Cerca e trova immobili
Una seconda serata scoppiettante a POESTATE

LUGANOUna seconda serata scoppiettante a POESTATE

02.06.17 - 22:05
Dal teatro alla grande canzone, dalla musica balcanica alle poesie, ovviamente. Sabato il terzo e ultimo appuntamento
tio.ch/20minuti
Una seconda serata scoppiettante a POESTATE
Dal teatro alla grande canzone, dalla musica balcanica alle poesie, ovviamente. Sabato il terzo e ultimo appuntamento

LUGANO - Serata estremamente variegata, la seconda delle tre dell’edizione 2017 di POESTATE. Difficile trovare un “fil rouge” tra le performance artistiche, i monologhi, la musica balcanica e, ovviamente, i viaggi negli universi poetici dei vari autori.

Si è cominciato con Pietro De Marchi, che ha dialogato con Stefano Vassere e ha illustrato temi e motivi principalmente de “La carta delle arance”. L’autore ha letto brani di questo che è il suo ultimo libro, che gli è valso il premio Gottfried Keller, e opere della produzione precedente. Liriche che traggono ispirazione dal passato, per esempio, ma con temi attuali o addirittura senza tempo. De Marchi compie incursioni nel mondo dello sport - “Il tuo forte erano le uscite alte ai pali” scrive, parlando di un portiere di calcio - e parla, ovviamente, di quella “carta velina variopinta delle arance” che dà il titolo, e chiude la raccolta.

Quindi Sergio Roic, presentato da Aurelio Sargenti. Lo scrittore luganese è un ospite ricorrente di POESTATE, e nell’incontro odierno ci si è soffermati principalmente sull’ultimo romanzo, “Vorrei che tu fossi qui”. «Una prosa molto ben ritmata» rileva Sargenti, «quelli di Roic non sono libri balneari ma nemmeno da viaggi ferroviari, sono libri per lettori che non temono la sfida di tornare a confrontarsi con la filosofia, che non temono la riflessione e l'approfondimento». Il suo lavoro più recente utilizza più piani narrativi: «è un libro un po’ a incastro» conferma l’autore; parla, tra le altre cose, del linguaggio e della memoria collettiva, e del protagonista che, 35mila anni fa, suona su un flauto d’osso “Wish You Were Here” dei Pink Floyd.

Ha fatto un lungo viaggio, Meta Kusar, per incontrare il pubblico di POESTATE. La poetessa slovena è stata presentata da Pia Todorovic, e la lettura dei suoi brani - affidata ad Anna Maria Marcacci - è stata accompagnata dalle note della fisarmonica di Margrit Schenker. «La poesia svela i segreti» ha dichiarato Kusar. Una poesia ricca e densa, la sua, che non ha perso forza con la traduzione italiana. Liriche vitali e a volte perfino brutali, di grande pregio e che il pubblico ha seguito con estrema attenzione. “Quando ti spezzi, io accendo / quando ti spezzano, io accendo”. Kusar ha concluso l’incontro con la lettura in sloveno di alcune liriche, accolte con un convinto applauso.

Davide Monopoli è un vecchio amico di POESTATE, e ha parlato di due libri legati da una coincidenza: un piccolo pamphlet, “Dell’eterosofia”, e la raccolta poetica “Pluralia”, che hanno visto la luce, per quei casi fortuiti della vita, a poche settimane di distanza.

Ma quali sono i “tempi cannibalici” che Monopoli cita? Quelli di omologazione che viviamo, che non vietano di andare in cerca di «una forza di saggezza altra». “Pluralia”, invece, è la versione poetica di un “vino da meditazione”, ritiene Monopoli. «Va preso a piccole dosi e nel momento giusto». Da una parte, quindi, la filosofia e il continuo confronto con il pensiero degli altri autori, specialmente con chi la pensa diversamente. «Poesia e filosofia mettono costantemente in discussione le questioni profonde, che girano intorno a un punto saldo: la nostra vita», e offrono «nuove vie di esistenza». Al coltissimo Monopoli è stato consegnato il primo premio POESTATE di questa sera.

