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CRISI SANITARIACovid in Cina, l'Oms è «molto preoccupata»

21.12.22 - 13:45
Il dilagare del virus probabilmente ritarderà la dichiarazione della fine della pandemia
keystone-sda.ch / STF
Covid in Cina, l'Oms è «molto preoccupata»
Il dilagare del virus probabilmente ritarderà la dichiarazione della fine della pandemia

PECHINO - La pandemia di coronavirus può dichiararsi finalmente conclusa, dopo quasi tre anni? No, e la ragione sono le tre ondate potenzialmente devastanti attese in Cina in questo inverno.

È quanto sostengono svariati scienziati e consulenti dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). La prima ondata è attualmente in corso e proseguirà fino alla metà di gennaio, secondo alti funzionari cinesi. Un nuovo picco dei contagi è poi atteso in concomitanza con le celebrazioni del Capodanno lunare e i viaggi di massa per i festeggiamenti, attesi dal 21 gennaio in poi. Una terza ondata è poi prevista nelle ultime settimane invernali.

La fine non è più vicina - Le proiezioni elaborate dopo il passo indietro sulla politica zero-Covid sono allarmanti: la Cina potrebbe fare i conti con oltre un milione di decessi nel corso del 2023. L'Oms si trova quindi a dover fare i conti con un cambiamento più che rilevante nell'emergenza coronavirus. «La fine è vicina» commentava a settembre il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Le nuove raccomandazioni tra un mese - Ma ciò è destinato a cambiare. La virologa olandese Marion Koopmans ha spiegato, citata dal quotidiano britannico Guardian: «La domanda è se si possa parlare di post-pandemia quando una parte così significativa del mondo sta effettivamente entrando nella sua seconda ondata. È chiaro che ci troviamo in una fase molto diversa» della lotta al Sars-CoV-2, «ma nella mia mente quell'ondata in arrivo in Cina è un jolly». Tra circa un mese i consulenti comunicheranno le proprie raccomandazioni sull'esigenza di mantenere il più alto livello d'allerta, in vigore da gennaio 2020.

La preoccupazione dell'Oms - Ghebreyesus, nel corso di una conferenza stampa che ha avuto luogo a Ginevra mercoledì pomeriggio, si è detto «molto preoccupato» per la situazione in Cina. «L'Oms è molto preoccupata per l'evoluzione della situazione in Cina (...). Per effettuare una valutazione completa del rischio della situazione, l'Oms ha bisogno di informazioni più dettagliate sulla gravità della situazione: malattia, ricoveri ospedalieri e unità di terapia intensiva, bisogni».

Il boom di casi dopo la fine delle restrizioni - Gli ultimi mesi sono stati i più complicati nella lotta alla pandemia in Cina. Le proteste di massa e la successiva revoca delle restrizioni anti-contagio ha dato il via a un boom di casi - che peraltro non viene confermato dalle fonti ufficiali (la municipalità di Pechino parla di soli cinque decessi, di fronte a circa nove milioni di contagiati. I media internazionali parlano di sanità in affanno e di file fuori dai crematori. Come sottolineano i media asiatici, «non c'è alcun incoraggiamento per le persone a sottoporsi al test» molecolare dopo l'annullamento delle campagne di massa all'inizio del mese. Non è quindi più necessario un risultato negativo per rientrare al lavoro o accedere ai luoghi pubblici, ospedali compresi.

Il rischio sottovarianti - La preoccupazione degli esperti è che le nuove ondate diano il via a un proliferare di mutazioni del coronavirus. Il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie ha identificato negli ultimi tre mesi ben 130 sottovarianti di Omicron. Per correre ai ripari, Pechino ha studiato una rete nazionale di ospedali che dovrà monitorare come il virus si adatta e disinnescare, nel caso, le sue versioni più pericolose.

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COMMENTI
 

Tracy 1 anno fa su tio
Qualcosa di sicuro non funziona, ho letto tutt'altra cosa sul corriere della sera che dice ''ieri'' che sui giornali di Pechino si legge: «Esperti prevedono il ritorno alla normalità in primavera»; «I virologi dicono che la variante Omicron presenta un rischio minore di causare una malattia grave». La linea ufficiale è questa: il 7 dicembre le misure per inseguire il Covid Zero sono state cancellate «a seguito dell’accertamento che la patogenicità del coronavirus si era indebolita», ha scritto l’agenzia Xinhua. Però, questa scoperta le autorità l’hanno fatta improvvisamente, dopo la fiammata di proteste in decine di città a fine novembre, con gli slogan urlati a Shanghai contro Xi Jinping. Il sistema sanitario ha bisogno di aiuto: lo provano gli annunci delle amministrazioni di varie città sulla corsa a rafforzare con nuovi letti le terapie intensive e l’apertura di nuove «cliniche della febbre», che sono centri per la cura dei primi sintomi e servono a diminuire la pressione sugli ospedali. Un altro indicatore di crisi è quello sulla diminuzione delle scorte nelle banche del sangue di almeno sette province: il livello è sceso al 16% rispetto all’anno scorso. I donatori potenziali o sono positivi al Covid-19 o temono di uscire. Dopo i due di ieri, la municipalità di Pechino ha registrato cinque morti oggi: il numero sembra sempre implausibile a fronte della diffusione dei contagi, che secondo dati non ufficiali avrebbe raggiunto il 40% dei 22 milioni di abitanti della capitale. La stampa internazionale usa come termometro la situazione nei crematori: in alcuni sono state viste file di carri funebri e raccolte testimonianze di parenti di persone decedute per Covid-19. Le autorità hanno reagito facendo piantonare dalla polizia le strade di accesso ai due crematori dove ieri i cronisti di Reuters e Bloomberg avevano segnalato le lunghe code di auto nere con corone a lutto e visto personale in tuta protettiva bianca scaricare le bare. Questa mattina l’Agenzia France Presse ha parlato per telefono con un funzionario di un crematorio a Chongqing, megalopoli da 30 milioni di abitanti: «Non abbiamo più spazio per i corpi in lista d’attesa», ha detto ma non ha precisato se la situazione sia stata causata dalle morti per Covid. Proiezioni con modelli matematici elaborate da istituti internazionali sostengono che nei prossimi mesi il 60% dei cinesi potrebbe essere contagiato. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano dice che «considerate le dimensioni del Pil della Cina e quelle della sua economia» c’è da attendersi un impatto sul mondo globalizzato. E aggiunge che bisogna vigilare perché in questa situazione c’è la possibilità che il coronavirus muti ancora mentre si diffonde in Cina e rappresenti una nuova «minaccia per la popolazione mondiale». Nei giorni scorsi il portavoce del Ministero egli Esteri cinese aveva assicurato che «la Cina ha un vantaggio istituzionale sul resto del mondo». Queste frasi ci ricordano che il virus del sospetto e della rivalità continua a circolare. Da pensare che come al solito i cinesi continuano ad insabbiare tutto.

Ahimè 1 anno fa su tio
OMS e il suo direttore generale dovrebbero stare zitti. Stipendiati da Bill Gates come fanno a essere onesti. Questa plandemia ha arricchito i ricchi e rovinato chi già faceva fatica. Avere rotto le palle.

andrea28 1 anno fa su tio
Un articolo di baggianate (OMS)

omibode 1 anno fa su tio
non rompete più le palle con sto covid

Nilo221 1 anno fa su tio
Ma avete rotto le palle con sto covid! Terroristi

Popi 1 anno fa su tio
Si osa insinuare che continui lockdown, politiche 0 covid e saldare le porte di casa alla gente in modo che non possa uscire facendole morire rinchiuse non funziona?

Brus Uillis 1 anno fa su tio
Ci avete rotto il MANGANO tutti! Ma proprio TUTTI!

#JenaPlinsky 1 anno fa su tio
Ancora i Cinesi...
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