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Le tristi cronache di quelle città-fabbrica in cui si produce tutto quello che usiamo

Foxconn, dove lavorano centinaia di migliaia di persone, di nuovo sotto i riflettori dopo le denunce di un ex-operaio
Foxconn, dove lavorano centinaia di migliaia di persone, di nuovo sotto i riflettori dopo le denunce di un ex-operaio

«Mio padre mi ha sempre insegnato che avrei dovuto essere una brava persona e, poiché seguivo il mio cuore e credevo che la giustizia dovesse essere servita, ho segnalato le gravi violazioni della sede di Hengyang di Foxconn. Eppure la mia prigionia ha causato un danno grandissimo a me e alla mia famiglia».

Con queste parole, Tang Mingfang, un ex dipendente della Foxconn, azienda taiwanese leader mondiale nella produzione di componenti elettronici, ha denunciato le torture e l’ingiusta prigionia subita proprio per aver denunciato la famosa multinazionale di servirsi di lavoro minorile nei suoi colossali capannoni.

ReutersOperai in catena di montaggio in una fabbrica di Foxconn.

 

Gli iPhone costruiti con lo sfruttamento minorile

Nel 2018, Foxconn è finita nel mirino di una indagine del giornale inglese The Observer, in collaborazione con l'organizzazione China Labor Watch, un gruppo attivo nella difesa dei lavoratori, proprio per l’utilizzo di lavoratori minorenni nel proprio impianto di Shenzen, in Cina.

L’anno dopo, grazie ai documenti fotografati con il proprio iPhone da Mingfang, e diffusi quando era ancora dipendente della fabbrica, era stata avviata una indagine anche da parte di Amazon che aveva inviato membri del proprio staff per indagare sulle violazioni del diritto del lavoro e dello sfruttamento dei lavoratori minorenni, di età compresa tra i 14 ed i 16 anni. È stato accertato che, forte della sua potenza economica, Foxconn ha esercitato una notevole pressione presso le amministrazioni locali perché inducessero gli istituti scolastici ad inviare dei minorenni per svolgere degli stage estivi nel proprio impianto.

Uno studente di 17 anni ha testimoniato: «Ho provato a dire al manager della mia linea che non volevo fare gli straordinari, ma il direttore ha informato il mio insegnante che mi ha detto che il mancato stage presso la Foxconn avrebbe compromesso la mia domanda di laurea e la borsa di studio per la scuola».

Secondo quanto scritto in un documento aziendale, vi era un accordo per reclutare fino a 1'800 stagisti, violando la legge nazionale che prevede che costoro possono rappresentare al massimo il 15% della forza lavoro di una azienda.

Amazon, all’epoca dichiarò che stava indagando «urgentemente su queste accuse e affrontando questo problema con Foxconn», che venne poi condannata a pagare circa 220 mila dollari di risarcimento. La replica della multinazionale, però, non si fece attendere e, dopo una indagine interna, emerse il nome di colui che aveva diffuso i documenti aziendali.

ReutersIl corridoio che dà sulle camere dei dormitori, a Longuha (Shenzen).

Un whistleblower chiamato Tang Mingfang

Mingfeng venne arrestato dalla polizia locale e condannato a due anni di carcere per violazione di segreti commerciali. L’ex dipendente, uscito da poco dal carcere, ha dichiarato di esser stato picchiato e torturato durante gli interrogatori e di essere stato ammanettato in posizioni umanamente non tollerabili per indurlo a una confessione di colpevolezza.

«Mi sono rifiutato di firmare sette volte - ha detto l’ex dipendente di Foxconn - allora mi hanno ammanettato sul fondo della struttura di ferro, incapace di stare in piedi, accovacciarmi o sedermi. Al mattino presto non riuscivo più a stare in piedi». È del 30 gennaio scorso, la notizia che Tang Mingfang, per riabilitare il proprio nome pubblicamente, ha scritto una lettera a Jeff Bezos, fondatore e presidente di Amazon, affinché la società si scusi con lui e supporti la sua richiesta di vedersi prosciolto da ogni accusa.

«Penso che Amazon dovrebbe darmi una spiegazione, dirmi se meritavo davvero di essere mandato in prigione. In caso contrario Amazon dovrebbe scusarsi, insieme al suo partner Foxconn e supportare la mia richiesta di ottenere un risarcimento». Tang Mingfang si è sempre considerato innocente e, nella sua lettera, continua a rimarcare il fatto che la confessione gli sia stata estorta con la tortura e, di conseguenza, dovrebbe essere annullata.

«Per favore - ha scritto l’uomo a Bezos- chiedi a Hengyang Foxconn di affrontare i propri problemi, scusarsi con me e testimoniare a mio favore perché la corte possa finalmente revocare il mio verdetto di colpevolezza».

Anche L’organizzazione China Labor Watch si sta battendo al suo fianco, ed ha scritto a sua volta a Bezos per far in modo che Amazon si assuma le sue responsabilità. Non è la prima volta che si parla della la multinazionale taiwanese per violazione del diritto del lavoro e sfruttamento dei propri dipendenti. Da circa 10 anni, infatti, la stessa è divenuta tristemente nota per l’altissimo numero di suicidi che riguardano i suoi lavoratori e per le tragiche condizioni di lavoro in cui gli stessi sono costretti ad operare.

ReutersGiovani aspiranti operai in fila, davanti alla sede di Shenzen di Foxconn.

