ticino si scontano ancora ritardi rispetto al resto del Paese. Ma il rischio è che prevalga un approccio utilitaristico al tema, che non valorizzerà per forza di cose l’apporto delle donne al cambiamento richiesto dall’evoluzione in atto. Se è necessario superare la visione stereotipata dei lavori declinati al femminile o al maschile, non si deve negare la specificità delle competenze delle donne, ma rileggerle abbattendo barriere virtuali, che le vogliono adatte a certe funzioni piuttosto che ad altre, e tetti di vetro che ne impediscono lo sviluppo di carriera.

Ne parleremo durante la serata con due interlocutrici straordinarie, che porteranno le loro conoscenze ma anche le loro esperienze personali.

La sfida, quindi, non è negare il valore della specificità del genere, ma evitare di farne un ghetto o una gabbia. Vi sono potenzialità enormi nella trasformazione che stiamo vivendo, in un clima di enorme incertezza e volatilità: risiedono nell’evidenza ormai condivisa che la rivoluzione digitale imponga non solo e non tanto competenze STEM, ma anche il possesso di soft skill che permettono di interfacciare ruoli diversi, assumere decisioni in modo coraggioso e creativo. Emerge la necessità di nuove forme di leadership fondate sulla cura e le relazioni. Tutto questo può premiare l’apporto delle donne».

Quali sono le esperienze nel nostro territorio che sembrano funzionare e in cui equità di genere e responsabilità sociale sono ben bilanciati?

«Ci attendiamo di farle emergere durante la serata del 10 novembre. L’esperienza di Equilab, che riprende l’impegno di un’associazione benemerita come Dialogare, è sicuramente interessante. Ci sono Organizzazioni del mondo del lavoro che promuovono sensibilità nei confronti del tema. Aiti appare, ad esempio, molto attiva con la sua piattaforma AITI4Welfare, che pone la questione in un’ottica integrata di sviluppo del benessere organizzativo, e lo è ated-ICT Ticino, a partire dall’orientamento e dal lavoro con i più giovani, che è molto importante.

Siamo in una fase evolutiva, ed è importante che il tema della responsabilità sociale sia posto al centro dal Cantone nelle sue politiche economiche, vedremo se le aziende lo sapranno declinare in una fase dove ci si sta rendendo conto di quanto prezioso sia disporre di risorse umane adeguate».

Infine, la pandemia quanto ha rimescolato le carte e modificato nel mondo delle imprese abitudini, con ad esempio l’introduzione dello smart working? E quanto queste evoluzioni saranno irreversibili e realmente a vantaggio delle donne e delle madri?

«Siamo di fronte a due questioni diverse: l’irreversibilità dei cambiamenti è nei fatti, un ritorno al passato è impensabile, perché aver sperimentato forme nuove di lavoro ha prodotto un cambio di prospettiva nelle persone, che va molto al di là del lavorare da casa: vi è ricerca di senso, volontà di poter crescere e organizzarsi in autonomia. Certamente, nuove regole andranno scritte e all’interno di questo esercizio sarà centrale la questione dell’equità di genere, in un futuro del lavoro che probabilmente sarà ibrido.

Ragionando in termini di New Work e gender, non dobbiamo, tuttavia, dimenticare come siano molte le ambivalenze e contraddizioni: si aprono spazi nuovi da esplorare ma anche spazi di vita e lavoro da ripensare. Si deve prestare attenzione a non creare nuove polarizzazioni tra chi potrà beneficiare e chi no delle trasformazioni in atto. Vanno ripensati i luoghi e i tempi di vita e lavoro, a cominciare dagli spazi abitativi e dal lavoro di cura. Lo si deve fare assieme, pensando ad una società aperta in grado di riprodursi in modo sostenibile ed equo».


Questo articolo è stato realizzato da ated - Associazione Ticinese Evoluzione Digitale, non fa parte del contenuto redazionale.
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