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ITALIAUna seconda ondata come quella di marzo? «Non credo»

19.06.20 - 06:54
L'infettivologo Matteo Bassetti si mostra ottimista sull'andamento dell'epidemia: «Bisognerà convivere con il Covid»
Keystone (archivio)
Una seconda ondata come quella di marzo? «Non credo»
L'infettivologo Matteo Bassetti si mostra ottimista sull'andamento dell'epidemia: «Bisognerà convivere con il Covid»
I contagi degli ultimi giorni, ha detto l'esperto, sono attribuibili principalmente agli asintomatici e «preoccupano molto meno, anche se devono avere una giusta attenzione da parte del sistema di prevenzione».

GENOVA - L'ipotesi di una seconda ondata di contagi da coronavirus di dimensioni paragonabili a quella che ha colpito l'Italia (e più generalmente l'Europa) nella fase più acuta dell'emergenza è poco probabile secondo l'infettivologo Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell'Ospedale San Martino.

In un lungo commento pubblicato sulla propria pagina di Facebook, Bassetti parla di «buone notizie» sul fronte Covid, ribadendo quanto più volte espresso da tanti suoi colleghi: dovremo imparare a convivere con questo virus e «essere pronti ad affrontare nuovi casi nel prossimo autunno».

«Io credo che non ci sarà una seconda ondata simile a quella di marzo», ha detto l'infettivologo ricordando i numeri dei ricoveri, in ospedale e in terapia intensiva, che continuano a scendere. «I catastrofisti e i pessimisti, di cui l'Italia è stata ed è ancora piena, non saranno contenti di questi numeri. Io e molti miei colleghi, invece sì». I nuovi contagi degli ultimi giorni, attribuibili prevalentemente agli asintomatici, «preoccupano meno, molto meno, anche se devono avere ovviamente una giusta attenzione da parte del sistema di prevenzione».

E un commento Bassetti lo ha riservato infine anche all'affidabilità dei modelli matematici, recentemente "criticati" anche dal virologo Guido Silvestri per la loro inadeguatezza nel prevedere l'evoluzione dell'epidemia. «Per il futuro occorrerà valutare più attentamente e più criticamente la capacità di previsione dei vari modelli», afferma il direttore della Clinica Malattie Infettive del San Martino, e «ascoltare di più i medici sul campo». 

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