Uno studio di un'università ucraina attesta che soltanto 213 delle 3157 aziende considerate hanno lasciato la Russia per via delle sanzioni
KIEV - Da quando l'esercito russo ha invaso l'Ucraina, l'Occidente - in particolare gli Stati Uniti e l'Unione Europea - ha imposto una serie di sanzioni volte a mettere in ginocchio l'economia russa. Tra le più discusse ci sono le pressioni esercitate sulle multinazionali con filiali in Russia. L'obbiettivo era di provocare una partenza di massa di quelle aziende che operavano nel Paese. Ma quante di queste sono effettivamente partite? Secondo uno studio della Kiev School of Economics (Kse), la percentuale si aggira al 6.7%. Il restante 93.3% delle aziende considerate dallo studio ha espresso la volontà di partire o si è addirittura rifiutata.
I dati parlano chiaro - I ricercatori della Kse hanno analizzato l'operato di 3157 aziende presenti in Russia già prima dell'invasione dell'Ucraina: soltanto 213 di esse hanno lasciato il Paese, altre 473 hanno presentato la propria strategia di delocalizzazione, senza metterla in pratica. E oltre 2400 aziende hanno continuato a operare in Russia, nonostante le forti pressioni da parte dei Paesi occidentali.
Il supervisore del progetto di ricerca Andrii Onopriienko ha inoltre dichiarato al Washington Post che: «Dopo un anno di guerra, molte aziende perderanno l'opportunità di vendere le loro attività poiché i loro beni potrebbero essere nazionalizzati o acquistati a un prezzo molto basso». È dunque probabile che più le aziende aspettano, più avranno difficoltà a spostare le loro attività altrove.
Le contromisure di Mosca - Dall'imposizione delle sanzioni in poi, il Cremlino aveva introdotto una legge che obbligava le aziende che intendevano lasciare il Paese a richiedere un permesso di delocalizzazione presso le autorità competenti. È possibile che la contromisura abbia rallentato il processo di delocalizzazione.