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Una “corsa all'oro” per le materie prime

Gli effetti della pandemia di Covid-19 hanno stravolto anche la produzione industriale.
Gli effetti della pandemia di Covid-19 hanno stravolto anche la produzione industriale.
Tra scarsità di beni, richieste crescenti e colli di bottiglia: così ha preso forma la crisi delle materie prime.

È un anno e mezzo che si parla di "ritorno alla normalità". La voglia è quella di lasciarsi la pandemia alle spalle e ritrovare il modo consueto di vivere e lavorare.

Il Covid-19 ha imposto un energico stop alle nostre vite, dal punto di vista personale, sociale ed economico. Le chiusure degli esercizi commerciali e le limitazioni alla produzione industriale facevano presagire un disastro finanziario epocale, con aumento di disoccupazione e povertà. La graduale ripresa delle economie mondiali, complice anche la forte ripresa economica della Cina e degli Stati Uniti, ha invece determinato un vero e proprio boom di richieste di beni di ogni tipo.

Se da una parte, l’aumento di domanda rappresenta un fattore positivo per la ripresa economica, d’altra parte ciò sta causando una scarsità di materie prime, semilavorati e prodotti finiti senza precedenti. Come ha scritto Bloomberg, multinazionale americana operativa nel campo dei mass media, «all’improvviso nell’economia mondiale c’è carenza di tutto». Ciò che sta succedendo è facilmente riassumibile: le società che producono dei beni materiali tendono a incrementare le proprie scorte di materie prime in base alla quantità di richieste attuali, e di quelle che si stimeranno arrivare in tempi più o meno lunghi, a seconda del proprio settore.

Abbuffate di materie prime
L’attuale aumento della domanda ha portato tali società, principalmente cinesi e statunitensi, a fare una grossa scorta di materie prime per paura di rimanerne sprovvisti e ciò ha determinato un aumento clamoroso del loro prezzo di vendita. L’aumento del prezzo delle materie prime ha altresì provocato un aumento dei prezzi dei beni materiali che non si vedeva da dieci anni a questa parte. La scarsità di materie prime e il loro rincaro hanno provocato una serie di effetti negativi, quali il ritardo delle forniture e l’aumento dei tempi di consegna, che stanno mettendo in seria crisi interi settori del comparto produttivo.

Depositphotos (Zetor2010)Il rincaro delle materie prime è una seria minaccia per le attività industriali.

Il rincaro di materie prime quali l’acciaio, la plastica, l’alluminio, il rame e il legname, rappresenta, infatti, una seria minaccia per moltissime attività industriali. Il rischio ulteriore è quello di far pagare caro tale stato di cose al consumatore finale che si vedrebbe gravato di prezzi proibitivi per l’acquisto di beni fino ad ora accessibili. Gli imprenditori devono far fronte a un doppio ordine di problemi: il rincaro dei costi per l’acquisto delle materie prime e semilavorati e il loro essere praticamente introvabili sul mercato.

Carenze senza precedenti
L’EuPC, associazione europea dei trasformatori di materie plastiche, ha già denunciato una carenza di materie prime senza precedenti. L’etilene ha visto un incremento del suo prezzo pari al 58%, il polipropilene pari al 34% e il Pvc del 42%. Secondo Alexandre Dangis, amministratore delegato dell’associazione, «i produttori di articoli in plastica in tutta Europa stanno sperimentando gravi colli di bottiglia nella fornitura di materie prime dall’inizio di quest’anno». Come denunciato dall’EuPC, i tempi di consegna sono diventati sempre più lunghi e anche i clienti finali rischiano seriamente di subire gravi danni a causa dell’interruzione nella consegna di prodotti e semilavorati.

Recenti sondaggi tra i trasformatori di materie plastiche, in diversi Stati dell’Unione europea, hanno dimostrato che il 90% di loro è stato colpito dalla crisi del reperimento delle materie prime e sono stati costretti a rallentare la produzione. Secondo Ron Marsh, presidente della Polymers for Europe Alliance «l’attuale carenza di materie prime è causata dal miglioramento dell’economia globale in combinazione con le esportazioni di plastica dall’Europa all’Asia e al Nord America».

