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STATI UNITIQuel filo diretto che legava Trump ai suprematisti bianchi

12.07.22 - 20:34
La Commissione d'indagine sull'assalto al Campidoglio ha trovato prove che collegano l'ex presidente a gruppi di destra.
Keystone
Fonte ats ans
Quel filo diretto che legava Trump ai suprematisti bianchi
La Commissione d'indagine sull'assalto al Campidoglio ha trovato prove che collegano l'ex presidente a gruppi di destra.
Trump dopo la sconfitta elettorale (mai riconosciuta) aveva aizzato su Twitter i suoi sostenitori più caldi a partecipare al comizio che sarebbe poi sfociato in rivolta: «Grande protesta a D.C. il 6 gennaio. Venite. Sarà folle».

WASHINGTON - C'era un rapporto diretto tra l'entourage di Donald Trump - non nuovo ai flirt con i suprematisti bianchi - e i gruppi di destra come Proud Boys e Oath Keepers che assaltarono il Congresso il 6 gennaio 2021 per ribaltare l'esito del voto. È questo il filo rosso della settima udienza pubblica della commissione d'indagine parlamentare sui fatti del sei di gennaio 2021.

I legami con i gruppi estremisti, documentati anche da messaggi criptati, passarono attraverso figure come quelle dell'ex consulente Roger Stone e dell'ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, nonché dell'ex stratega Steve Bannon, in attesa di processo per oltraggio alla Camera per il suo rifiuto di testimoniare in aula.

La commissione "6 gennaio" ha raccolto prove che i gruppi di destra volevano inizialmente scendere nella capitale nei giorni successivi all'insediamento di Joe Biden. Ma a cambiare i loro piani fu un incendiario tweet di Trump del 18 dicembre 2020, in cui dichiarando «statisticamente impossibile» la sua sconfitta alle elezioni di novembre invitava i sostenitori a partecipare al comizio che sarebbe poi sfociato in rivolta: «Grande protesta a D.C. il 6 gennaio. Venite, sarà folle!».

Quel cinguettio, secondo la commissione, «servì come chiamata all'azione, e in alcuni casi come chiamata alle armi, per molti dei supporter più leali a Trump». Tra le deposizioni registrate quella dell'ex avvocato della Casa Bianca Pat Cipollone, che ha corroborato le scioccanti accuse di Cassidy Hutchinson, l'ex braccio destro dell'allora chief of staff Mark Meadows, e ha messo in fuorigioco il suo ex boss sulle accuse di brogli: «Non c'erano prove sufficienti per ribaltare l'esito del voto, avrebbe dovuto riconoscere la sconfitta». Il legale ha inoltre definito una «terribile idea» per il Paese la proposta di alcuni consiglieri dell'allora presidente di sequestrare le macchine che processavano le schede elettorali.

Un altro colpo devastante contro l'ex presidente, sempre più tentato di annunciare la sua (terza) candidatura alla Casa Bianca già in luglio, con un anticipo senza precedenti per un candidato presidenziale. Lo scopo è evidente: spegnere le giovani stelle emergenti repubblicane, come il governatore della Florida Ron DeSantis, congelare i donatori del Gran Old Party, ipotecare il suo dominio sul partito e difendersi meglio dalle accuse delle inchieste sui suoi tentativi di ribaltare il voto, a partire da quella della Camera, attaccandola come una indagine politica contro un avversario elettorale.

Un'indagine che comincia a pesare anche sui sondaggi: secondo una rilevazione New York Times-Siena College, il 64% di elettori repubblicani sotto i 35 anni e il 65% di quelli che hanno almeno una laurea voterebbero contro di lui in eventuali primarie presidenziali, dove tuttavia resta per ora il frontrunner con il 49% delle preferenze, davanti a DeSantis (25%).

I repubblicani tremano all'idea che il tycoon annunci la sua nuova discesa in campo prima di Midterm perché - come sottolinea in un editoriale anche il Wall Street Journal - rischia di distogliere l'attenzione dai numerosi problemi di Joe Biden, compromettendo la loro ottima possibilità di riconquistare l'intero Congresso.

Sarebbe invece il sogno dei democratici, che tuttavia vorrebbero cambiare cavallo per la Casa Bianca, anche se in un sondaggio del Nyt Biden batterebbe ancora Trump 44% a 41%.

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