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QATARGATEIl Panzer è «l'anima della frode»

16.12.22 - 21:21
I giudici belgi non hanno dubbi: dietro alla «vasta organizzazione fraudolenta» del Qatargate c'è lui: Antonio Panzeri.
keystone-sda.ch / STR (Jean-Francois Badias)
Fonte ats ans
Il Panzer è «l'anima della frode»
I giudici belgi non hanno dubbi: dietro alla «vasta organizzazione fraudolenta» del Qatargate c'è lui: Antonio Panzeri.
Sui conti dell'ex eurodeputato italiano sono stati trovate «somme ingenti».

BRUXELLES - Per il giudice belga Michel Claise non ci sono dubbi: Antonio Panzeri è l'anima della «vasta organizzazione fraudolenta» del Qatargate, i cui «atti criminali» avrebbero avuto una «natura complessa».

I servizi di intelligence continuano a scavare nello scandalo sempre più euro-marocchino e la gola profonda potrebbe essere nel ventre stesso del Parlamento europeo (Pe), che resta col fiato sospeso preparandosi al peggio. Ma l'ipotesi che - oltre all'ex eurodeputato italiano di Pd e poi Articolo 1, all'ex vicepresidente del Pe Eva Kaili e al compagno e portaborse Francesco Giorgi, tutti e tre in carcere -, la rete di eurodeputati e funzionari Ue coinvolti nella trama di corruzione che conduce direttamente a Doha e Rabat sia molto più ampia non viene ormai più smentita da nessuno, procura federale inclusa. Tanto che anche la Guardia di Finanza italiana ha deciso di procedere con un esame sommario sui conti di sette italiani, tra i quali Panzeri, rintracciando cifre «consistenti».

A nove giorni da Natale un silenzio gelido e carico di sospetti avvolge il quartiere europeo e Place Poelaert, base operativa della giustizia nella capitale belga. Sulla maxi-inchiesta sono al lavoro - anche per vie indirette - tutte le agenzie di polizia e giudiziarie della stessa Ue: Eurojust, Europol e Olaf. Ed è l'eurodeputato socialista spagnolo, Lopez Aguilar, a non escludere che «l'origine dell'indagine possa essere un informatore dentro al Parlamento stesso» perché «quanto sta accadendo non può essere un caso».

Fino a qui le accuse messe nero su bianco nel mandato di arresto europeo notificato nelle residenze di Bergamo e Milano a Maria Colleoni e Silvia Panzeri, moglie e figlia dell'ex parlamentare di Articolo 1, parlano di un Panzeri ideatore e anima del gruppo criminale. L'ex segretario generale della Camera del Lavoro di Milano già dal 2011 andava regolarmente a Rabat, protetto ma anche sorvegliato dalle autorità locali e dal capo degli 007 marocchini. E l'opinione degli inquirenti è che da allora si sia messo a disposizione, insieme al suo portaborse Francesco Giorgi, delle ingerenze di Rabat e degli Emirati Arabi per influenzare le decisioni politiche Ue in cambio di denaro.

Soldi che, oltre agli 1,5 milioni di euro in contanti rintracciati dalla polizia belga, sarebbero presenti in cifre «consistenti» anche sui primi sette conti italiani esaminati dalla Guardia di Finanza in esecuzione di un ordine d'investigazione europeo, riconducibili anche a Francesco Guidi, ex collaboratore di Panzeri, e a Luca Visentini, segretario generale della Confederazione internazionale dei sindacati, inizialmente implicato nell'operazione e poi rilasciato dalla giustizia belga.

Gli elementi suscitano stupore nel socio fondatore di Panzeri della Ong "Fight Impunity" Gianfranco Dell'Alba, che riferisce di non aver «mai pensato che dietro attività interessanti e importanti dal punto di vista dei diritti umani ci fosse tutta un'altra cosa». Ma non fanno che consolidare la pista marocchina. Trascinando anche l'eurodeputato del Partito democratico italiano Andrea Cozzolino, presidente della delegazione del Pe per le relazioni con i Paesi del Maghreb e delle commissioni parlamentari miste Ue-Marocco, suo malgrado sotto i riflettori. Un possibile coinvolgimento che ha portato il Pd in via cautelativa a sospenderlo da ogni organismo di partito. È stato il comitato nazionale di garanzia dei democratici, convocato in via d'urgenza dal segretario Enrico Letta, a fermarne cautelativamente l'attività politica.

Intanto per la prima volta parla la famiglia di Niccolò Figà-Talamanca, il terzo arrestato italiano insieme a Panzeri, Giorgi e Kaili, esprimendo «piena fiducia» nella magistratura belga e nella «correttezza» ed «estraneità ai fatti» del responsabile della Ong "No Peace Without Justice". Silenzio invece da parte dell'ambasciata del Marocco a Bruxelles, dove il telefono continua a squillare a vuoto.
 
 

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COMMENTI
 

dan007 1 anno fa su tio
Tutti i beni sequestrati spediteli nelle prigioni marocchine a vita qui delinque a quel livello deve restare in prigione a vita come esempio

sirio 1 anno fa su tio
E non meravigliamoci!
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