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SVIZZERAEsportava armi in Kazakistan, dipendente SECO nel mirino

19.07.17 - 18:58
Esportava armi in Kazakistan, dipendente SECO nel mirino

BERNA - Il caso di una esportazione illegale di armi verso il Kazakistan potrebbe estendersi ad un dipendente della Segreteria di Stato dell'economia (SECO): egli avrebbe dovuto sospettare dell'operazione.

La giustizia federale si occupa da anni del caso di un fabbricante di armi di Thun (BE) accusato di aver fornito false indicazioni alla SECO nella sua domanda d'esportazione per rifornire il Kazakistan facendo passare il materiale per la Nuova Zelanda.

In marzo il Tribunale penale federale (TPF) lo ha ritenuto colpevole di infrazione alla legge federale sul materiale bellico (LMB). Nell'ordinanza emessa in quell'occasione, il giudice del tribunale con sede a Bellinzona ha chiesto di esaminare la situazione di un dipendente della SECO che potrebbe essere accusato di complicità.

L'inchiesta era cominciata su segnalazione dell'ufficio investigativo doganale di Stoccarda, il quale aveva aperto un'indagine nei confronti di una società tedesca che vendeva armi e munizioni alle autorità kazake.

Su indicazione delle autorità tedesche, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) nel febbraio del 2014 aveva aperto un procedimento nei confronti del produttore di armi, accusandolo di aver fornito false indicazioni alla SECO nella sua domanda d'esportazione di armi. Nella lista figuravano sei fucili di precisione, 18 lanciagranate, 1020 bombe lacrimogene e 2020 petardi fumogeni.

Le armi erano destinate all'"Arystan", una unità antiterrorismo del Kazakistan. Vista la situazione nel 2008 la SECO non aveva concesso all'impresa bernese le necessarie autorizzazioni. Un anno dopo l'imprenditore aveva richiesto, e ottenuto, una nuova autorizzazione per la vendita a una società con sede in Nuova Zelanda, che assicurava di non esportarle senza il permesso delle autorità del suo Paese. Secondo la procura federale, le armi sono però comunque arrivate dalla Nuova Zelanda al Kazakistan, grazie ad un certificato di esportazione manipolato, firmato dal produttore svizzero.

Nell'ordinanza scritta pubblicata ieri, il TPF critica il ruolo della SECO, che avrebbe trascurato i doveri di controllo. La richiesta per l'export in Nuova Zelanda era infatti identica a quella di un anno prima per il Kazakistan. Secondo le valutazioni del tribunale con sede a Bellinzona un esame più preciso della domanda sarebbe quindi stato opportuno. Ciò non è però documentato da parte della Segreteria.

Secondo l'ordinanza del TPF, il dipendente della SECO che ha esaminato la richiesta aveva sufficienti indizi per ritenere che le armi verso la Nuova Zelanda erano previste per un'ulteriore esportazione. E - sottolinea l'ordinanza - anche in altri casi il funzionario si è comportato allo stesso modo, concedendo l'autorizzazione quando era evidente la probabilità di riesportazione del materiale.

Gli viene quindi rimproverato di aver contribuito all'esportazione di armi verso Paesi sottoposti ad embargo. Secondo il giudice unico del TPF sarebbe il caso di esaminare se egli non si sia reso complice di violazione della LMB. In questo senso l'autorità di sorveglianza della SECO dovrebbe stabilire se sia il caso di ricorrere a misure disciplinari.

Quest'ultima ha detto all'ats di aver esaminato la questione. Alla metà di aprile ha avviato un'indagine disciplinare che si è conclusa la settimana scorsa senza aver rilevato alcuna infrazione al diritto del lavoro da parte del dipendente. Egli ha telefonato al produttore bernese di armi per avere ulteriori informazioni sulla finalità dell'esportazione verso la Nuova Zelanda. La risposta è stata che erano destinante a test per corpi di polizia e truppe di élite.

Secondo la Segreteria la procedura di controllo è quindi stata conforme alle regole. Tutte le richieste di esportazione del fabbricante bernese sono ora di competenza di un capo unità della Segreteria. E il dipendente il cui operato è stato messo in dubbio non ne tratta più alcuna di questa azienda.

La SECO ha anche detto di aver successivamente migliorato i controlli. Le procedure di autorizzazione all'esportazione, prima solo su carta, sono ora completamente elettroniche, ciò che ha contribuito ad una migliore trasparenza degli esami. E, come minimo, vige il principio del doppio controllo. "A seconda dell'importanza dell'affare nel processo decisionale sono implicati vari livelli di gerarchia".

La procura federale ha detto all'ats di non aver ancora ricevuto gli atti del processo, poiché la sentenza non è ancora definitiva: "al Tribunale Federale è pendente un ricorso". Il MPC per il momento non può quindi esprimersi su un'eventuale inchiesta penale nei confronti del dipendente della SECO.

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