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MONDOIl 17% dei conflitti globali è in Medio Oriente

02.01.17 - 18:06
La regione ha fatto registrare il 45% degli attacchi terroristici e il 57,5% dei profughi
Il 17% dei conflitti globali è in Medio Oriente
La regione ha fatto registrare il 45% degli attacchi terroristici e il 57,5% dei profughi

WASHINGTON - A sei anni dall'inizio delle primavera arabe, il Medio Oriente appare come un inferno sempre più infiammato, soprattutto per i giovani: la regione araba, nonostante ospiti solo il 5% della popolazione mondiale, registra il 17% dei conflitti globali, il 45% degli attacchi terroristici e il 57,5% dei profughi, secondo un esplosivo rapporto dell'Onu di 270 pagine.

Se tra il 2000 e il 2003 nel Medio oriente c'erano 4 conflitti, tra il 2010 e il 2015 il numero è salito a 11 ed entro la fine di questo decennio tre Paesi su quattro della regione potrebbero essere «vulnerabili ad un conflitto».

Allarmanti i dati sui giovani della regione, dove almeno il 30% della popolazione ha tra i 15 e i 29 anni (105 milioni di persone) e il 60% della popolazione è sotto i 30 anni. Per loro l'indice di sviluppo umano (Hdi) nei cinque anni dopo il 2010 è stato la metà di quello dei dieci anni precedenti e ampiamente sotto la media mondiale.

Nel 2014 la disoccupazione era due volte sopra la media mondiale (quasi il 30% dei giovani arabi, contro il 13,99% nel resto del mondo). Dati che aprono la strada al radicalismo o alle proteste. Il rapporto stima infatti che i giovani arabi siano inclini a scendere in piazza due volte di più dei giovani di altri Paesi con un reddito medio, mentre sulla propensione al voto il rapporto è 68% contro l'87%, una differenza che rivela la loro minore fiducia nella democrazia e nella possibilità di cambiare le cose.

La valutazione dell'Onu è che nel Medio Oriente sono necessari circa 60 milioni di posti di lavoro entro il 2020 per cominciare a venire incontro alle necessità, prima ancora che alle aspettative, dei giovani arabi.

Le implicazioni sono chiare, secondo il rapporto: «A meno che i leader di alcuni dei Paesi più popolosi del Medio Oriente non raccolgano la sfida e creino lavoro - e quindi speranza - per la loro crescente giovane popolazione, ci saranno più conflitti e questi problemi - a differenza dei primi giorni delle primavere arabe - potrebbero non restare a casa».

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