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UCRAINADonetsk e la sua "normalità": «Una realtà che non è arrivata in Svizzera e in Europa»

28.04.22 - 06:00
Bruno Giudice vive da 18 anni a Donetsk, dopo aver lasciato la Svizzera. «Mio nipote? Non ha conosciuto altro».
REUTERS / BRUNO GIUDICE
La duplice normalità di Donetsk: le trincee sulla linea del fronte e i bambini che giocano nel centro della città.
La duplice normalità di Donetsk: le trincee sulla linea del fronte e i bambini che giocano nel centro della città.
Donetsk e la sua "normalità": «Una realtà che non è arrivata in Svizzera e in Europa»
Bruno Giudice vive da 18 anni a Donetsk, dopo aver lasciato la Svizzera. «Mio nipote? Non ha conosciuto altro».
Uno sguardo sul conflitto "a bassa intensità" che prosegue dal 2014. «Per vivere bisogna andare a lavorare, se non lo fai non si mangia».

DONETSK - La città di Donetsk, con i suoi oltre 900mila abitanti, è uno dei centri principali dell'Ucraina e uno dei punti chiave del conflitto in corso. Solo che, per gli abitanti, la guerra non è iniziata il 24 febbraio ma prosegue da otto anni. Risultato: nonostante la regione sia al centro delle mire dell'invasione russa, la vita prosegue quasi normale - in quella che si può considerare la "normalità", dal 2014 a oggi.

Lo racconta anche Bruno Giudice, che 18 anni fa ha lasciato la Svizzera e si è trasferito con la moglie ucraina e la famiglia in quella che è diventata, de facto, la capitale dell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk. Mentre parliamo al telefono, spiega, i bambini giocano nel piccolo parco del complesso residenziale davanti alle sue finestre. Per loro, in fondo, è un giorno come tanti altri.

Come si vive in questi giorni a Donetsk?
«Per noi è tutto uguale. A volte si sentono più bombardamenti, altre meno. La realtà è che ci siamo ormai abituati e in questi giorni nulla è cambiato più di tanto».

In questa fase, quindi, non avete visto dei mutamenti sostanziali?
«Le cose sono pressoché le stesse. Magari l’intensità dei bombardamenti era inferiore negli anni passati, ma i colpi si sono sempre sentiti».

Come si vive in una situazione di guerra costante?
«All'infuori delle scuole, qui è tutto aperto. Tutti vanno a lavorare e sono in giro, nel centro di Donetsk. Solo in quelle aree più vicine alla linea del fronte non si riesce a condurre un'esistenza normale. Il tutto con il sottofondo delle esplosioni...».

Possiamo dire che vi siete abituati a questa atmosfera di conflitto permanente?
«È chiaro: per vivere bisogna andare a lavorare, se non lo fai non si mangia. La dura realtà è proprio questa: nonostante la guerra bisogna condurre la propria esistenza quotidiana».

Come vivono le generazioni più giovani?
«Mio nipote ha otto anni: diciamo che dal primo giorno in cui ha messo piede sulla Terra non ha conosciuto altro che la guerra. Una figlia, invece, ha 16 anni e ha passato metà della sua vita con questo conflitto. Anni nei quali è andata a scuola e ha vissuto il più normalmente possibile. Quando sente i bombardamenti più forti è preoccupata, logicamente. Per il momento, siamo ancora qui».

Cosa ne pensa della "guerra dell'informazione" che Mosca e Kiev stanno combattendo?
«Io ho la possibilità di guardare i canali ucraini, russi, tedeschi, italiani... Oggi con Internet è difficile nascondere le informazioni. Poi ognuno, chiaramente, si forma le proprie idee».

Del conflitto del Donbass si è parlato parecchio otto anni fa, poi è calato un silenzio fino a poche settimane fa. Ci siamo dimenticati di questo fronte?
«So che in Svizzera è difficile che arrivassero notizie di Donetsk. Giornalisti stranieri ce ne sono stati pochi, quasi niente. Da circa tre settimane abbiamo ricominciato a vederne. Voi vedete solo quello che viene mostrato agli ucraini e in tutto il resto del mondo: Oggi Mariupol, dopo quello che è successo, è conosciuta anche dall'ultimo degli africani. La realtà di Donetsk non è arrivata in Svizzera e in Europa».

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