La Svizzera si è qualificata a Russia 2018, la SSR detiene i diritti, ma di mezzo c’è un’iniziativa popolare che potrebbe eliminare la tv pubblica
LUGANO - È stato il piede di Ricardo Rodriguez, che ha fermato sulla linea un gol già fatto dall’Irlanda del Nord, a staccare il biglietto per il Campionato mondiale di calcio 2018 che si terrà in Russia. Ma su che canale vedremo le partite? Sono anni che la SSR si è aggiudicata i diritti per la competizione (così come per Qatar 2022) ma, prima del fischio d’inizio del 14 giugno, c’è un’altra data a pesare come un macigno sulla programmazione televisiva: il 4 marzo si voterà l’iniziativa No Billag. In caso di successo potremo vedere i mondiali di Russia?
La SSR chiude - È tutto fuorché chiaro, anche perché favorevoli e contrari non la pensano allo stesso modo riguardo al futuro. Gli oppositori ritengono che un sì vorrebbe dire chiusura della SSR. In questo scenario tutto dipenderebbe dai tempi che richiederà la liquidazione. Le trasmissioni verranno interrotte al più presto? Si attenderà uno o due anni? Difficile che si possa chiudere un’azienda di tali dimensioni dall’oggi al domani. Quindi vi sono due scenari: la SSR trasmetterà i mondiali in chiaro per uscire di scena a testa alta oppure venderà in fretta e furia i diritti (a UPC o Teleclub) per monetizzare e garantire qualche mese di stipendio in più ai propri collaboratori.
La SSR privatizza - I fautori di No Billag, invece, ritengono che la SSR potrà continuare a esistere, trovando alternative di finanziamento. Quali? Finanziandosi tramite pubblicità oppure trasformandosi in una pay tv. Russia 2018, quindi, potrebbe essere proprio il primo grande evento in cui la SSR giocherebbe come emittente privata. Chissà mai che, dopo aver silurato la Billag, non ci troveremo a pagare la fattura per guardare la Svizzera giocare. Quanto incasserebbe? Difficile a dirsi: per Brasile 2014 i canali SSR avevano raggiunto circa 2 milioni di persone. Facendo pagare a ciascuno 50 franchi per tutta la competizione entrerebbero in cassa circa 100 milioni di franchi, il 6% del budget annuale.
Italia - Cosa succede vicino a noi? Per lingua e vicinanza il paese più interessante è l’Italia. I diritti tv non sono ancora stati assegnati, ma se finirà come nel 2014, la Rai trasmetterà in chiaro 25 partite, mentre Sky a pagamento le proietterà tutte e 64. Il prezzo? Al netto delle varie promozioni, il pacchetto sport costa 29,90 euro al mese (quasi 35 franchi). Ma, più che il prezzo, il vero problema di Sky risiede nel contratto: non è possibile sottoscrivere un abbonamento che duri meno di 12 mesi. Ma i vicini italiani quanto pagano di canone televisivo? 100 euro.
Germania - Se ve la cavate con il tedesco, la soluzione è da cercare a nord. In Germania, così come in Austria, è la televisione pubblica a trasmettere le partite del mondiale. Le emittenti se lo possono permettere grazie agli introiti pubblicitari, ma anche al canone che frutta 215 euro a persona in Germania e circa 280 in Austria (varia a dipendenza delle regioni).
Regno Unito - Anche nel regno di Elisabetta le partite dei mondiali sono in chiaro. C’è però una differenza. La BBC e la privata ITV, per evitare una dannosa asta al rialzo, hanno acquistato insieme i diritti televisivi e si dividono le trasmissioni. La finale, invece, passa su entrambi i canali, con la tv pubblica che stravince sempre il derby dello share. Nel Regno unito il canone televisivo è di circa 215 franchi.
Francia - Torniamo a occuparci dei vicini. In Francia vige un sistema simile a quello italiano: 28 partite vengono trasmesse in chiaro su TF1, mentre le altre 36 sono in esclusiva su BeIN Sports (che un tempo apparteneva a Al Jazeera). Qui il costo è di 15 euro al mese. A differenza di Sky, però, non è necessario sottoscrivere un contratto di lunga durata.
Olanda - Non si paga il canone e tutte le 64 partite dei mondiali sono in chiaro. Il paradiso? No, l'Olanda. La tassa di ricezione è stata abolita nel 2000. La tv pubblica continua comunque a essere sovvenzionata dalle imposte ordinarie. Anzi, proprio per questo motivo esiste un limite alla pubblicità: non può superare una piccola percentuale del budget dell'emittente. Inoltre gli spot non possono interrompere le trasmissioni in corso.