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Quella silenziosa guerra civile che sta straziando il Vaticano

Dopo la morte di Joseph Ratzinger, la Chiesa è in balia dei suoi dissidi intestini. E c'è chi parla delle dimissioni di Papa Francesco.
Dopo la morte di Joseph Ratzinger, la Chiesa è in balia dei suoi dissidi intestini. E c'è chi parla delle dimissioni di Papa Francesco.

La Chiesa di Cristo naviga in acque tempestose. Dissidi interni, scandali, e il pericolo di uno scisma, scuotono le fondamenta di una istituzione che, da tempo, vive una profonda crisi d'identità. La cosa è apparsa ancora più evidente con la morte del Papa emerito Joseph Ratzinger, deceduto lo scorso 31 dicembre. Non si era ancora proceduto a celebrarne le esequie che emergevano, tramite gli organi di stampa, i primi commenti al vetriolo contro Papa Bergoglio da parte della frangia conservatrice del clero, che vedeva in Ratzinger un punto di riferimento.

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Le confessioni di un segretario particolare

Il 4 gennaio scorso, in una intervista rilasciata al settimanale cattolico tedesco Die Tagespost, il segretario particolare di Ratzinger e prefetto della Casa Pontificia, Georg Gänswein, si è espresso in merito al documento "Traditionis custodes", pubblicato nel 2021, in cui Papa Bergoglio aveva imposto una limitazione alla messa in latina voluta invece da Ratzinger nel 2007. All'epoca, la scelta di ritornare alla celebrazione in latino aveva concesso nuovo spazio a tutte quelle frange fortemente conservatrici, come i lefebvriani di Ecône, che non avevano mai riconosciuto la decisione del Concilio Vaticano II di non utilizzarlo come lingua esclusiva nella liturgia romana e ambrosiana.

«Quello è stato un punto di svolta - ha dichiarato monsignor Gänswein-credo che Papa Benedetto abbia letto questo motu proprio con il dolore nel cuore». Con un tempismo che ha stupito i più, il 5 gennaio, giorno dei funerali del Papa emerito, la casa editrice Piemme ha diffuso alcune anticipazioni del memoriale scritto proprio da padre Gänswein e che arriverà sugli scaffali il 12 gennaio.

Dal significativo titolo “Nient'altro che la verità“, il libro ripercorre le dolorose tappe che lo hanno visto allontanarsi dai suoi incarichi per volere di Bergoglio. Secondo quanto raccontato da padre Georg, come viene chiamato da tutti in Vaticano, il Papa gli avrebbe chiesto di conservare la propria carica di prefetto ma senza tornare più al lavoro. Nel libro viene anche detto che Papa Benedetto avrebbe commentato con ironia «penso che Francesco non si fidi più di me e desideri che lei mi faccia da custode».

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Quella lettera da Ratzinger a Bergoglio

Sempre secondo il monsignore, Ratzinger avrebbe anche scritto a Papa Bergoglio per risolvere la situazione senza però che nulla cambiasse. Le confessioni di padre Georg rivelano un certo risentimento verso Bergoglio, reo di averlo reso un “prefetto a metà” e di essersi posto in maniera differente, rispetto al suo predecessore, in merito a questioni spinose, come per esempio su ciò che viene definita «la propaganda della filosofia gender» che, secondo Ratzinger, non era interessata «al bene della persona omosessuale ma di una voluta manipolazione dell'essere».

Lo stesso avvenne quando, a causa della scarsa vigilanza proprio di padre Georg, venne fatto uscire un libro scritto dal cardinale conservatore Robert Sarah. e firmato anche da Ratzinger, in cui si affermava che tra «celibato e clero vi è un legame indissolubile» in contrasto con l'ipotesi dei viri probati, ossia uomini sposati di comprovata fede che Bergoglio era favorevole ad inviare come sacerdoti in quelle terre in cui mancavano delle figure simili. A leggere non tanto tra le righe, quindi, sembra che il vero dissidio non riguardi i due Papi, che si sono sempre definiti amici, ma le frange oltranziste più conservatrici, che non avendo mai accettato le dimissioni di Ratzinger, non riconoscono, di fatto, Bergoglio come Papa legittimo.

È stato proprio quest'ultimo, nei giorni successivi all'uscita del libro di monsignor Gänswein, a ricordare come sia necessario adorare Dio «e non i falsi idoli che ci seducono col fascino del prestigio e del potere, con il fascino delle false notizie (…) il Signore si incontra così: nell'umiltà e nel silenzio». Una risposta, se pur indiretta, sembra averla data anche nella sua omelia alla messa per l'Epifania in cui ha affermato che la fede non si può «confinarla nelle mura delle chiese ma occorre portarla fuori, viverla in costante cammino verso Dio e verso i fratelli». La morte del Papa emerito, quindi, ha fatto riaffiorare antiche tensioni tra riformisti e conservatori che hanno visto in Ratzinger, forse anche suo malgrado, il proprio rappresentante.

