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REGNO UNITOL'allarme dei musicisti britannici: «Dopo la Brexit è un calvario fare tour in Europa»

21.01.21 - 12:22
Per questioni di permessi di lavoro e dogane. L'appello di colossi come Elton John e Sting: «Vergognosa dimenticanza»
Keystone
L'allarme dei musicisti britannici: «Dopo la Brexit è un calvario fare tour in Europa»
Per questioni di permessi di lavoro e dogane. L'appello di colossi come Elton John e Sting: «Vergognosa dimenticanza»

LONDRA - Dopo la Brexit gli artisti del Regno Unito non potranno più andare in tour in Europa senza i visti e i permessi di lavoro in regola per tutti i diversi Stati in cui si recheranno. La modifica, legata alle clausole di libera circolazione dell'UE, era già saltata all'occhio dei professionisti del mondo dello spettacolo che avevano lanciato l'allarme e firmato un appello collettivo che però si è concluso in un nulla di fatto.

La notizia è arrivata mercoledì, assieme a un secondo appello pubblicato dal Times, con le segnature di 100 titani della musica contemporanea da Elton John fino a Sting, passando per Bob Geldof, Brian May, Liam Gallagher e Roger Daltrey e che accusa il governo di «una vergognosa dimenticanza».

Durante il momento delle domande in parlamento, la ministra della Cultura e del digitale Caroline Dinenage ha confermato che «la porta è aperta per le trattative fra Unione Europea e Regno Unito ma non si potrà discutere sui permessi quanto sulle semplificazioni di tipo burocratico». 

In precedenza la Musicians’ Union (il sindacato dei musicisti, ndr.) aveva proposto la possibilità di introdurre un "passaporto per i musicisti", ovvero un documento dalla validità di due anni - a prezzo modico - che potesse permettere di lavorare in tutta l'Unione Europea. Questo avrebbe potuto coprire non solo cantanti e strumentisti, ma anche i tecnici, i manovali e tutto lo staff che rende possibile gli eventi. Una traccia, questa, che non verrà però seguita.

«La nostra proposta "su misura" per i musicisti fatta all'UE è stata respinta», ha spiegato la ministra in Parlamento. Dal canto suo Bruxelles conferma, ma rilancia: «Abbiamo messo sul tavolo il visto di lavoro standard di 90 giornate lavorative su periodi di 180 giorni, attualmente copre musicisti, sportivi e giornalisti ma potrebbe essere espanso anche ai tecnici, ma Londra ha risposto picche e si è tirata fuori dalle trattative, questo deve essere detto», ha spiegato al Guardian un funzionario dell'UE.

Per ora, quindi la nebbia resta, anche per quanto riguarda questioni logistiche legate al palco e all'impianto - senza tralasciare il merchandise - il passaggio del quale attraverso la frontiera necessiterebbe di sdoganamento, e quindi di documenti d'accompagnamento e tasse. Una questione che però nessuno sa ancora come risolvere né quanto potrebbe venire a costare.

Una situazione che è un problema anche per gli artisti di Oltreoceano, soliti a basarsi sul Regno Unito - per la qualità del materiale e le competenze - prima di imbarcarsi in una tournée europea. Quello che probabilmente succederà è che questi sceglieranno dei service in Germania o Francia, conferma un imprenditore del settore al quotidiano britannico, «molte aziende di qui dovranno istituire delle partnership con analoghe europee oppure trasferirsi in toto al di là della Manica».

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