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L'OSPITESì alla promozione della famiglia, dell’economia e della scuola

27.06.14 - 08:40
di Gianluca D’Ettorre
Foto Ti Press
Sì alla promozione della famiglia, dell’economia e della scuola
di Gianluca D’Ettorre

Ci si potrebbe limitare ad affermare che prevedendo classi di scuola dell’infanzia e di scuola elementare con al massimo 20 allievi, l’aumento degli ispettorati scolastici, il ricorso a docenti di appoggio e di integrazione linguistica e altre misure analoghe, l’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali” favorisce concretamente lo sviluppo delle potenzialità degli allievi. O si potrebbe aggiungere che gli studi di Blatchford (2003) e di Piketty (2004) evidenziano come la riduzione del numero di allievi per classe comporti un maggiore rendimento scolastico e un’attenuazione delle differenze determinate da fattori sociali. Ma non faremmo che parlare della punta dell’iceberg. Si dimenticherebbe per l’ennesima volta il saldo negativo della nostra demografia, debitrice, non a caso, dell’immigrazione, si censurerebbero le difficoltà in cui versano le nostre famiglie, problemi finalmente parzialmente rilevati dal DSS. Trascureremmo inoltre le esigenze di un’economia orientata al lavoro flessibile e al personale qualificato, ostacoleremmo l’ambizione espressa dalle nostre istituzioni di fondarsi su un diffuso senso civico, sottovaluteremmo il desiderio di pace e di crescita della società, ma soprattutto tradiremmo le aspettative dei nostri figli e dei nostri allievi se votassimo no all’iniziativa per le scuole comunali.

Infatti l’attuazione dell’iniziativa con la disponibilità di asili a partire dai 3 anni, di refezioni scolastiche e di corsi doposcuola generalizzati, sostiene concretamente i sempre più numerosi genitori impegnati nel mondo del lavoro (il 46% delle coppie con figli vede lavorare entrambi i genitori), indipendentemente dal reddito percepito. Inoltre l’eliminazione delle rilevanti disparità regionali determinate dalla presenza di tali servizi, rende attrattive anche quelle località che attualmente offrono minori strutture per i bambini, con relativo fenomeno di spopolamento.

 

Il costo, dopo 5 anni di progressiva implementazione (+ 0,09 % circa all’anno), ammonterà a circa 16 mio. di franchi per il Cantone (+ 0,47 % circa del budget annuale), mentre per i Comuni dovrebbe crescere dello 0,2 % circa all’anno per raggiungere i 17 mio. circa dopo 5 anni (+ 1% circa del budget annuale). Con una crescita della spesa sostenibile e giustificata, il Ticino passerebbe dal 23,2% dei fondi pubblici (di Cantone e Comuni) destinati alla formazione, al 23,5%, restando comunque al di sotto del 26,8% della media intercantonale svizzera (nel 2007 era al 24° posto).

 

Per anni la scuola dell’obbligo è stata ripetutamente piegata a logiche e a interessi a lei più o meno estranei, per sostenere economicamente le regioni di montagna o per rispolverare l’inno patrio o per disinnescare e prevenire eventuali disagi e costi sociali, proprio in quanto ganglio vitale della nostra comunità. Il tutto in un perenne contesto di tagli e di risparmi nocivi. È finalmente arrivato il momento di ridare alla scuola ciò che è della scuola, di permetterle di adempiere al suo mandato. A maggior ragione quando ciò che si prospetta non è finalizzato a interessi esterni dettati dalla moda del momento, ma mira dritto al cuore del rapporto tra genitori e scuola, tra economia e famiglia, tra istituzioni e società. E se qualcuno temesse che gli insegnanti così lavorerebbero di meno, non si preoccupi, perché se è vero che le condizioni di lavoro per allievi e docenti migliorerebbero, è altrettanto vero che organizzare un insegnamento più personalizzato e differenziato non comporta un minor onere per il docente, ma una maggiore efficacia del suo intervento.

 

 

Gianluca D’Ettorre, presidente OCST-Docenti

 

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