Il secondo premio POESTATE è andato invece ad Andrea Scanzi. Il giornalista e narratore italiano, che non ha bisogno di essere qui presentato, nell’evento forse più atteso dell’edizione 2017 ha analizzato le analogie e le differenze di tre giganti della musica italiana: Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber e Ivan Graziani. Un monologo inedito e in esclusiva per POESTATE (sarà ripetuto? chissà. Speriamo di sì). Scanzi è partito con le divergenze: la maniera di elaborare il loro ricordo: la profonda celebrazione di Faber, il Gaber non citato bene e Ivan «non ricordato abbastanza». «Quando se ne va, De Andrè piace a tutti. Viene santificato. Ma non era così» ricorda. Gaber citatissimo e ricordato soprattutto nel periodo delle «canzonette» d’inizio carriera. «Ma quello non è il vero Gaber». Infine Graziani, esponente di quella “scuola teramana”... che non c’è. Un battitore libero, non per questo meno importante degli altri due, ma la cosa ha avuto un peso nella considerazione futura.

Poi il rapporto diverso con i live (odiati da Faber e amati dagli altri due). Gaber e Graziani vivevano sul palcoscenico, De Andrè iniziò a sopportarlo negli ultimi anni. Graziani, secondo Scanzi, pagò pure la “non politicizzazione” che non lo rendeva etichettabile. Altro motivo di dissonanza: «Il Gaber più importante è quello meno famoso», quello che non andava mai in tv e che parlava di temi scomodi (“Io se fossi Dio”). I temi toccati da Graziani e De Andrè sono invece universali, e il loro pubblico è trasversale. I tre, poi, sono “profetici”, ma Graziani non aveva interesse ad esserlo e lo era prettamente a livello musicale. Gaber e Faber, invece, lo erano con i loro testi. De Andrè anticipa temi come Tangentopoli, il fenomeno migratorio e il ritorno dei nuovi populismi e nazionalismi in un brano come “La domenica delle salme”. «Anche Gaber sembra scritto oggi: rileggete “Quando moda è moda”». «Perché non invecchiano? Perché avevano già capito tutto».

Le affinità, però, sono di più: la prima è il genio. «Tre espressioni monumentali di talento, applicate alla musica». Lla nascita, l’essere coetanei «ed elaborare risposte diverse nello stesso tempo in cui si vive». Poi la scomparsa anticipata per tutti e tre, a gennaio. L’importanza data alla componente musicale. Il rapporto con i «mercanti della discografia». L’essere pionieri, inventori o sovvertitori del loro genere di musica. La catalogazione subita nelle interviste. L’essere unici, «e loro lo erano veramente, specialmente nella difficoltà che si ha nel ricantarli. L’unico modo per farli bene, è farli uguali».

Scanzi ha parlato anche di Lugano, cantata da tutti e tre. “Lugano addio” di Graziani, una celebre versione Rai di “Addio Lugano bella” cantata da Gaber con Jannacci e Toffolo. Infine le “Genti di Lugano facce da tagliaborse” di De Andrè (“Creuza de Ma”).

Un’ora densa di passione, quella portata sul palco a Palazzo Civico. Scanzi ha saputo coinvolgere il pubblico (purtroppo meno numeroso di quello che sarebbe stato auspicabile) andando a braccio, seguendo solo un esile canovaccio, con parole sgorgate dal profondo.

Quindi Gino Agostini, che ha presentato le sue raccolte letterarie - tra poesie e piccole prose - ricche di ironia e giochi di parole, dall’elaborazione dell’infanzia e riflessioni di chi, da bambino, è diventato uomo tramite anche un vissuto non facile. «Non ho voluto ripetermi» afferma Agostini per parlare del secondo libro, una raccolta prettamente poetica, che offre una quantità di punti di riflessione tra fede, etica e visione della realtà. Il sunto del suo pensiero è raccolto in questa riflessione: «Molti vivono, sognando di svegliarsi. Io preferisco vivere da sveglio».

Quindi la consueta performance della famiglia Buccella-De Chirico, che si ripete ogni anno a POESTATE pur essendo sempre differente. Lorenzo, Gudrun e il piccolo Ruben con “24 volte al secondo”. Difficile da descrivere a parole, che ha incuriosito fortemente il pubblico. Consigliamo la visione del video.

Goran Stojadinovic e Ivan Antunovic, ultimo evento della serata, sono stati accolti con una vera ovazione. Per il pubblico hanno preparato «un piccolo giro per i Balcani» tra musica e poesia, con la traduzione in italiano di brani folkloristici. Non la classica musica balcanica, un lavoro di ricerca più profondo, affascinante e coinvolgendo. Stojadinovic ha letto il testo tradotto e poi, con Antunovic alla chitarra, ha interpretato la canzone con l’affascinante suono della sua fisarmonica. Il pubblico ha apprezzato, e molto.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE