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La malattia tira: sto male e lo dico sui social

Beati quei tempi quando il dolore era un fatto privato, e quando lo stato di salute non finiva sotto i riflettori.
Beati quei tempi quando il dolore era un fatto privato, e quando lo stato di salute non finiva sotto i riflettori.

Lo ha detto chiaro e tondo Lady Gaga nel 2017 parlando della sua fibromialgia “Voglio contribuire a sensibilizzare l'opinione pubblica su questa malattia, e a mettere in contatto le persone che ne soffrono”. Che lo si faccia per dare visibilità ad una patologia poco conosciuta, per dare coraggio ad altre persone malate, o per ricevere testimonianze d'affetto, sono moltissime le persone, famose o meno, che decidono di condividere il proprio stato di salute dandogli esposizione mediatica. Così come via social si arriva a conoscere ogni aspetto della vita di una persona, così se ne apprendono anche i dettagli della morte, e ciò non può non far riflettere sulle motivazioni profonde che spingono a mostrarsi fragili e sofferenti. A pubblicare immagini di cicatrici, drenaggi, bende, tubi, pianti e vaneggiamenti.

GettyMichela Murgia ha raccontato di aver un carcinoma al quarto stadio che le lascia solo pochi mdi di vita.

Ti spiffero il bollettino medico del vip - “Faccio questo video per esorcizzare e tirare fuori un po' di cose, nella speranza che possa far bene anche a me” dichiarò, in una stories su Instagram, Fedez a cui era stato diagnosticato un raro tumore neuroendocrino al pancreas. Il cantante ha condiviso ogni aspetto della propria malattia, dalla cicatrice post operatoria alle visite di controllo, e persino la registrazione vocale effettuata nello studio del proprio terapista in cui urlava di “non voler morire”. Ha fatto molto discutere nei giorni scorsi la rivelazione della scrittrice italiana Michela Murgia che ha raccontato di aver un carcinoma al quarto stadio che le lascia solo pochi mesi di vita. Tramite un video, pubblicato sempre su Instagram, l'attrice statunitense Selma Blair, affetta da sclerosi multipla, ha condiviso la sua storia, fatta di sofferenze e terapie, documentando le proprie visite all'ospedale e le cure mediche, ma anche di momenti di normalità trascorsi in famiglia e con gli amici. Lo stesso può dirsi del noto cantante canadese Justin Bieber il quale ha condiviso via social il fatto di soffrire della sindrome di Ramsey, una patologia neurologica che è conseguenza del virus Herpes Zoster, che lo ha costretto a cancellare tutti i tour in programma, o della sua ex fidanzata Selena Gomez la quale, nel 2015, ha iniziato a parlare del fatto di essere affetta da Lupus eritematoso, una malattia autoimmune poco conosciuta.

Da allora, la Gomez si è fatta testimone di numerose campagne di sensibilizzazione su malattie rare e disagio psichico, dando risonanza mediatica ad una patologia poco conosciuta. Dopo aver visto pubblicati alcuni scatti rubati, in cui appariva in ciabatte e camicia da notte appoggiata ad un bastone, Lena Dunham ha scritto un lungo post in cui dichiarava di soffrire della sindrome di Ehlers-Danlos, una patologia che causa fragilità delle articolazioni e iperelasticità della pelle, e confessando che “questa è la vita quando si ha una malattia cronica”. L'attrice e regista statunitense non è nuova a questo tipo di confessione, avendo già parlato in passato della sua lunga battaglia contro l'endometriosi, i problemi di peso e la dipendenza da psicofarmaci. Le persone che la seguono via social hanno sempre dimostrato, negli anni, di apprezzare la franchezza della Dunham nel parlare anche degli aspetti più problematici e dolorosi della propria vita, e in tanti le inviano messaggi di solidarietà e affetto. E poi ancora l'attore italiano Riccardo Maria Manera che pochi giorni ga ha raccontato di avere un glioma ad alto grado di malignità alla testa. O l'inviata delle iene Elena Di Cioccio che ha fatto sapere di essere HIVpositiva da almeno 21 anni. 

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Non solo le star, ma anche illustri sconosciuti - Il desiderio di mostrare la propria malattia non riguarda solo personaggi famosi ma anche persone che vivono una vita lontana dai riflettori. Josi Maria, per esempio, è morta a soli 24 anni nel 2020 lasciando scioccati gli oltre 135 mila follower che da anni seguivano la sua battaglia contro l'anoressia. Pochi giorni prima del suo decesso, la ragazza aveva scritto sul proprio profilo di non voler finire “in quel 10% di persone che muore di anoressia” anche se continuava a nutrirsi solo di caffè e a non mangiare per giorni. Il 3 gennaio di quest'anno è morta la ventenne Elena Huelva, che da quattro anni documentava la propria lotta contro il sarcoma di Ewing, un tumore aggressivo che si forma nelle ossa e nei tessuti molli che le circondano, che nel suo caso aveva prodotto anche metastasi ai polmoni.

Ad appena sedici anni, la ragazza aveva aperto un profilo Instagram nel quale documentava ogni aspetto della propria lotta contro il tumore, arrivando ad avere più di 950 mila follower. La sua parola d'ordine era #miganasganan, la mia volontà vince, e tra i suoi obiettivi vi era quello di sensibilizzare l'opinione pubblica e il mondo politico sulla necessità di destinare maggiori fondi alla lotta contro il cancro. Nel suo ultimo toccante video, la ragazza aveva detto di aver vinto “grazie a tutto l'amore e alle persone che ho al mio fianco, Qualunque cosa accada, so che la mia vita non è stata vana perché ho lottato e ho ottenuto ciò che voglio rendere visibile”.

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Per normalizzare il male o per esibizinismo?  - La battaglia per mostrare la sofferenza causata dalla malattia è al centro di molte storie simili a queste. La persona malata, famosa o meno, sente che condividendo il proprio stato d'animo e di salute possa far sentire capite e meno sole anche altre persone malate dello stesso male. Inoltre, anche secondo gli esperti, questo tipo di condivisione social può essere utile per dare un nome a malattie di cui si teme di parlare.

Dire cancro, invece che un brutto male, o usare il termine depressione o disagio psichico, invece che male oscuro, può veramente servire per parlare, senza falsi pudori, di patologie che riguardano tantissime persone al mondo. Il fatto che molti personaggi famosi si mostrino con il viso deturpato dall'acne dovrebbe servire a far sentire capite e accettate tantissime altre persone che famose non sono, e che magari, per tale motivo, vengono emarginate e bullizzate.

È un esempio banale, ma serve per far capire che, se da una parte l'intento sbandierato è quello di 'normalizzare' una patologia, dall'altra sono in tanti a chiedersi se parlare di malattie in questo modo possa veramente avere una sua utilità.

 

Il dolore tira - Questo elemento sarebbe alla base della decisione di seguire una determinata storia di dolore, con l'intento o di aumentare la propria visibilità nel farlo o di perseguire lo stesso scopo conducendo campagne d'odio verso colui che si è esposto via social. Il fatto stesso di usare lo strumento dei social media per condividere una propria vicenda personale legata ad una malattia, o ad un disagio psichico, sporcherebbe, in qualche modo, l'intento pur nobile di voler condurre una campagna di sensibilizzazione o di ottenere una qualche forma di incoraggiamento per la battaglia che si sta combattendo.

Gli algoritmi, anche in questo caso, tendono a dare maggior rilevanza ai video con più visualizzazioni, anche se si tratta di storie dolorose. Questo è quanto capita, ad esempio, su TikTok per i video in cui si parla di disturbi alimentari. Il fatto che tante giovanissime si mettano a nudo, parlando senza filtri dei propri disturbi legati al cibo, genera una costante proposta di video simili per tante altre ragazze interessate al tema. In tal modo, così come denunciato da moltissime di loro divenute poi anoressiche o bulimiche, si vive costantemente sotto il bombardamento di video che parlano di disturbi alimentari, in un insano circolo vizioso che rende difficoltosa la via della guarigione.

AFPSilvio Berlusconi che esce dall'ospedale

E poi c'è chi sceglie il silenzio -  A fronte di tante persone che decidono di parlare senza filtri della propria malattia, vi è anche chi preferisce il silenzio o la dissimulazione della stessa. Ha fatto molto discutere, ad esempio, un recente video di Silvio Berlusconi, ricoverato al San Raffaele di Milano per gravissimi problemi di salute. L'imprenditore, in occasione di una convention di Forza Italia, è apparso in un video, pesantemente truccato, seduto dietro ad una scrivania come ai tempi in cui aveva la leadership del partito.

Secondo Roberto Gasparotti, suo regista storico, “il video è una vergogna(...) un tycoon del suo livello, un politico di grande successo, fatto sedere dietro ad un tavolino con una bandiera, in un ospedale. A che scopo?”. Non abbiamo la risposta a tale domanda, anche se l'impressione che sia stato male consigliato rimane. I social media, come detto in più occasioni, permettono di costruire una propria immagine di sé, condividendo, nel bene o nel male, solo gli aspetti che decidiamo di mostrare. Viene quindi da chiedersi se non sia inutile cercare la 'verità' in tali mezzi di condivisione perché semplicemente non esiste.


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GettyMichela Murgia ha raccontato di aver un carcinoma al quarto stadio che le lascia solo pochi mdi di vita.

@fedez/Instagram

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AFPSilvio Berlusconi che esce dall'ospedale