La sostenibilità della pelle vegana è controversa.
Che siano scarpe, borse o giacche: da alcuni anni la pelle vegana sta vivendo un vero e proprio boom. Ma cosa si nasconde dietro questo concetto? E quanto è davvero sostenibile e positiva per gli animali la pelle vegana? Ecco tre domande e tre risposte.
Da cosa è composta la pelle vegana?
Fondamentalmente, possiamo distinguere tra due tipi di pelle vegana: quella di plastica come PU o PVC e quella prodotta con materiali naturali come funghi, foglie di ananas o bucce di mela. Anche se sempre più marche puntano sulla pelle vegana prodotta a base di piante, la pelle in plastica è ancora la più diffusa.
La pelle vegana è più sostenibile della pelle animale?
La pelle ha un impatto importante sull’ambiente a causa dell’allevamento degli animali e della conciatura delle pelli che spesso richiede l’impiego di sostanze chimiche velenose. Per chiarire: secondo l’organizzazione americana FAO, l’allevamento degli animali è responsabile di circa il 14,5 per cento delle emissioni globali di gas serra e ha effetti negativi anche sulla biodiversità. Alcuni studi stimano che fino a un terzo delle perdite nella biodiversità sono imputabili all’allevamento di animali da reddito da parte dell’uomo.
La pelle vegana può essere una soluzione? Un‘analisi della casa di moda francese Kering è giunta alla conclusione che la risposta è sì, ma in modo limitato. L’influsso ambientale della pelle vegana è di fino a un terzo inferiore rispetto a quello della pelle classica, anche quando è composta da plastica.
Tuttavia, occorre considerare che i prodotti di plastica danneggiano l’ambiente prima e dopo la fine della loro durata di vita. Secondo le stime ufficiali, ogni anno tra le 200 000 e le 500 000 tonnellate di microplastica proveniente dai vestiti finisce in mare. Molti designer sostenibili restano quindi scettici e ritengono che la pelle vegana in plastica sia meno sostenibile rispetto alla pelle animale poiché si decompone molto più lentamente.
Grazie alla pelle vegana muoiono meno animali?
La produzione di pelle e quella di carne vanno spesso a braccetto. Stabilire in modo preciso se sia il consumo di pelle o quello di carne a uccidere un numero maggiore di animali è complicato. Le associazioni vegane sottolineano che nell’industria della pelle i guadagni sono maggiori rispetto che in quella della carne e la vendita della pelle è quindi un incentivo maggiore verso l’allevamento. Secondo un gruppo commerciale di Washington, nel 2020 negli Stati Uniti sono però state gettate nell’immondizia cinque milioni di pelli animali. Questo corrisponde al 15 per cento di tutte le pelli disponibili e a un nuovo record di sovrapproduzione.
Anche il marchio di moda danese Saks Potts argomenta che la pelle è in realtà solo un sottoprodotto della produzione di carne: «i visoni danesi non generano alcun tipo di rifiuto. Il grasso è utilizzato come carburante per i bus danesi, le ossa fanno da mangime per altri animali e la maggior parte viene riutilizzata come concime per l’ecologica orticoltura danese.»