Il dilagare del virus probabilmente ritarderà la dichiarazione della fine della pandemia
PECHINO - La pandemia di coronavirus può dichiararsi finalmente conclusa, dopo quasi tre anni? No, e la ragione sono le tre ondate potenzialmente devastanti attese in Cina in questo inverno.
È quanto sostengono svariati scienziati e consulenti dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). La prima ondata è attualmente in corso e proseguirà fino alla metà di gennaio, secondo alti funzionari cinesi. Un nuovo picco dei contagi è poi atteso in concomitanza con le celebrazioni del Capodanno lunare e i viaggi di massa per i festeggiamenti, attesi dal 21 gennaio in poi. Una terza ondata è poi prevista nelle ultime settimane invernali.
La fine non è più vicina - Le proiezioni elaborate dopo il passo indietro sulla politica zero-Covid sono allarmanti: la Cina potrebbe fare i conti con oltre un milione di decessi nel corso del 2023. L'Oms si trova quindi a dover fare i conti con un cambiamento più che rilevante nell'emergenza coronavirus. «La fine è vicina» commentava a settembre il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus.
Le nuove raccomandazioni tra un mese - Ma ciò è destinato a cambiare. La virologa olandese Marion Koopmans ha spiegato, citata dal quotidiano britannico Guardian: «La domanda è se si possa parlare di post-pandemia quando una parte così significativa del mondo sta effettivamente entrando nella sua seconda ondata. È chiaro che ci troviamo in una fase molto diversa» della lotta al Sars-CoV-2, «ma nella mia mente quell'ondata in arrivo in Cina è un jolly». Tra circa un mese i consulenti comunicheranno le proprie raccomandazioni sull'esigenza di mantenere il più alto livello d'allerta, in vigore da gennaio 2020.
La preoccupazione dell'Oms - Ghebreyesus, nel corso di una conferenza stampa che ha avuto luogo a Ginevra mercoledì pomeriggio, si è detto «molto preoccupato» per la situazione in Cina. «L'Oms è molto preoccupata per l'evoluzione della situazione in Cina (...). Per effettuare una valutazione completa del rischio della situazione, l'Oms ha bisogno di informazioni più dettagliate sulla gravità della situazione: malattia, ricoveri ospedalieri e unità di terapia intensiva, bisogni».
Il boom di casi dopo la fine delle restrizioni - Gli ultimi mesi sono stati i più complicati nella lotta alla pandemia in Cina. Le proteste di massa e la successiva revoca delle restrizioni anti-contagio ha dato il via a un boom di casi - che peraltro non viene confermato dalle fonti ufficiali (la municipalità di Pechino parla di soli cinque decessi, di fronte a circa nove milioni di contagiati. I media internazionali parlano di sanità in affanno e di file fuori dai crematori. Come sottolineano i media asiatici, «non c'è alcun incoraggiamento per le persone a sottoporsi al test» molecolare dopo l'annullamento delle campagne di massa all'inizio del mese. Non è quindi più necessario un risultato negativo per rientrare al lavoro o accedere ai luoghi pubblici, ospedali compresi.
Il rischio sottovarianti - La preoccupazione degli esperti è che le nuove ondate diano il via a un proliferare di mutazioni del coronavirus. Il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie ha identificato negli ultimi tre mesi ben 130 sottovarianti di Omicron. Per correre ai ripari, Pechino ha studiato una rete nazionale di ospedali che dovrà monitorare come il virus si adatta e disinnescare, nel caso, le sue versioni più pericolose.