Ferro, legno e... logistica
Vi sono poi dei problemi logistici dovuti alla carenza di container in Europa e il fatto che grandi quantità di materie plastiche siano state utilizzate per i sistemi di protezione contro il Covid-19. Tale problema, inoltre, non riguarda solo le materie plastiche ma sono tante le materie prime che hanno subito dei fortissimi aumenti di prezzo: il valore del rame è aumentato del 47% rispetto all’epoca pre- Covid, il nichel e lo zinco del 51% mentre l’alluminio del 26%. Ancora più eclatante è l’aumento del 117% del ferro, determinato da un forte aumento della sua domanda, specialmente da parte della Cina che da sola assorbe il 50% della produzione globale.

La richiesta di ferro e acciaio è aumentata a livello globale mentre in Europa la produzione siderurgica è diminuita del 15% nell’ultimo anno. Basti pensare che la sola Ilva ha registrato un calo della produzione dell’acciaio del 60%. Questo stato di cose, secondo gli esperti del settore, è stato aggravato dalle ‘misure di salvaguardia’ volute dalla legislazione europea che impongono l’applicazione di dazi al 25% quando vengono superati i limiti d'importazione di acciaio da un Paese non appartenente alla Comunità europea.

I rialzi di prezzo non hanno risparmiato neanche il settore del legno. Il pallet, che a fine 2020 aveva una quotazione superiore di oltre il 20% su base annua, è destinato a raggiungere un rincaro complessivo del 30% al prossimo rilevamento. Anche il settore delle costruzioni è messo a dura prova dall’aumento del cemento, pari al 10% in più nel solo mese di gennaio rispetto allo scorso dicembre. La penuria dei semiconduttori sta frenando la produzione degli apparecchi tecnologici, dagli smartphone ai forni a microonde.

Depositphotos (smereka)

Cercansi microchip
Con milioni di persone in regime di smartworking e la didattica a distanza vi è stato, durante i vari periodi di lockdown imposti dalla pandemia, una reale impennata della domanda di apparecchiatura elettronica. Le industrie dei microchip lavorano, in genere, secondo il principio del ‘just in time’, ossia facendo scorta di materiale sulla base delle esigenze contingenti per minimizzare i costi.

Le aziende tecnologiche, però, visto l’aumento della domanda di dispositivi elettronici, hanno richiesto sempre più chip scontrandosi con l’impossibilità delle aziende produttrici di aumentare, oltre un certo quantitativo, la produzione di tali componenti. La filiera è quindi in affanno e i costi rischiano di salire enormemente. Sempre secondo quanto riportato da Bloomberg, in un lungo articolo firmato da Brendan Murray e Enda Curran, «i produttori di materassi, le case automobilistiche, i produttori di fogli di alluminio, stanno acquistando più di quanto necessario per sopravvivere alla velocità vertiginosa con cui la domanda di beni sta crescendo e per placare la paura che, prima o poi, torni a spegnersi».

Forti disagi al traffico per i container
Alla base della carenza di materie prime vi è, come detto, l’aumento della domanda ma questa non è l’unico fattore determinante. Grossi problemi logistici stanno rallentando, in maniera drammatica, il trasporto terrestre e marittimo globale generando ulteriori ritardi nella consegna delle merci: vi è stato, a marzo, l’incidente nel Canale di Suez che ha bloccato per giorni il transito dei container e ora, in maniera ancora più grave, vi è un blocco dei container allo Yantian International Container Terminal, un maxi terminal sito sulla costa meridionale della Cina. Il porto, che movimenta oltre 13 milioni di unità, ha imposto delle rigorose misure di disinfezione e quarantena da quando, a maggio, è stato scoperto un focolaio di coronavirus.

Keystone

La navigazione dei container è in forte ritardo con conseguenti gravi disagi su tutta la filiera produttiva. L’articolo di Bloomberg menziona, infine, anche altre cause responsabili della carenza di materie prime e del loro, consequenziale, aumento di prezzo: i cambiamenti climatici e, nello specifico, gli episodi di grave siccità che hanno colpito alcune regioni del mondo devastando i raccolti, oppure il blackout che ha colpito gli Stati Uniti lo scorso febbraio e che ha rallentato, di molto, le attività del settore energetico e petrolchimico statunitense.

Sull’attuale crisi delle materie prime vi sono, sostanzialmente, due differenti correnti di pensiero: secondo le fonti citate da Bloomberg, l’inflazione è destinata ad aumentare ancora mentre, per altri esperti di finanza, l’attuale aumento dei prezzi rifletterebbe una gigantesca espansione economica in corso con conseguente discesa dei prezzi nel breve periodo. Non rimane che osservare quanto succederà nei prossimi mesi per capire quale delle due correnti di pensiero avrà avuto ragione.