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MAFIALa "borghesia mafiosa" attorno a Matteo Messina Denaro

19.01.23 - 10:40
Una rete che coinvolge imprenditoria, politica e massoneria. Il polmone della sua lunga latitanza. Su questo si concentrano ora le indagini
Reuters / AFP
La "borghesia mafiosa" attorno a Matteo Messina Denaro
Una rete che coinvolge imprenditoria, politica e massoneria. Il polmone della sua lunga latitanza. Su questo si concentrano ora le indagini

PALERMO - «È finita la ricerca. La vera indagine comincia adesso». Con Matteo Messina Denaro finalmente agli arresti, l'obiettivo ora si sposta sulla sua rete. Su quel substrato che viene definito "borghesia mafiosa"; indispensabile per sorreggere una latitanza così lunga e, inevitabilmente, costosa. Una fitta maglia di connivenze, con addentellati nel cuore delle istituzioni. «La rete che lo ha protetto è molto stretta», ha spiegato il generale dei carabinieri Pasquale Angelosanto, comandante del Raggruppamento Operativo Speciale (Ros), al Corriere della Sera.

La rete della "borghesia mafiosa"
Messina Denaro è stato per anni un fantasma. Di lui si è detto e ipotizzato qualsiasi tipo di scenario. Che fosse nascosto all'estero. Che avesse alterato i lineamenti del suo volto. Che era molto malato. Anzi, per qualcuno era addirittura morto. Alla fine lo hanno preso in una clinica di Palermo, nella sua Sicilia, dove se ne andava in giro con il suo volto di sempre, escludendo qualche segno imposto dal tempo. Perché in fondo per nascondersi non bisogna per forza celare il proprio volto. «Svariate volte, in tutti questi anni, siamo stati vicinissimi alla cattura - ha ricordato Angelosanto - e poi siamo stati beffati o traditi». Ma da chi?

«La storia è segnata da politici, appartenenti alle forze dell’ordine, funzionari dello Stato arrestati o indagati per aver avvisato il boss che il cerchio si stava stringendo»; gli inquirenti hanno, letteralmente, fatto terra bruciata per anni attorno a lui. Sono finiti in manette «centinaia di fiancheggiatori», ma il boss trapanese «in tutti questi anni ha vissuto lontano dalla sua cerchia stretta di familiari e conoscenti». Messina Denaro poteva contare su un anello di protezione, nella sua terra, molto articolato. Il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, ne ha parlato dopo l'arresto con il Fatto Quotidiano spiegando che «l’ambiente trapanese è da sempre permeato di rapporti fra mafia e pezzi di ambienti» che lui stesso, per l'appunto, definisce della borghesia mafiosa». «Dall’imprenditoria al mondo della sanità. E certamente va considerato che la provincia di Trapani è la seconda in Sicilia per presenza di logge massoniche».

Di coperture massoniche ha parlato anche l'ex procuratrice aggiunta di Palermo, Teresa Principato, a colloquio con Repubblica. «Una rete di copertura di carattere massonico che lo ha protetto in tutto il mondo». Rapporti che «lo hanno messo al riparo dal pericolo di essere rintracciato». Soprattutto perché Messina Denaro è stato un boss diverso dai suoi predecessori. La passione per il lusso. Per le donne. In generale, per la bella vita. E la sua non era una latitanza "rustica", da casolare in montagna, a mangiare cicoria e ricotta, come Bernardo Provenzano. Il cronografo da 35'000 euro che aveva al polso al momento dell'arresto, lunedì mattina, non ha suscitato alcuna sorpresa, a differenza della sciarpa verde in cashmere che Totò Riina indossava la mattina del 15 gennaio 1993.

Ha "smesso" di nascondersi?
Per questo, «le indagini cominciano ora», citando le parole del magistrato Nino Di Matteo. Ma se dai vertici dell'Arma si rifiuta categoricamente l'ipotesi di qualsiasi trattativa alla base dell'arresto - e il generale Angelosanto è stato in questo senso categorico: «Chi pensa a trattative segrete o addirittura a una consegna concordata umilia gli investigatori e i magistrati che per anni hanno lavorato giorno e notte». E ancora: «Soltanto chi non conosce davvero la mafia può pensare a una trattativa segreta» -, il consigliere togato del Consiglio Superiore della Magistratura non ha invece escluso del tutto l'ipotesi. «Le cronache di questi giorni ci dicono che è stato rintracciato a casa sua, il suo volto è uguale a quello delle foto della polizia. Ha abitato a Campobello di Mazara, ha girato con il documento di un'altra persona che abitava nello stesso posto, è stato arrestato in una clinica frequentata da centinaia di persone, aveva un cellulare con cui scambiava messaggi con altri pazienti e si scattava selfie», ha riepilogato mercoledì sera in diretta tv, ospite del programma Atlantide su La7.

Da qui la sua conclusione. «Di fronte a certi comportamenti così apparentemente incauti l'alternativa è chiara: o Matteo Messina Denaro si sentiva tanto potente da essere certo che non lo avrebbero arrestato, o si è fatto arrestare non facendo nulla per nascondersi».

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