Un nazionalista di Ginevra si è visto rifiutare un conto corrente da PostFinance. Molti istituti sembrano essere più cauti con alcuni clienti
GINEVRA - Luc* assicura di aver cessato l'attività militante identitaria da tre anni. Eppure il suo passato è riemerso all'inizio di settembre. PostFinance ha negato al ginevrino l'apertura di un conto privato. In una lettera sono state spiegate le ragioni della scelta, dovute alla "politica commerciale" della società. Ma un consulente del gigante giallo ha spiegato all'uomo, per telefono, che il problema esiste a causa del suo passato coinvolgimento nelle fazioni di estrema destra "Genève Non Conforme" e "Egalité et Réconciliation Suisse".
Contattata, PostFinance non si sbottona: «A causa del segreto bancario, non possiamo esprimerci su specifiche relazioni con i clienti». L'avvocato ginevrino Pascal Junod, che ha difeso più di una volta i sostenitori di estrema destra, però, spiega di essersi già trovato «di fronte a situazioni simili, soprattutto con La Posta e UBS». Secondo l'avvocato, «una banca non potrà mai dire formalmente il vero motivo del rifiuto. Bisogna leggere tra le righe. Non significa nulla "politica commerciale"».
Reputazione in gioco - Lo specialista in diritto bancario, Carlo Lombardini, spiega come l'accettare certi clienti possa mettere a rischio la reputazione degli stessi istituti. «Le banche non vogliono rischiare di vedere il loro nome sui giornali collegato con qualcosa di negativo», spiega l'avvocato e professore presso l'Università di Losanna. «Questa è una tendenza che andrà sempre più consolidandosi perché è in crescita l'attenzione all'immagine». E nel mirino sembrano esserci anche i gruppi di estrema sinistra come anche le persone che esprimono idee omofobiche, i membri di alcuni culti o sette e le persone che hanno avuto problemi con la legge.
Il rifiuto di aprire un conto è difficile da attaccare, spiegano i due avvocati. «E' del tutto legale in quanto un privato ha il diritto di rifiutare la stipula di un contratto», spiega Lombardini. Secondo lui, però, non è lo stesso con le banche cantonali, che forniscono servizi pubblici e che possono servire come ripiego in caso di ripetuti rifiuti da istituzioni private. «Il caso di PostFinance pone un problema in tal senso e merita considerazione perché i cittadini finanziano La Posta con le loro imposte», sottolinea Pascal Junod.
Il Gigante giallo precisa tuttavia di non ricevere né tasse, né sovvenzioni, ad eccezione che per AutoPostale. «Al contrario - spiegano -, essendo la Posta una società anonima di diritto pubblico, paga le tasse e distribuisce dividendi annuali al proprietario, la Confederazione».
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