Imago/Independent Photo AgencyRaymond Leo Burke alla Marcia per la vita, a Roma.

Lo scisma americano

Le critiche amare di padre Georg sono state confermate anche dal presidente dei vescovi americani Timothy Broglio il quale avrebbe dichiarato al quotidiano la Repubblica di «tensioni tra progressisti e conservatori» dicendosi sicuro che anche Bergoglio possa dimettersi: «la possibilità di un ritiro sarebbe fattibile, ma starà a lui decidere, e finora ha dato segni di voler andare avanti».

Le critiche mosse a Bergoglio sono numerose e diversificate: lo si accusa di voler imporre una Chiesa progressista, missionaria, più vicina ai poveri ed agli emarginati, poco legata alle tradizioni. Una Chiesa che non ha paura di dialogare con coloro che vengono considerati nemici giurati, come la Cina, e troppo poco critica nei confronti del presidente statunitense Joe Biden, inviso all'episcopato del suo Paese per le proprie posizioni favorevoli all'aborto.

L'epicentro della contestazione nei confronti di Papa Bergoglio sarebbe proprio la Chiesa americana e, del pericolo di uno 'scisma' vero e proprio, si parla da tempo. Questo perché è vero che la destra cattolica statunitense, detentrice di ricchi finanziamenti e network capaci d'influenzare l'opinione pubblica, vede in Papa Francesco un oppositore da contrastare.

Già nel 2018, l'ex nunzio a New York, Carlo Maria Viganò, aveva chiesto le dimissioni di Bergoglio sostenendo che fosse «dalla parte del Nemico», inteso come il Diavolo, e di «guidare con un falso magistero una Chiesa che vuole essere il braccio spirituale del Nuovo Ordine Mondiale e fautore della Religione Universale” per spianare la strada “all'avvento dell'Anticristo».

Altre figure di spicco del partito anti-Bergoglio, sono il cardinale ultraconservatore Raymond Leo Burke, che a suo tempo aveva sconfessato il democratico John Kerry e lo stesso presidente Biden per le proprie posizioni riformiste, e il già citato Timothy Broglio, ordinario militare ed ex segretario di Stato del cardinale Angelo Sodano. Proprio Broglio ribadisce che «l'ostilità contro Francesco sarebbe nutrita dal novanta per cento dei vescovi» e di come al Papa argentino non piacciano gli americani, avendo criticato, in più occasioni, l'intervento delle forze armate statunitensi nei Paesi più poveri del mondo.

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Un futuro incerto

Il vero terreno di scontro sarà il prossimo Conclave a cui si inizia a pensare molto prima della sua effettiva convocazione. Conti alla mano, sembra che Papa Francesco abbia in qualche modo blindato l'elezione del futuro Papa, avendo nominato113 cardinali, di cui ben 81 cardinali lettori su 125. L'accusa è quella che «Bergoglio stia piantando le sue bandierine a ogni nomina cardinalizia» in considerazione del fatto che i cardinali voluti da Benedetto XVI sarebbero appena 34 e altri, la cui nomina risale ai tempi di Papa Giovanni Paolo II.

Inoltre, undici cardinali starebbero per raggiungere il limite massimo d'età di 80 anni e ciò, anche se con una certa difficoltà, potrebbe riaprire i giochi per l'ala conservatrice che, attualmente, sembra più impegnata a impedire l'elezione di un nuovo Papa Francesco, oltre che a sollecitarne le dimissioni, invece che aprire un dialogo proficuo e di collaborazione con lo stesso.

«Il chiacchiericcio è un'arma letale, uccide l'amore, la società, la fraternità» ha detto il Papa all'Angelus di domenica 8 gennaio, in riferimento alle troppe dichiarazioni, cariche di risentimento, che sono seguite alla morte di Ratzinger. Un fuoco di fila che non fa altro che indebolire ulteriormente l'immagine della Chiesa, minata da enormi problemi strutturali e dottrinali ma che non appare nuovo ai più esperti. Secondo il vaticanista Marco Politi, infatti «da otto anni c'è una guerra civile all'interno della Chiesa cattolica, fra il fronte conservatore e quello riformista di Papa Francesco. Al fronte conservatore non è piaciuto per niente che il Papa desse la comunione ai divorziati risposati, oppure smettesse di demonizzare l'omosessualità o fosse progressista sul piano della politica sociale».