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CANTONELa guerra pesa sull'economia? «I mercati stanno tenendo botta»

24.03.22 - 21:15
Gli esperti sono fiduciosi: «Niente recessione, nemmeno se i prezzi del petrolio rimanessero elevati»
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La guerra pesa sull'economia? «I mercati stanno tenendo botta»
Gli esperti sono fiduciosi: «Niente recessione, nemmeno se i prezzi del petrolio rimanessero elevati»
«I mercati sembrano più preoccupati dall'inflazione che dalla guerra in Ucraina»

LUGANO - Dopo la pandemia, la guerra. Un disastro per l'economia? Affatto, i mercati sembrano aver assorbito bene lo shock economico della guerra, tanto che UBS prevede una crescita globale positiva nel corso dell'anno.

È parte di quanto emerso durante la tavola rotonda online “Mercati in tempo di guerra – scenari e implicazioni per gli investitori finanziari”, organizzata ieri dall'Associazione Bancaria Ticinese (ABT). Finita la pandemia, invece di una normalizzazione delle oscillazioni borsistiche si è nuovamente tornati a una fase di fortissima instabilità a causa del conflitto tra Russia e Ucraina. Quali sono le prospettive a medio termine?

«Shock assorbito bene, per ora»
Per Antonio Mele, Professore di finanza USI e Ricercatore Swiss Finance Institute, «è un periodo molto intenso, tra pandemia, inflazione e guerra, con sempre più punti interrogativi relativi all'interdipendenza strategica delle nazioni, ad una sempre più pressante transizione verde, ad investimenti pubblici massicci (spese militari e di sicurezza?) e in particolare all'inflazione».

Qual è però l'impatto di questo shock d'incertezza, visto che il 13% del totale della produzione globale di petrolio è in Russia? «I mercati sembrano aver assorbito lo shock in modo più composto rispetto ad altre volte (ad esempio la crisi finanziaria del 2008, o la pandemia), e gli operatori non si aspettano che la crisi possa durare più di 4/5 mesi». Chiaramente il mercato «può sbagliarsi, bisogna vedere come continuerà, però ci sono segnali incoraggianti».

Ciò che poi è chiaro è che «i mercati sembrano più preoccupati dall'inflazione che dalla guerra in Ucraina», d'altronde «i mercati sono più nervosi quando c'è un problema di domanda, più che di offerta». Stabilizzare l'inflazione, inoltre, rappresenterebbe un modo anche per risolvere anche alcuni dei problemi legati all'energia. 

«Una crescita globale positiva»
Secondo Elena Guglielmin, Senior Credit Analyst presso UBS, «tutti gli shock geopolitici (e sanitari, come abbiamo visto due anni fa), creano una forte correzione di mercato nella prima settimana, seguita da una ripresa piuttosto veloce». La volatilità dei mercati continuerà ad essere presente «perché dovuta principalmente all'inflazione (che non si è rivelata temporanea come previsto) e che è stata condizionata anche da questa situazione bellica». Non tanto per l'impatto primario derivante dal conflitto (perché Russia e Ucraina rappresentano il 2% del PIL mondiale) ma per gli effetti secondari, quelli dovuti al rincaro delle materie prime (prezzo del petrolio salito da 97 a 140 dollari al barile, ad esempio, o grano e frumento). 

Secondo un'analisi di UBS, anche se il prezzo del petrolio Brent rimanesse elevato per un periodo protratto «ciò non sarebbe comunque sufficiente per portarci in recessione, ma toglierà vigore alla crescita post-pandemica». L'aumento dei prezzi delle materie prime si è aggiunto infatti ora allo squilibrio tra domanda e offerta del periodo post-pandemico (l'offerta non riusciva a tenere il passo della domanda a causa della strozzatura delle catene produttive). 

«Il nostro punto di vista è che la crisi geopolitica durerà ancora diversi mesi, ma inizierà a stabilizzarsi un po' per volta, perché ormai la situazione Covid è gradualmente superata a livello globale (le catene produttive e distributive stanno tornando alla normalità) e il mercato inizierà a digerire le politiche monetarie» ha poi chiarito Guglielmin. Questo dovrebbe portare ad un riequilibrio a livello di prezzo del petrolio («prevediamo una stabilizzazione attorno ai 105 dollari al Barile»).

Nonostante questo grande shock, in conclusione, «prevediamo una crescita globale positiva nel corso dell'anno». Previsioni che, chiaramente, posso sempre essere riviste «perché è una situazione molto fluida, e bisogna saper interpretare i segnali del mercato».

«L'Europa non si può permettere uno stop del gas russo»
Ritornando all'inflazione, Orfeo Mazzella, Responsabile Asset Management presso Banca del Ceresio, ha ricordato che «l'energia è parte importante dell'inflazione, e che la domanda del petrolio è molto poco elastica: bisogna arrivare a 200 dollari al barile per far sì che la domanda cali».

Inquadrando questo nel discorso delle sanzioni, Mazzella ha ricordato che l'Europa non può permettersi un divieto totale dell'import del petrolio russo. «L'impatto di far scomparire 13 milioni di barili di petrolio al giorno sarebbe gigantesco». Per questo, per l'esperto è escluso un ban delle importazioni, anche di gas naturale: «L'Europa oggi non può fare a meno del gas russo, e anche la Russia non può rapidamente rigirare la vendita verso altri paesi, e per questo non ha interesse a bloccare il gas». 

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