Un altro esempio di politica che influisce nello sport: il derby tra la Corea del Sud e quella del Nord
SEUL - Più che una partita «è stata come la guerra». Il vicepresidente della federazione calcistica sudcoreana Choi Young-il ha descritto così il match tra la nazionale di Seul e quella della Corea del Nord, che ha avuto luogo martedì a Pyongyang. L'incontro, valido per le qualificazioni alla Coppa del Mondo 2022, è finito 0-0 ma questo è forse il dato meno rilevante dell'intera vicenda.
L'incontro si è svolto nello stadio della capitale nordcoreana e il clima era decisamente surreale: spalti quasi completamente deserti, pochissimi e selezionati gli spettatori, tra i quali il presidente della Fifa Gianni Infantino, che si è detto «dispiaciuto» e «sorpreso» per questa situazione. «Ci attendevamo che 50mila persone entrassero una volta aperti i cancelli, ma non è venuto nessuno» ha aggiunto Choi. Sicuramente c'entrano i rapporti tuttora tesi tra le due Coree, che le trattative degli ultimi anni hanno un po' attenuato ma senza aver avvicinato le parti della Penisola coreana a uno stato di pace.
Nessuna telecamera dei media internazionali è stata ammessa nello stadio e le riprese sono state effettuate da operatori autorizzati, messe su dvd e consegnate al Sud per la diffusione. A quanto pare, però, la loro scarsa qualità ha reso impossibile mandare in onda anche una minima azione dell'incontro.
Al loro ritorno in patria i calciatori sudcoreani hanno descritto qualcosa di più che un semplice incontro: «C'era talmente tanta aggressività che penso che sia un grande risultato non essersi infortunati» ha dichiarato il capitano Son Heung-min. Il centravanti del Tottenham si è lamentato del gioco estremamente ruvido dei nordcoreani. Il referto ufficiale degli arbitri, secondo quanto comunicato dalla Fifa, parla di due cartellini gialli per parte.