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Fuga dal lavoro: non si fermano le dimissioni di massa

STATI UNITIFuga dal lavoro: non si fermano le dimissioni di massa

31.05.23 - 06:30
Sempre più americani lasciano o cambiano lavoro. La storia dell’ex insegnante Laura Danger
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Fuga dal lavoro: non si fermano le dimissioni di massa
Sempre più americani lasciano o cambiano lavoro. La storia dell’ex insegnante Laura Danger

WASHINGTON - Stanchi, insoddisfatti, ma determinati a cambiare vita. Gli americani, in massa, abbandonano il posto di lavoro e rimodulano le priorità. Gli esperti hanno definito “Great Resignation” l’imponente ondata di dimissioni che dall'inizio dell’emergenza Covid-19 ha scosso gli Stati Uniti. La pandemia, però, ha accelerato una rivoluzione che già covava da tempo. E al momento non ci sono segnali che indichino un’inversione di tendenza nel 2023. Secondo un recente rapporto del sito Monster.com, il 96% dei lavoratori americani cercherà di cambiare mestiere nel 2023. 

Tante le ragioni addotte a questa defezione. In principio si era trattato di questioni di sicurezza legate alla diffusione del coronavirus (nelle prime fasi dell’emergenza sanitaria). Ad influire, però, anche i salari stagnanti a fronte di un costante aumento dei costi, contesti professionali poco stimolanti, mancanza di benefit e di orari flessibili. I numeri sono imponenti. Solo lo scorso anno ad abbandonare il posto di lavoro sono stati 46,6 milioni di americani. L’emorragia più consistente riguarda i settori dell'ospitalità, della sanità e dell'istruzione (qui le dimissioni sono il doppio, rispetto alla media). 

Tra gli insegnati che hanno deciso di abbandonare il mondo della scuola c’è Laura Danger, educatrice di Chicago, che ha detto addio ai suoi allievi. “Sono educatrice da oltre 10 anni e madre da sette – ci racconta quando la sentiamo - Le condizioni della maternità e dell'insegnamento, soprattutto durante la pandemia, mi hanno completamente esaurito. Per il primo anno e mezzo ho lavorato da casa con un bambino, un neonato e pochissima assistenza. Io e mio marito facevamo i turni per lavorare o badare ai bambini, ci sfuggiva il tempo per essere persone vere!”. Il livello di stress, ci spiega, era diventato insostenibile. “Avevo toccato il fondo prima di lasciare il lavoro. Non mangiavo né dormivo quasi più e ogni giorno facevo fatica a prendermi cura della mia famiglia. Lo stress mi faceva ammalare!”. 

In aggiunta, il carico di responsabilità imposto dalla sua professione: “Ho faticato a tenere il passo”, ricorda. Di qui la scelta di cambiare carriera e lavorare da casa. “Ho avuto la straordinaria opportunità di accettare lavori a contratto incentrati sullo sviluppo di programmi di studio, la creazione di contenuti e la facilitazione – afferma Danger - Continuo a utilizzare il mio background nel campo dell'istruzione, ma sono passata a un carico di lavoro che si adatta a me e alla mia famiglia. Ho capito che il mio stile di vita precedente era insostenibile e non avevo altra scelta se non quella di fare un salto nel buio e provare qualcosa di diverso”. 

Oggi lavora come consulente. “Aiuto le coppie e le famiglie a trovare un equilibrio. Creo contenuti online e collaboro con organizzazioni che si occupano di equità in casa e nel mondo del lavoro”. In cantiere, anche un libro. Di certo va molto meglio. “Sto ancora lottando con i sintomi del burnout, ma nei quasi due anni trascorsi da quando ho lasciato la scuola, ho abbracciato una visione diversa delle mie priorità. Ho dato la priorità al prendermi cura di me stessa, in modo da potermi occupare della mia famiglia”. 

Danger spiega come il mondo del lavoro non abbia colto il cambiamento in atto. “Mentre la vita domestica di molti di noi veniva stravolta, le esigenze professionali rimanevano elevate. Molti titolari ci trattavano come se fossimo usa e getta, ma ci chiedevano anche di dare priorità al lavoro e di continuare a produrre con il massimo impegno. Sono stata incoraggiata a sacrificare il tempo con la mia famiglia e la mia salute fisica e mentale affinché l'economia potesse continuare a funzionare”. Un’esperienza condivisa con tanti altri americani. “Molti sono stati licenziati, hanno subito riduzioni di stipendio, sono stati costretti a lavorare in ambienti poco sicuri e hanno perso il lavoro quando sono stati costretti a stare a casa per malattia. Tanti datori di lavoro si aspettavano che mettessimo il lavoro al primo posto, ma non si preoccupavano di noi come persone”. E conclude: “Credo che la mancanza di assistenza all'infanzia, di assistenza sanitaria e sociale e le continue richieste di lavoro per il bene dell’economia abbiano davvero svegliato molte persone su ciò che è importante nella vita. E non è il lavoro”.

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COMMENTI
 

CJ 10 mesi fa su tio
Scrivo di qua anch’io …. Storia molto strana …. Io direi che se la ex dog sitter non centrasse nulla rischia pure una denuncia per diffamazione la padrona del cane …

Porzarama 10 mesi fa su tio
Risposta a CJ
Compressione per chi decide di cambiare la propria attività occupazionale. Le componenti della esistenza in questo mondo inducono a considerare maggiormente gli aspetti che fanno star bene, non necessariamente la retribuzione da lavoro. Si può vivere con minori spese. Ognuno faccia i propri conti!

BlueShark 10 mesi fa su tio
I cani se si tengono al guinzaglio non spariscono…ma !
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