L'impero costruito sul sangue

La Foxconn International Holdings, è stata fondata nel 1974 come produttore di oggetti in plastica, in particolare connettori per televisori, ed ha aperto il suo primo impianto a Shenzen, in Cina, nel 1988. L’impianto viene chiamato anche iPod City, per la grande produzione dedicata ai prodotti della Apple e, ad oggi, vanta più di 330 mila dipendenti.

La compagnia, come detto, è la più grande produttrice di componenti elettrici ed elettronici che fornisce ad aziende quali Amazon, Apple, Dell, Hp, Microsoft, Motorola, Nintendo e Nokia, tanto per citarne alcune. Inoltre, l’anno scorso ha presentato il proprio marchio automobilistico Foxtron, volto alla produzione di veicoli elettrici. In tutto il mondo l’azienda conta più di un milione di lavoratori distribuiti in Asia, Europa, America Latina, Stati Uniti e Giappone.

Sembrerebbe una storia di successi, dovuti a una grande capacità imprenditoriale, eppure il suo nome, come detto, evoca, da diversi anni, inquietanti scenari di sfruttamento e morte. Dal 2009, infatti, la società è stata al centro di diversi casi di cronaca nera riguardanti il suicidio di numerosi suoi dipendenti.

ReutersUn operaia al telefono, su uno dei terrazzi degli appartamenti-dormitorio di Foxconn. Ben visibili le ringhiere anti-suicidio.

Dall’inizio del 2010, si sono suicidati ben 11 dipendenti, quasi tutti gettandosi dai piani alti del palazzo in cui ha sede la società, ma possono annoverarsi anche 2 tentativi falliti e 16 suicidi sventati da altri dipendenti. Nel 2009 un lavoratore addetto al dipartimento comunicazione, Sun Dayong, venne accusato di aver smarrito un prototipo del nuovo modello di iPhone 4G e picchiato a casa sua.

Successivamente, il giovane, lanciò dal dodicesimo piano del palazzo in cui abitava per il terrore di doversi recare nuovamente al lavoro. Tra il 2009 e il 2010, 20 dipendenti di Foxconn si tolsero la vita e l’azienda fu costretta a montare delle reti ‘anti-suicidio’ intorno al fabbricato mentre il suo presidente, Terry Gou, propose di inserire una clausola anti-suicidio nei contratti di lavoro.

Da allora, il numero dei suicidi è diminuito ma il fenomeno non si è mai veramente arrestato e il motivo di tali drammatici avvenimenti è da rinvenirsi nelle terribili condizioni psicologiche e lavorative in cui versano i dipendenti della multinazionale. Questi sono costretti, in periodi di intensa produttività, a turni massacranti di 14 ore al giorno, senza potersi mai allontanare dallo stabilimento che è dotato di una mensa e di un dormitorio, dove sono stipate anche 24 persone per stanza.

ReutersUna sala mensa della sede di Longhua, Shenzen.

Pressioni infinite

I capi reparto - inoltre - interferiscono continuamente nella sfera privata di lavoratori e se non vengono raggiunti gli obiettivi giornalieri prefissati si viene messi alla gogna pubblica davanti agli altri dipendenti.

Solo una volta all’anno si può andare a trovare la propria famiglia ma, spesso, i lavoratori non hanno i soldi a sufficienza per affrontare il lungo viaggio spesso necessario per tornare ai luoghi d’origine. La paga è bassissima e sempre più operai hanno necessità di sobbarcarsi altre ore di straordinario, oltre il già lunghissimo turno di lavoro quotidiano.

ReutersUn padre e una madre, separati da un'inferriata discutono. La foto è stata scattata nella sede di Langfang.

Secondo quanto riportato dallo Wall Street Journal alcuni anni fa, solo gli operai che riescono a portare nuova manodopera in azienda hanno accesso agli straordinari, innescando un circolo vizioso in cui il dipendente, affamato dallo stipendio base, ha necessità di fare straordinari ma può farne domanda solo se porta nuovi lavoratori alla multinazionale.

Alcuni operai sono costretti a pagare di tasca propria altre persone per poter avere accesso agli straordinari. Di conseguenza il livello di stress e frustrazione presso i lavoratori della Foxconn è altissimo e la depressione si insinua presto nella vita di questi moderni schiavi. Queste realtà lavorative, sempre più diffuse e ignorate, non possono lasciare indifferenti. Nessuno può infatti dirsi estraneo a tali dinamiche, né i produttori dei beni di consumo che sfruttano i lavoratori per un maggior ricavo, né coloro che tali beni li comprano, pur sapendo cosa si cela dietro la sua produzione.

 


Appendice 1

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ReutersOperai in catena di montaggio in una fabbrica di Foxconn.

ReutersOperai in catena di montaggio in una fabbrica di Foxconn.

ReutersUn operaia al telefono, su uno dei terrazzi degli appartamenti-dormitorio di Foxconn. Ben visibili le ringhiere anti-suicidio.

ReutersGiovani aspiranti operai in fila, davanti alla sede di Shenzen di Foxconn.

ReutersIl corridoio che dà sulle camere dei dormitori, a Longuha (Shenzen).

ReutersUna sala mensa della sede di Longhua, Shenzen.

ReutersUn padre e una madre, separati da un'inferriata discutono. La foto è stata scattata nella sede di Langfang.