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LUGANOUn anno in Ticino come cameriere: «Peggio che in Italia»

16.01.18 - 08:12
Il settore della ristorazione è sotto pressione: l'allarme di Gastroticino. Un lavoratore giunto dalla Puglia racconta le sue disavventure
FOTOLIA
Un anno in Ticino come cameriere: «Peggio che in Italia»
Il settore della ristorazione è sotto pressione: l'allarme di Gastroticino. Un lavoratore giunto dalla Puglia racconta le sue disavventure

LUGANO - Quattro ristoranti in Ticino. Potrebbe intitolarsi così, come un famoso programma tv, l'avventura lavorativa di un cameriere italiano approdato dalla Puglia nel Luganese a inizio 2017. Il giovane, 30 anni, si è rivolto ai sindacati per raccontare le sue peripezie, specchio di un settore più che mai sotto pressione.

Settore sotto pressione - Ieri anche il presidente di Gastroticino si è sfogato su Facebook: «I ristoranti a Lugano stanno sostituendo le boutiques. Siamo troppi. E ahimè non sempre le aziende serie hanno la meglio sulle altre» ribadisce Massimo Suter a tio.ch/20minuti. 

La testimonianza - La prova? La storia raccontata dal cameriere italiano è una delle tante. «In un anno qui in Ticino ho lavorato presso quattro ristoranti: di questi, tre mi hanno fatto lavorare in nero, almeno per una parte del rapporto di lavoro» racconta. Solo un ristorante su quattro ha regolarizzato il 30enne con un contratto fin da subito, per un periodo di tre mesi.

Storie di camerieri - «Sono venuto in Ticino pensando fosse meglio dell'Italia. In realtà è peggio» afferma deluso il 30enne pugliese. «In un ristorante del Bellinzonese eravamo cinque camerieri senza contratto. Dopo un mese d'insistenze sono riuscito a farmi regolarizzare, unico fra tutti. Risultato: al primo pretesto mi hanno lasciato a casa».

Dalla padella alla brace - Ma le peripezie del nostro interlocutore non finiscono qui. «In un altro ristorante - spiega, facendo nomi e cognomi - ho lavorato quattordici giorni senza lo straccio di un contratto, in una sostituzione di ferie. Il titolare mi ha consegnato 1000 franchi in contanti al termine delle due settimane». E gli è pure andata bene. «In un terzo ho fatto due giorni di prova, in un esercizio centralissimo, sul lungolago di Lugano. Niente contratto, nemmeno un sms o una mail per confermare il rapporto di lavoro. Tutto si è basato su accordi verbali. E non sono stato nemmeno pagato».

Problema diffuso? - Alla fine il nostro interlocutore un impiego vero, con contratto regolare, sembra averlo trovato: dopo un anno di ricerca. Ma il lavoro nero resta un problema nella ristorazione: lo conferma l'Ufficio per la sorveglianza del mercato del lavoro. I controlli non mancano ma, sottolinea Stefano Rizzi del Dfe, a un maggior numero di casi segnalati «non corrisponde necessariamente un aumento reale del fenomeno». Anche Massimo Suter ammette che «non si possono escludere casi del genere. Purtroppo c'è chi risparmia sulla manodopera per far fronte a una pressione sempre maggiore sul settore. Non difendo nessuno – conclude il portavoce degli esercenti – ma occorre secondo me un intervento politico. Concedendo ad esempio meno autorizzazioni ad esercitare». 

Strumenti affinati - Il direttore della Divisone economia Stefano Rizzi, dal canto suo, non si perde d'animo. Dal 1 gennaio, sottolinea, sono entrate in vigore interessanti modifiche alla legge federale contro il lavoro nero. «Le diverse autorità interessate possono infatti meglio cooperare e i vari organi di controllo del mercato del lavoro possono sfruttare migliori sinergie». Tre i fronti su cui agisce il Cantone: «Da una parte dando seguito alle segnalazioni, in modo spontaneo secondo una propria strategia e congiuntamente con altri organi di controllo del mercato del lavoro». Alle segnalazioni, anche anonime, fanno seguito verifiche mirate. «È importante la collaborazione di tutta la cittadinanza - ribadisce Rizzi - la parola d’ordine è "segnalare”».

 

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